Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24279 del 09/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Giudo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14061-2020 proposto da:

M.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE PATRUNO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE di CASSAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 687/2020 del TRIBUNALE di BARI, depositato il 10/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA FIDANZIA.

RILEVATO

– che viene proposto da M.J., cittadino della Nigeria, affidandolo a due motivi, ricorso avverso il decreto del Tribunale di Bari del 6 10 febbraio 2020, il quale ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis.

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stato dedotto l’omesso esame del fatto decisivo, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonché la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione al giudizio di scarsa credibilità, sul rilievo che tale giudizio si sarebbe fondato su una ricostruzione del tutto parziale delle dichiarazioni del richiedente senza fare riferimento alla documentazione allegata alla ricorso, e con una motivazione che non soddisfa il “minimo costituzionale”;

2. che tale motivo è inammissibile;

che, infatti, le censure del ricorrente si configurano come palesemente generiche, senza alcun minimo richiamo alla situazione concreta per cui è causa, di talché avrebbero potuto essere svolte con riferimento ad un qualsiasi procedimento;

che viene, peraltro, lamentata la manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione senza che siano state indicate le ragioni a supporto di tale assunto e senza che il ricorrente si sia minimamente correlato con l’articolata motivazione con cui il Tribunale (vedi pag. 3 decreto impugnato) ha ritenuto la complessiva vaghezza della ricostruzione degli accadimenti effettuata dal richiedente e la genericità della descrizione del ruolo da questi asseritamente svolto per il partito PDP;

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 2, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, con riferimento alla mancata concessione della protezione umanitaria, in relazione alla quale si lamenta che il giudice di merito non ha considerato l’integrazione del richiedente nel paese di accoglienza e non ha svolto la valutazione comparativa tra il contesto di vita dello stesso in tale paese ed in quello d’origine, tenuto conto della situazione di violenza generalizzata in Nigeria;

4. che il motivo è inammissibile nonché manifestamente infondato;

che, in particolare, il ricorrente non ha fornito elementi idonei a consentire al giudice di merito di effettuare la lamentata omessa valutazione comparativa, non confrontandosi minimamente con il preciso rilievo del giudice di merito, secondo cui lo stesso non ha dedotto una condizione di vulnerabilità integrante un rischio individuale di violazione dei diritti umani nel paese di origine;

che tale affermazione del giudice di merito è conforme all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui, nella valutazione della condizione di vulnerabilità, pur dovendosi partire dalla situazione oggettiva del paese di provenienza, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, dal momento che, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (in questi termini Cass. n. 4455 del 23/02/2018);

che, in ordine alla dedotta integrazione sociale, il ricorrente non ha considerato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, tale elemento può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi sempre Cass. n. 4455 del 23/02/2018);

5. che non si liquidano le spese di lite in relazione all’inammissibilità della costitutuzione tardiva del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472