Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24278 del 09/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14059-2020 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE PATRUNO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

contro

PROCURATORE GENERALE presso la CORTE D’APPELLO DI BARI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2675/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 30/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA FIDANZIA.

RILEVATO

– che viene proposto da A.S., cittadino della Nigeria, affidandolo due motivi, ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari che ha rigettato l’appello proposto dall’odierno ricorrente avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari del 5.1.2017 che ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e, in subordine, umanitaria;

– che il Ministero intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis.

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per aver la Corte distrettuale, nella valutazione dei presupposti per la concessione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett c), omesso di esaminare fonti internazionali e nazionali precise ed aggiornate da cui desumere le condizioni socio-politiche del suo paese di provenienza;

2. che il motivo è inammissibile;

che, infatti, è pur vero che questa Corte ha più volte enunciato il principio di diritto – che questo Collegio condivide – che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13449 del 2019, vedi anche Cass. n. 13897 del 2019);

che, tuttavia, ove il giudice ometta di indicare la fonte consultata, non è sufficiente ai fini della specificità e della decisività della censura che il ricorrente si limiti – come nel caso di specie – alla mera deduzione dell’omissione in cui è incorso il giudice;

che, infatti, deve darsi continuità al principio di diritto già enunciato da questa Corte secondo cui, in un caso come quello descritto, il richiedente deve allegare che esistono COI (Country of Origin Informations) aggiornate e attendibili dimostrative dell’esistenza, nella regione di provenienza, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, di indicarne gli estremi e di riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso, non potendo altrimenti la Corte apprezzare l’astratta rilevanza del vizio dedotto e, conseguentemente, valutare l’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c. (Cass. n. 21932 del 2020);

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 2, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, per avere la Corte d’Appello omesso di effettuare la valutazione comparativa tra i contesti di vita nel paese di accoglienza ed in quello di provenienza;

4. che il motivo è inammissibile;

che va preliminarmente osservato che è orientamento consolidato di questa Corte secondo cui, nella valutazione della condizione di vulnerabilità, pur dovendosi partire dalla situazione oggettiva del paese di provenienza, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, dal momento che, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini Cass. n. 4455 del 23/02/2018);

che il ricorrente, nell’invocare la propria condizione di vulnerabilità, non ha fatto altro che far riferimento alla situazione generale del paese, limitandosi, quanto alla sua condizione personale, a richiamare la vicenda della dedotta persecuzione nei suoi confronti da parte dei familiari del suo amico morto, che è stata ritenuta del tutto implausibile ed inverosimile dalla Corte d’Appello con argomentazioni immuni da vizi logici e neppure oggetto di censura;

che, pertanto, il ricorrente non ha fornito al giudice di merito elementi idonei ad effettuare l’invocata valutazione comparativa;

5. che non si liquidano le spese di lite in relazione all’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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