LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29806-2019 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in Cassano delle Murge, via Colamonico, 42, presso l’avv. FRANCESCA GIAMPETRUZZI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO 8, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 3 09/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
RITENUTO
CHE:
1.- M.A. è cittadino del *****. Ha raccontato di essere andato via dal suo paese, dopo che un cliente – egli lavorava come saldatore – gli aveva proposto un rapporto omosessuale che lui aveva rifiutato, e per il timore che il respinto lo accusasse ingiustamente di avere quella inclinazione sessuale, che in ***** è penalmente repressa. Fuggito dal suo paese, ha vissuto per circa tre anni in Libia, dove ha intrattenuto una relazione omosessuale anche lì, scoperta dal suo datore di lavoro.
2.-Impugna un decreto del Tribunale di Bari che ha rigettato la richiesta di protezione internazionale e quella di protezione umanitaria.
3.-Il ricorso è basato su cinque motivi, non contraddetti dal Ministero, che si è costituito tardivamente, ma senza notificare controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
4.- Con il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3.
La censura investe il capo di sentenza che ha ritenuto inverosimile il racconto, per la sua genericità ed imprecisione.
Secondo il ricorrente a lui competeva un onere probatorio attenuato, che è stato in realtà, adempiuto avendo egli compiuto ogni sforzo, in considerazione della difficoltà linguistica e del pudore di narrare fatti così intimi, non essendo, per contro suo onere, quello di fornire prova, documentale o d’altro genere, del suo racconto.
Il motivo è inammissibile.
Non coglie la ratio della decisione impugnata, che non basa affatto il suo giudizio di inverosimiglianza sulla mancanza di riscontri, o meglio, di prove a supporto del racconto; piuttosto ritiene che il ricorrente non ha compiuto ogni ragionevole sforzo per fornire una versione circostanziata e credibile, e mette in luce le contraddizioni in cui sarebbe caduto: dicendo dapprima di non essere omosessuale, ossia di temere di passare ingiustamente per tale, in *****, ed in seguito di avere invece avuto rapporti omosessuali in Libia. Di questa ratio non c’e’ censura se non nella apodittica affermazione di avere rispettato invece l’onere probatorio. Si ribadisce che la valutazione che il giudice di merito deve compiere della verosimiglianza del racconto procedimentalizzata, ossia basata sui criteri di cui alla L. n. 251 del 2007, art. 3 e che, oltre che per violazione di tali criteri, qui però non censurata, può essere denunciata solo per difetto assoluto di motivazione.
5.-Secondo e terzo motivo possono valutarsi insieme in quanto attengono entrambi alle conseguenze della dichiarata omosessualità del ricorrente, valutate sotto altro profilo. Infatti, il secondo motivo denuncia pur sempre violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3 mentre il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14.
La questione è la seguente.
Il ricorrente ritiene che la corte ha ipotizzato che il suo racconto sia vero, ed ha escluso protezione anche nel caso in cui, per l’appunto, lo si ritenesse tale. In sostanza, il Tribunale ha ritenuto che ove anche fosse veritiero il racconto mancherebbe la prova di una qualche persecuzione del ricorrente, necessaria a riconoscere lo status di rifugiato, nel senso che il ricorrente non ha allegato alcunché, a parte la generica minaccia di essere indicato come omosessuale, a dimostrazione di un atto persecutorio vero e proprio a cagione di tale sua inclinazione sessuale.
Secondo il ricorrente la corte non ha tenuto conto del fatto che la persecuzione emergeva dagli atti, ossia dalla circostanza, pacifica, che in ***** le pratiche omosessuali sono considerate reato, e che tale forma di persecuzione è di certo rilevante.
I motivi sono inammissibili.
Infatti, la ratio impugnata non è decisiva nella struttura della motivazione: il Tribunale ritiene in primis non credibile il ricorrente e solo, “per mera ipotesi” tiene in conto l’eventualità che lo sia; ma la decisione è chiaramente dedotta dalla premessa che il racconto non è verosimile.
6.-Il quarto motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) con due censure: la prima è relativa alla genericità delle fonti indicate dal Tribunale per escludere che in ***** vi sia un conflitto armato generalizzato, ostativo al rimpatrio; la seconda è nella omessa valutazione del periodo trascorso in Libia, nel paese di transito.
Il motivo è fondato in parte.
Lo è quanto alla contestazione di avere fatto ricorso a fonti non attendibili.
Il Tribunale ricava l’assenza di conflitto armato generalizzato in ***** dal sito ***** del Ministero Esteri, che, secondo quanto precisato da questa Corte, è invece inidoneo a fornire conoscenza della situazione del paese (Cass. 8819/ 2020), in quanto rivolto ad informare i turisti dei pericoli che corrono in quanto tali. Il giudice di merito deve invece fare riferimento a fonti che possano fornire conoscenza della situazione del paese di riferimento e che siano attendibili.
Inammissibile è invece la seconda censura, ossia quella relativa alla omessa valutazione del periodo trascorso nel paese di transito, sia in quanto non si dimostra di averla effettivamente prospettata al giudice di merito, sia in quanto il ricorrente non ha allegato il tipo di vessazione subita, ossia non ha indicato in che modo il periodo trascorso nel paese di transito ha inciso sulla sua situazione personale rendendolo vulnerabile e meritevole di protezione (Cass. 2355/ 2020), circostanze del tutto omesse nel caso presente.
7.- Il quinto motivo, attenendo alla protezione umanitaria, che va riconosciuta solo ove non sia riconosciuta quella internazionale, è assorbito: il giudice di merito dovrà riformulare il giudizio sulla protezione umanitaria tenendo conto della situazione soggettiva del ricorrente, ossia del livello di integrazione in Italia e di quella del paese di origine, che deve essere tale, per la violazione ivi perpetrata dei diritti umani, da non pregiudicare il livello di vita raggiunto qui.
8.-Il ricorso va dunque accolto in questi termini.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo, nei termini di cui in motivazione. Rigetta primo, secondo e terzo, assorbito il quinto. Cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Bari, in diversa composizione anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021