Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.24150 del 08/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15136/2013 R.G. proposto da:

GIANNOTTI IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso anche disgiuntamente dall’Avv. Christian Califano e dall’Avv. Giuseppe Pugi, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Laura Rosa in Roma via F. Denza n. 20;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, n. 128/13/2012 depositata il 13 dicembre 2012, non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 30 settembre 2020 dal consigliere Pierpaolo Gori.

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana veniva accolto l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate e per l’effetto disatteso l’appello incidentale condizionato della società Giannotti Immobiliare S.r.l.. Veniva così riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo n. 119/05/2011 che, a sua volta, aveva accolto il ricorso della contribuente, società esercente l’attività di affittacamere, case per vacanze e bed & breakfast, avente ad oggetto un avviso di accertamento IVA, IRPEG e IRAP per l’anno di imposta 2006.

– La CTR non condivideva le conclusioni del giudice di primo grado e riteneva legittime le riprese con cui veniva recuperato ad imposta reddito di impresa non dichiarato sulla base di controlli bancari operati sui conti correnti intestati alla società contribuente e ai due soci, D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 32, e D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 51.

Avverso la decisione propone ricorso la contribuente per tre motivi, che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso principale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – La contribuente deduce l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quanto alla statuizione contenuta a pag. 2 della sentenza impugnata “…per l’anno 2006 l’Ufficio…erroneamente confonde la data di inizio attività con la data del 26/7/05, che risulta essere la data di costituzione societaria e di iscrizione nel registro delle imprese”.

– Il motivo è inammissibile. Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha riformato il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, dunque, dall’11 settembre 2012. La novella trova dunque applicazione nella fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 13 dicembre 2012 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale deve essere dedotto censurando l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e non più l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come precedentemente previsto dal “vecchio” n. 5, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso il quale non ha tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).

– Con il secondo e terzo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la contribuente censura la violazione dell’art. 112 c.p.c., degli artt. 3 e 24 Cost., per avere la CTR violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato omettendo di decidere su due specifici motivi di censura avanzati in primo grado e riproposti in sede di controdeduzioni d’appello/appello incidentale, circa la contraddittorietà della motivazione dell’avviso di accertamento e circa l’erronea aliquota IVA applicata in ragione dell’attività esercitata.

– Il terzo motivo è fondato, mentre il secondo non può essere accolto. Il Collegio osserva che la CTR non si è pronunciata sulle due doglianze predette, e che la contribuente ha documentato per autosufficienza di aver proposto le questioni in primo grado e di averle riproposte avanti al giudice d’appello, il quale peraltro ne ha dato anche conto nello svolgimento del fatto processuale. Inoltre, per la contribuente era sufficiente la mera riproposizione nelle controdeduzioni d’appello dal momento che era vincitrice integrale in primo grado, senza necessità di dedurle in appello incidentale.

– Si rammenta nondimeno che “Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte.” (Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 – 01). Dal momento che quella di nullità dell’avviso per contraddittorietà della motivazione dello stesso è una doglianza preliminare alla disamina del merito, il fatto che la CTR si sia pronunciata sul merito in senso favorevole all’Agenzia appellante comporta l’implicito rigetto dell’eccezione preliminare sollevata dal contribuente appellato.

Discorso diverso va fatto per il capo di appello incidentale in cui la contribuente ha investito la CTR della domanda di rideterminare l’aliquota IVA in misura a sé favorevole (10% in luogo del 20%) in ragione dell’attività aziendale svolta nel periodo di imposta. La questione attiene certamente il merito della ripresa IVA e non è preliminare alla stessa e, conseguentemente, nei confronti del capo di domanda oggetto del terzo motivo il vizio della mancata pronuncia integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c.. Questo infatti ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per tale ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene della vita alla parte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7653 del 16/05/2012).

In conclusione, accolto il terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo e infondato il secondo, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo e infondato il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Toscana, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021

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