LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –
Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
emessa ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. con mod. L. n. 176 del 2020;
sul ricorso iscritto al n. 5039/2016 R.G. proposto da:
Mercedes Benz Financial Services Italia s.p.a., in persona del legale rappresentate p.t., in proprio ed in qualità di incorporante della consolidante Dainnler-Crhrysler Capital Services Debis s.p.a.;
Mercedes Benz Italia s.p.a., in persona del legale rappresentate p.t., in qualità di incorporante della consolidante Daimler-Crhrysler Italia Holding s.p.a., entrambe rapp.te e difese, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to Paola Lumini, e dall’Avv.to Enrico Ceriana, con i quali sono elettivamente domiciliate in Roma, Via Po, n. 28, presso lo studio dell’Avv.to Attilio Pelosi;
– Ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
– Controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (di seguito, CTR), n. 4120/09//2015, depositata in data 15/07/2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza del 28/05/2021, dal Consigliere Dott.ssa Rosita D’Angiolella;
viste le conclusioni scritte, depositate in forma di memoria, del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Mucci Roberto, di rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Mercedes Benz Financial Services Italia s.p.a., in proprio ed in qualità di incorporante della consolidante Daimler-Crhrysler Capital Service Debis s.p.a. (di seguito, MBFSI), e Mercedes Benz Italia s.p.a. (di seguito, MBI), in qualità di incorporante della consolidante Daimler-Crhrysler Italia Holding s.p.a. hanno proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della CTR del Lazio di cui in epigrafe, che aveva accolto l’appello della Direzione regionale del Lazio in ordine all’avviso di accertamento n. ***** e rigettato l’appello della Direzione provinciale III di Roma con riguardo agli avvisi di accertamento n. ***** e n. *****.
2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
3. La controversia oggetto di causa nasce dall’impugnazione proposta dalla società MBFSI avverso due avvisi di accertamento (avvisi nn. ***** e *****) emessi dall’Agenzia delle entrate nei suoi confronti, per maggiore Ires relativa all’annualità d’imposta 2004 e dall’impugnazione proposta da MBI – in qualità di incorporante di Daimler-Crhrysler Capital Service e di Daimler-Crhrysler Italia Holding s.p.a. – avverso l’avviso di accertamento n. *****, emesso nei suoi confronti dalla Direzione provinciale III di Roma, sui medesimi presupposti degli altri due avvisi emessi nei confronti di MBFSI.
4. In particolare, gli avvisi di accertamento scaturivano da una verifica fiscale della Guardia di finanza di Roma, cui seguiva p.v.c. dell’08/03/2007, riguardante l’operazione di svalutazione delle partecipazioni in Daimler-Crhrysler Capital Service Ital s.p.a. effettuata da MBFSI nell’anno 2003, ma con ricaduta fiscale negli anni successivi, essendo detraibile, secondo l’assunto dell’Ufficio, per 1/5 annuo nei successivi quattro periodi di imposta ex art. 61 t.u.i.r.; pertanto, con gli avvisi di accertamento, veniva recuperata a tassazione la relativa quota parte (1/5) imputata all’esercizio 2004.
5. La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 10801/30/14, depositata il 19/05/2014, riuniti i ricorsi presentati da MBFSI e MBI, li accoglieva integralmente, rilevando il giudicato esterno formatosi sulle quote deducibili per gli anni successivi alla svalutazione operata nel 2003, in forza della sentenza n. 150/01/2012 della Commissione tributaria provinciale di Roma.
