Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24239 del 08/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29284-2019 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA RIZZELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA LORENZO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 522/24/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata il 27/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE CAPOZZI.

RILEVATO

che il contribuente R.C. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Puglia, di accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso una sentenza CTP Lecce, che aveva accolto il suo ricorso avverso un avviso di accertamento IRPEF, IVA ed IRAP 2007, dapprima emesso nei confronti della s.a.s. “SALENTO PLASTIC DI R.C. & C.” e poi successivamente notificatogli il 27 dicembre 2012, nella sua veste di socio accomandante al 99% della citata società, cancellata dal registro delle imprese il *****; secondo la CTR, i debiti verso il fisco di tale ultima società di persone legittimamente si erano trasferiti al ricorrente, quale socio accomandante al 99% della medesima.

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta nullità della sentenza impugnata per motivazione meramente apparente, in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; invero la CTR non aveva minimamente risposto alle controdeduzioni da lui formulate e la motivazione addotta non consentiva di comprendere l’iter logico seguito per pervenire al risultato enunciato;

che, con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, dell’art. 5 T.U.I.R. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; invero l’avviso di accertamento impugnato era stato emesso nei confronti della s.a.s. “SALENTO PLASTIC DI R.C. & C.”; ora, se l’Agenzia delle entrate avesse voluto ritenere responsabili anche i soci delle somme chieste in pagamento alla società, avrebbe dovuto notificare ai soci un apposito avviso di accertamento, con il quale avrebbero dovuto essere esplicitati i motivi, per i quali essi erano chiamati a rispondere dei debiti fiscali della società; occorreva poi tener presente che il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, alla stregua del quale, ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, l’estinzione delle società, di cui all’art. 2495 c.c., aveva effetto trascorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, era una norma priva di efficacia retroattiva, che trovava applicazione solo nei casi in cui la richiesta di cancellazione fosse stata presentata dopo il 13 dicembre 2014, data della sua entrata in vigore; la norma in esame non era quindi applicabile alla specie, in quanto la s.a.s. “SALENTO PLASTIC DI R.C. & C.” si era cancellata dal registro delle imprese il ***** e l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società era stato a lui notificato il 27 dicembre 2012 e, quindi, prima della data di entrata in vigore del cit. D.Lgs. n. 175 del 2014; pertanto, anche ai sensi della norma da ultimo citata, l’intervenuta notifica ai soci dell’atto societario non li rendeva legittimati passivamente a costituirsi in giudizio per conto della società ormai estinta e la sua responsabilità quale socio accomandante della s.a.s. “SALENTO PLASTIC DI R.C. & C.” per le obbligazioni fiscali di detta società era limitata alla parte da lui eventualmente conseguita nella distribuzione dell’attivo;

che, con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 8 e del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, convertito nella L. n. 326 del 2003, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente erano state a lui addebitate le sanzioni irrogate alla società;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso; che il primo motivo di ricorso proposto dal contribuente è infondato;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 10271 del 2016), la motivazione di una sentenza è censurabile in sede di legittimità siccome carente solo se sia a tal punto illogica ed incongrua da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per pervenire alla decisione finale e sia inficiata da così gravi anomalie e carenze da collocarla al di sotto del c.d. “minimo costituzionale”, inteso come il contenuto minimo, di cui deve essere fornito una sentenza; che, nella specie, la CTR, pur se in maniera sintetica, ha indicato gli essenziali motivi, per i quali ha ritenuto di accogliere l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, avendo fatto presente che, in caso di cancellazione dal registro delle imprese di una società di persone, quale è nella specie la s.a.s. “SALENTO PLASATIC DI R.C. & C.”, si era verificato un fenomeno di tipo successorio sui generis, in forza del quale i rapporti che prima facevano capo alla società si sono trasferiti ai soci in proporzione delle quote possedute, in applicazione del principio di trasparenza, fissato per le società di persone dal D.P.R. n. 917 del 1986 (T.U.I.R.), art. 5, comma 1; il che appare sufficiente per dar conto del ragionamento valutativo svolto dalla sentenza impugnata;

che è altresì infondato il secondo motivo di ricorso; che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 21773 del 2012; Cass. n. 10980 del 2017; Cass. n. 22457 del 2020), in caso di estinzione di una società di persone, qual è nella specie la s.a.s. “SALENTO PLASTIC DI R.C. & C.”, per sua cancellazione dal registro delle imprese, la qualità di successore universale della stessa si radica in capo ai soci, in proporzione alle quote di partecipazione da essi possedute, si che ad essi, nella proporzione anzidetta, viene automaticamente imputato il reddito della società, in forza del principio di trasparenza, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 5, il quale implica una presunzione di effettiva percezione del reddito in questione, con la conseguenza che i soci assumono la legittimazione passiva della lite instaurata nei confronti della società e che non ha potuto trovare il suo esito per l’intervenuta estinzione di quest’ultima; validamente pertanto il debito tributario, inizialmente iscritto a ruolo nei confronti di una società di persone estinta, siccome cancellata dal registro delle imprese, è stato ritenuto gravare sui soci, in ragione delle quote di partecipazione da essi possedute, sia perché coobbligati solidali, sia perché, comunque, successori ex lege della società di persone anzidetta (cfr., in termini, Cass. SS.UU. nn. 6070 e 6072 del 2013; Cass. n. 31037 del 2017);

che detti principi sono da ritenere applicabili nella specie, a prescindere dalla particolare sanatoria contenuta nel D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, alla stregua della quale, ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, l’estinzione delle società, di cui all’art. 2495 c.c., ha effetto trascorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese; invero la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che la sanatoria da ultimo citata non ha carattere processuale, ma sostanziale e può quindi valere solo per il futuro, si da non essere applicabile alla specie in esame, nella quale la cancellazione della s.a.s. “SALENTO PLASTIC S.A.S. DI R.C. & C.” dal registro delle imprese è avvenuta il ***** e quindi in epoca ben precedente al 13 dicembre 2014, data di entrata in vigore del cit. D.Lgs. n. 175 del 2014 (cfr. Cass. n. 4536 del 2020; Cass. n. 6743 del 2015; Cass. n. 15648 del 2015), con conseguente esclusione, nella specie, della particolare sanatoria, di cui al D.Lgs. n. 175 del 2014, cit. art. 28, comma 4;

che è infine inammissibile il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta che erroneamente gli sono state addebitate le sanzioni inflitte alla s.a.s. “SALENTO PLASTIC S.A.S. DI R.C. & C.” con l’avviso di accertamento impugnato; invero, con tale motivo, il ricorrente ha introdotto per la prima volta nella presente sede di legittimità una questione di merito implicante accertamenti di fatto (contenere cioè l’avviso di accertamento impugnato una richiesta di pagamento di sanzioni a lui non addebitabili); invero dal contesto della sentenza impugnata non emerge che sia stata formulata anche la censura in esame, riferita al tema delle sanzioni; d’altra parte il ricorrente neppure ha allegato l’avvenuta deduzione di tale questione innanzi al giudice di merito, né ha indicato in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, come sarebbe stato suo onere, in ossequio al noto principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (cfr. Cass. n. 32804 del 2019);

che pertanto, dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso, vanno respinti i restanti due motivi proposti dal ricorrente, con sua condanna al pagamento delle spese di giudizio, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte, dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso, respinge i restanti due e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in complessivi Euro 5.600,00, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021

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