LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31127-2019 proposto da:
W.M., elettivamente domiciliato in Mezzano (RA) via Basa, n. 111, presso l’avv. EDY GUERRINI;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE BOLOGNA SEZ FORLI CESENA;
– intimato –
nonché contro MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il 14/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2021 dal Consigliere Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
RITENUTO IN FATTO
CHE:
1. – W.M. è cittadino pakistano. Ha raccontato che in Pakistan faceva l’agricoltore su terreno di famiglia, entrato nelle mire di un vicino, che voleva appropriarsene a prezzo per lui particolarmente favorevole; il rifiuto del padre del ricorrente di vendere a condizioni svantaggiose, ha scatenato l’ira del vicino che, alla fine, ha ucciso il padre del ricorrente, ed ha minacciato di morte costui se non avesse ritirato la denuncia dell’omicidio. Questa situazione ha indotto il ricorrente a fuggire, soggiornando, prima di giungere in Italia, in altre, diverse, nazioni.
2. – Il ricorrente impugna un decreto del Tribunale di Bologna con il quale, ritenuto non credibile il racconto, è stata rigettata sia la richiesta di protezione internazionale che quella umanitaria.
3. – Il ricorso è basato su quattro motivi e non è contrastato dal Ministero, che, costituito tardivamente, non ha proposto controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
4. – Va esaminato, per ragioni di una certa priorità logica, con precedenza, il secondo motivo, che denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3.
Il ricorrente si duole del giudizio di inverosimiglianza del suo racconto, che il Tribunale ha basato su alcune incertezze ed altre incongruenze rilevate in quanto dichiarato alla Commissione territoriale, ed in particolare quanto alla circostanza della uccisione del padre, che, in un primo momento sarebbe avvenuta mentre lavorava sui campi, ed, in un secondo momento, invece, mentre si recava a pregare; quanto alla circostanza dell’intervento mancato delle forze dell’ordine a seguito della denuncia in contraddizione con le pressioni dell’accusato per farla ritirare; infine quanto alla ignoranza della legge successoria pakistana; quest’ultimo elemento, a dire il vero, poco significativo della credibilità del racconto, in quanto attiene ad una vicenda giuridica (chi siano gli eredi legittimi) che ben può non essere nota ad un cittadino non istruito.
Il ricorrente contesta questo giudizio, adducendo la circostanza per cui il suo racconto è credibile, in base ai criteri di cui alla L. n. 251 del 2007, art. 3, avendo egli compiuto ogni ragionevole sforzo per riferire la vicenda e non avendo, per contro, il Tribunale usato i poteri istruttori d’ufficio per effettuare ulteriore verifica.
Il motivo è fondato.
La valutazione della credibilità del ricorrente deve costituire l’esito di una valutazione complessiva della sua narrazione (Cass. 7546/ 2020; Cass. 22527/ 2020) e deve tenere conto di eventuali riscontri documentali offerti dal ricorrente: costui ha depositato copia tradotta della denuncia, certificato di morte del padre, e dichiarazione di una carica pubblica locale circa l’accaduto; tutti elementi, indubbiamente rilevanti, di cui il Tribunale non ha tenuto alcuna considerazione.
Va ricordato peraltro, che ove il racconto, all’esito della valutazione delle prove offerte dal ricorrente fosse ritenuto, nel suo nucleo essenziale credibile, non avendo rilievo l’inverosimiglianza di elementi di dettaglio o poco significativi della vicenda, non potrà il Tribunale limitarsi a ritenerlo, di per sé, il racconto di una vicenda meramente privata, come tale irrilevante ai fini della protezione internazionale in quanto, pur se la minaccia proviene da un cittadino, e non da un pubblico potere, la persecuzione è da considerarsi rilevante se le forze dell’ordine non offrono protezione adeguata.
5. – Possono poi valutarsi insieme il primo ed il terzo motivo, in quanto entrambi attengono alla protezione sussidiaria di cui alla L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).
Il secondo motivo denuncia motivazione contraddittoria, ed il terzo violazione della predetta norma.
Secondo il ricorrente v’e’ contraddizione nella motivazione nel fatto di avere, da un lato, escluso l’esistenza di un conflitto armato in Pakistan e dall’altro di avere invece citato fonti che riportano attacchi terroristici in corso. Inoltre, ed è l’oggetto del terzo motivo, le fonti più attendibili, (tendenzialmente Amnesty International) riferiscono di situazioni di conflitto armato generalizzato ostative al rimpatrio, al contrario di quanto accertato dal Tribunale.
I motivi sono infondati.
Intanto, non v’e’ contraddizione nella motivazione, che si riferisce a rapporti i quali testimoniano di attacchi terroristici, ossia di atti che non integrano il clima di conflitto armato generalizzato o di violenza diffusa tale da mettere in pericolo la vita o la persona dei civili, per la loro sola presenza sul territorio; inoltre i rapporti indicati dal ricorrente non smentiscono quelli utilizzati dal tribunale in quanto, per l’appunto, testimoniano di attacchi terroristici che non integrano violenza generalizzata.
6. – Il quarto motivo verte sulla protezione umanitaria, e denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo- essendo peraltro la protezione umanitaria residuale e valutabile solo in conseguenza del rigetto della internazionale; con l’avvertenza che il giudizio andrà rifatto all’esito della valutazione di credibilità secondo il criterio della comparazione tra la situazione soggettiva del ricorrente-sua integrazione in Italia e quella oggettiva del paese di origine.
7. – Il ricorso va accolto in questi termini.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta primo e terzo, assorbito il quarto. Cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 21 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021