6. La Direzione regionale del Lazio e la Direzione provinciale III di Roma, impugnavano tale sentenza innanzi alla CTR del Lazio che, con la sentenza di cui in epigrafe accoglieva l’appello della Direzione regionale e respingeva quello della Direzione provinciale III di Roma. Con tale decisione, la CTR, rilevava tra l’altro, la non operatività del giudicato esterno di cui alla sentenza n. 150/01/12 della CTP di Roma, riguardante la prima annualità, affermando l’autonomia degli avvisi di accertamento relativi agli anni 2003 e 2004.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso le società ricorrenti deducono l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha considerato l’efficacia espansiva esterna del giudicato formatosi con la sentenza n. 150/01/12, resa dalla CTP di Roma, in controversia tra le stesse parti, riguardante l’avviso di accertamento emesso per l’annualità 2003; in particolare, assumono le ricorrenti che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di appello, tale sentenza non si è limitata a “prendere atto” dell’annullamento in autotutela operato dall’Ufficio dell’avviso di accertamento n. ***** (riguardante la ripresa a tassazione della svalutazione della partecipazione detenuta in Daimler Chrysler s.p.a per Euro 32.041.626,00) ma ha pronunciato nel merito, accogliendo tutte le domande proposte dalla Mercedes Benz Finacial Services Italia s.p.a., tra le quali quella diretta alla deducibilità della svalutazione della partecipazione in Daimler Chrysler s.p.a..
Ad avviso delle ricorrenti, essendosi verificata anche nella fattispecie oggetto del presente giudizio – riguardante l’avviso di accertamento per l’anno 2004 – la medesima situazione di cui all’atto annullato, in quanto l’ammontare fiscalmente rilevante, per l’anno 2004, dipende da quella stessa svalutazione della partecipazione detenuta dalla MBFSI in Damler Chrysler s.p.a. – il giudicato formatosi sulla predetta sentenza avrebbe un’efficacia espansiva nel presente giudizio, ancorché avente ad oggetto una diversa annualità di imposta.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Va osservato, in primo luogo, che gli effetti dell’autotutela non si riflettono sul giudicato sostanziale, incontrando i limiti dell’accertamento giurisdizionale cui il giudicato stesso attiene. Ed invero, questa Corte, con orientamento unanime e qui condiviso, ha chiarito che l’esercizio del potere dell’Amministrazione finanziaria di provvedere in via di autotutela e con effetti retroattivi all’annullamento d’ufficio (o alla revoca) degli atti illegittimi (o infondati) – espressamente riconosciuto dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2-quater, comma 1, conv. in L. 30 novembre 1994, n. 656 – incontra, anche in ipotesi di cd. autotutela sostitutiva (ove all’atto originariamente annullato l’Amministrazione se ne sostituisce un altro), il limite del giudicato sull’accertamento ad esso sotteso (ex plurimis, per l’autotutela cd. sostitutiva cfr., Cass., 23/10/2019, n. 27091; Cass., 08/10/2019, n. 25055).
Ciò significa, da un lato, che l’accertamento giudiziale sulla pretesa fiscale prescinde dall’atto emanato in autotutela e/o in sostituzione del provvedimento annullato da parte dell’Amministrazione, richiedendo una specifica pronuncia sulle domande oggetto del giudizio; dall’altro, che non può esservi efficacia espansiva esterna del giudicato in mancanza di un accertamento giurisdizionale sulla res controversa.
1.3. Vieppiù, le censure delle ricorrenti sono dissolte in considerazione del condivisibile arresto monofilattico di questa Corte secondo cui “la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità” (così, Casse., 08/04/2015, n. 6953; id., Cass., 01/06/2016, n. 11440; Cass., 30/09/2011, n. 20029; Cass., 29/01/2014, n. 1837; Cass., 09/10/2013, n. 22941; cfr., sulla compatibilità di tali principi con il diritto dell’Unione Europea, v. Cass., 04/03/2021, n. 5939). Si è precisato che per le imposte periodiche, il vincolo del giudicato opera laddove vengano in esame fatti che,, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco temporale che comprende più periodi d imposta o nei guaii l’accertamento concerne la qualificazione del rapporto, a meno che, in materia di Iva, ciò comporti l’estensione ad altri periodi d’imposta di un giudicato in contrasto con la disciplina comunitaria, avente carattere imperativo, compromettendone l’effettività (cfr. Cass., 19/04/2018, n. 9710; id., Cass., 30/10/2019, n. 27802; v. Cass., 20/07/2020, n. 15374).
2. Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti denunciano la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, per aver la CTR ritenuto legittimo il recupero a tassazione della quota di svalutazione relativa al 2004, pur trattandosi di una svalutazione effettuata nell’esercizio 2003. Assumono le ricorrenti che poiché il vero oggetto della rettifica non è altro che l’ammontare fiscalmente rilevante della svalutazione della partecipazione detenuta in Daimler-Chrysler (pari ad Euro 32.041.626,54), operata nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2003, il potere di rettifica dell’Amministrazione avrebbe dovuto interessare l’annualità 2003 e non, come è avvenuto, la successiva annualità (2004) mediante atto di accertamento notificato, ai sensi del citato art. 43, entro e non oltre il 31/12/2008 (31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione).
2.1. Anche tale mezzo è infondato.
2.2. La questione posta risulta superata dal principio enunciato dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 8500 del 25/03/2021, secondo cui “In caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale non per l’errato computo del singolo rateo dedotto, ma a causa del fatto generatore e del presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell’amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, e non già del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio”.
Pertanto, poiché la rilevanza fiscale dell’immobilizzazione finanziaria è data dal tempo di realizzazione del valore della minusvalenza (che la CTR ha ritenuto protratto per l’anno successivo al 2003), correttamente i giudici di secondo grado hanno escluso la decadenza del potere accertativo dell’Ufficio.
3. Col terzo mezzo le società ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 61 t.u.i.r., commi 3 e 5, nella formulazione vigente ratione temporis, per non avere i giudici di secondo grado statuito, nel merito, l’illegittimità e l’infondatezza della rettifica operata dall’Ufficio sulla determinazione della svalutazione della partecipazione in Crhrysler-Damler s.p.a.. Assumono le società ricorrenti che la CTR avrebbe errato nel confermare la riduzione del costo finale della partecipazione operata dall’Amministrazione (da Euro 32.041.626,54 ad Euro 24.500.000,00) escludendo dal costo complessivo della partecipazione il secondo versamento di Euro 15.000.000,00 effettuato in data 18 dicembre 2003 per fronteggiare la perdita stimata della partecipata per il secondo semestre, in quanto entrambi i versamenti – di cui il primo è stato effettuato in data 22/09/2003 per ripianare la perdita del primo semestre di Euro 18.030.218,00 – concorrevano a formare l’entità del costo finale della partecipazione su cui operare la svalutazione.
3.1. La decisione della CTR, che ha escluso dal calcolo della svalutazione fiscalmente deducibile il secondo versamento in quanto realizzante “una nuova acquisizione della partecipazione” è immune da censure, risultando conforme ai principi di diritto enunciati da questa Corte, che qui si condividono e si fanno propri, secondo cui per i versamenti dei soci a copertura perdite, per la parte che eccede il patrimonio netto della partecipata, continua a valere il regime di deduzione immediata (e facoltativa) disposto dall’art. 61 t.u.i.r., comma 5.
3.2. I versamenti dei soci a copertura perdite, per la parte che eccedono il patrimonio netto della partecipata, non possono concorrere all’entità del costo finale della partecipazione su cui operare la svalutazione in quanto, per essi, continua a valere il regime di deduzione immediata (e facoltativa) disposto dall’art. 61 t.u.i.r., comma 5.
