LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23622-2019 proposto da:
B.B., (o B.), elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv.to MICHELE CIPRIANI, presso il cui indirizzo PEC intende ricevere le comunicazioni;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
nonché contro COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 850/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/04/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 1 4 2019, respingeva il ricorso proposto da B.B. (o B.) cittadino del *****, avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Firenze aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).
2. Il richiedente aveva dichiarato di essere fuggito dal ***** per paura della minaccia di violenza di alcune persone danneggiate da un incendio da lui cagionato a causa del forte vento, incendio che aveva colpito molte proprietà e danneggiato molti beni.
Secondo la Corte d’Appello non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, mancando la prova di una concreta e seria minaccia in caso di rientro in patria del ricorrente e, dunque, dovendosi escludere il concreto pericolo di tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante. Inoltre, a prescindere dalla situazione sociopolitica della zona di provenienza del ricorrente, questi non era fuggito dal paese per il timore di rimanere vittima di violenza indiscriminata.
Quanto alla protezione umanitaria la protezione presupponeva un’integrazione che nella specie mancava in quanto il ricorrente aveva dimostrato di avere acquisito una regolare attività lavorativa solo dopo la proposizione dell’atto di appello. Peraltro il Tribunale di Firenze ha condannato il ricorrente alla pena di anni 10 di reclusione da Euro 2000 di multa per cessione di sostanze stupefacenti il tribunale ne ha ordinato l’espulsione a pena espiata.
3. B.B. (o B.) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
4. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale discussione.
5. Il ricorrente in prossimità dell’udienza ha presentato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso, depositando documentazione ammissibile solo per la parte relativa alla notifica del ricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2, comma 1, lett. f) e g) e art. 8; D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 14 e 17. Omesso insufficiente esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
A parere del ricorrente la Corte d’Appello avrebbe sottovalutato il pericolo in caso di rientro in patria di essere sottoposto alla giustizia ***** per l’incendio colposo. La situazione delle carceri in ***** sarebbe drammatica come risulta da alcune fonti internazionali e dunque l’esclusione della protezione sussidiaria sarebbe stato erroneamente affermata. Peraltro, sussisterebbe pure la minaccia derivante dalla violenza discriminata in conflitto armato in quanto la corte d’appello non ha sufficientemente considerato la situazione generale esistente nel ***** in particolare quella che caratterizza la regione della ***** in violazione del dovere di cooperazione istruttoria. Peraltro la situazione sarebbe gravemente compromessa come confermato dalle informazioni dell’alto commissariato di Amnesty International e di altre organizzazioni non governative.
1.1 Il Primo motivo di ricorso è fondato e il suo accoglimento determina l’assorbimento del secondo.
la protezione sussidiaria, disciplinata dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), ha come presupposto la presenza, nel Paese di origine, di una minaccia grave e individuale alla persona, derivante da violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato, il cui accertamento, condotto d’ufficio dal giudice in adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria, deve precedere, e non seguire, qualsiasi valutazione sulla credibilità del richiedente, salvo che il giudizio di non credibilità non riguardi le affermazioni circa lo Stato di provenienza le quali, ove risultassero false, renderebbero inutile tale accertamento” (Sez. 1, Ord. n. 14283 del 2019).
Inoltre costituisce indirizzo consolidato quello secondo il quale: “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni sociopolitiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (Sez. 1, Ord. n. 13897 del 2019).
Il giudice deve adempiere all’obbligo di cooperazione istruttoria officiosa allo scopo di escludere l’esistenza nel paese di origine del richiedente di una condizione di tensione interna derivante da conflitti armati di tale virulenza da esporre ad un danno grave la vita di chiunque per il solo fatto della presenza in quel luogo mediante fonti di conoscenza sul paese d’origine del richiedente figuranti tra quelle che, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, possono essere prese in considerazione dalla Commissione Nazionale sul diritto di asilo allo scopo di elaborare le informazioni da mettere a disposizione delle Commissioni territoriali e dell’Autorità giudiziaria.
Nel caso di specie la Corte d’Appello di Firenze ha ritenuto che si potesse prescindere dalla corretta valutazione sull’attuale situazione sociopolitica della ***** in quanto il ricorrente non era fuggito dal paese per il timore di rimanere vittima di violenza indiscriminata ma solo per problemi familiari.
In tal modo la Corte d’Appello ha omesso di compiere il necessario accertamento della situazione del paese di provenienza ai fini della possibilità di riconoscere o meno la protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c).
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, art. 8 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19 omesso insufficiente esame di fatti decisivi il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione al diniego dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria.
Mancherebbe la valutazione comparativa ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria e inoltre la corte d’appello avrebbe travisato le circostanze di fatto lo circa la vulnerabilità del ricorrente oltre al suo elevato livello di integrazione sociale lavorativo in Italia. In definitiva il ricorrente avrebbe dimostrato di aver intrapreso un percorso sua permanenza in Italia un fattivo intenso percorso di integrazione sociale e lavorativa come da documentazione in atti di e se tornasse nel suo paese incontrerebbe non solo difficoltà di un nuovo radicamento territoriale ma si troverebbe una condizione di estrema vulnerabilità.
2.1 II secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.
3. Il Giudice del rinvio deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione secondA civile, il 1 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021