3.3. Tale disposizione, nel testo in vigore fino al 31/12/2003 (prima dell’entrata in vigore, in data 01/01/2004, del D.Lgs. n. 34 del 2003, che ha nuovamente mutato la normativa introducendo il cd. regime PEX – “Participation exemption”- che ha sancito l’irrilevanza fiscale delle minusvalenze e delle plusvalenze stabilendo che non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95 per cento), prevedeva che i versamenti a fondo perduto o in conto capitale fatti dai soci a favore di una propria partecipata, come anche le rinunce ai crediti nei confronti di quest’ultima, si aggiungessero al costo della partecipazione (“L’ammontare dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale alla società emittente, o della rinuncia ai crediti nei confronti della società stessa, si aggiunge al costo delle azioni in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria”); la norma in parola ammetteva, in alternativa, la deduzione immediata (dei versamenti e delle remissioni), per la parte eccedente il patrimonio netto della società partecipata risultante dopo la copertura della perdita (“tuttavia è consentita la deduzione dei versamenti e delle remissioni di debito effettuati a copertura di perdite per la parte che eccede il patrimonio netto della società emittente risultante dopo la copertura”); infine, nella determinazione del valore minimo dei titoli non negoziati in mercati regolamentati, escludeva la possibilità di tenere conto dei versamenti effettuati a copertura di perdite della società emittente (“Nella determinazione del valore normale delle azioni non quotate in borsa e non negoziate nel mercato ristretto non si tiene conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatte a copertura di perdite della società emittente”).
3.4. Appare chiaro, dunque, che la ratio sottesa alla disciplina in esame, era quella di garantire una sorta di correlazione tra le svalutazioni incidenti sul valore della partecipazione in conseguenza delle perdite realizzate dalla partecipata e l’effettiva consistenza della “svalutazione” patrimoniale risentita dalla partecipata per effetto delle perdite. Tale correlazione, proprio perché consente la determinazione effettiva della diminuzione patrimoniale, non può prescindere dalla cd. “omogeneizzazione” dei patrimoni tra società partecipate, per la quale l’ultima parte della disposizione in parola esclude che possano concorrere alla determinazione del valore del titolo i versamenti fatti per ripianare le perdite. In altri termini la correlazione costante tra i due patrimoni richiede di depurare i dati patrimoniali da eventuali nuovi conferimenti volti a reintegrare il patrimonio o a coprire le perdite.
3.5. Nel caso all’esame, è pacifico che la società partecipata aveva subito forti perdite che avevano intaccato sia il patrimonio che le riserve ed avevano comportato un rilevante deficit patrimoniale (cd. sottozero), sì che nell’esercizio 2003, la MBFSI, ha effettuato due successivi versamenti per ripianare la perdita, l’uno nel primo semestre, in data 22/09/2003, e l’altro in data 18/12/2003 in conto copertura perdite per il secondo semestre, sicché, facendo seguito ai principi enunciati da questa Corte in fattispecie analoghe (cfr., Cass., Sez. 5, 27/07/2011, n. 16429, Rv. 619468-01; sulle rinunce ai crediti nei confronti della società partecipata, effettuate a copertura di perdite di quest’ultima, cfr., in senso conforme, Cass., 04/02/2015, n. 1949, Rv. 634260-01), per i cd. versamenti sottozero (effettuati a copertura delle perdite della partecipata per la parte che eccede il patrimonio netto della stessa a seguito del ripianamento), quale è stato il secondo versamento operato dalla MBFSI, vale l’art. 61 TUIR, comma 5, in quanto tali versamenti non attengono alla valutazione del valore minimo delle partecipazioni, ma si riferiscono a perdite che vanno oltre lo zero che, sul piano tecnico, costituiscono una spesa d’esercizio, e non una svalutazione, la cui deducibilità è subordinata all’effettivo ripiano del sottozero da parte dei soci (in termini, v. C:ass., 30/12/2019, n. 34709, Rv. 656426-01, che richiama, in senso conforme, la circolare dell’Agenzia delle entrate 5 febbraio 2003, n. 7/E).
3.6. In conclusione, anche il terzo il mezzo va rigettato in quanto le disposizioni fiscali di cui al D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 1, comma 1, lett. b), (secondo cui le “minusvalenze non realizzate”, relative a partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, sono deducibili in quote costanti nell’esercizio in cui sono iscritte e nei quattro successivi) non possono essere applicate nell’ipotesi di versamenti in conto capitale che hanno determinato l’azzeramento e la successiva ricostruzione del capitale della partecipata.
4. Le spese seguono la soccombenza delle società ricorrenti e vengono liquidate come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna le società ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle società ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 28 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021