LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11024/2019 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in contrà Santo Stefano, n. 15, presso lo studio dell’avv. Michele CAROTTA, del foro di Vicenza, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale asseritamente allegata al ricorso introduttivo del giudizio;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona, Sezione di Treviso, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso la Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 20/2/2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2020 da Dott. Gentili Andrea.
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto n. 1405/2019, depositato il 20 febbraio 2019, il Tribunale di Venezia ha rigettato il ricorso presentato da S.A. con il quale questi aveva impugnato il provvedimento del 19 marzo 2018, a lui notificato il successivo 5 giugno 2018, avente ad oggetto il mancato riconoscimento, da parte del Ministero dell’Interno – Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona – Sezione di Vicenza, del suo diritto al riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero, in subordine, del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
2. Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a cinque motivi di impugnazione.
3. Con atto del 18 aprile 2019 resiste con controricorso il Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo la inammissibilità del ricorso, essendo lo stesso basato su una diversa ricostruzione fattuale della vicenda della quale si chiede un inammissibile riesame a questa Corte, e, comunque, la sua infondatezza, non sussistendo i requisiti per il ricorrente onde accedere alle forme di protezioni internazionale richieste.
4. Il ricorso è stato fissato per l’odierna adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380-bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente denunzia, sotto la specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: a) con il primo motivo di ricorso la nullità ed erroneità del decreto impugnato per violazione e falsa applicazione dei principi che regolano l’onere della prova in materia di riconoscimento dello status di rifugiato, avendo il Tribunale di Venezia omesso di assolvere al dovere di cooperazione e di integrazione probatoria che gli è imposto alla luce della normativa, anche internazionale e comunitaria, e della giurisprudenza, anche di legittimità; b) con il secondo motivo è stata dedotta la nullità del decreto impugnato per avere il Tribunale di Venezia utilizzato criteri erronei ed illegittimi ai fini della valutazione della attendibilità delle dichiarazioni del richiedente, non essendosi dato carico il giudicante di ancorare i criteri adottati alla concreta realtà a lui sottoposta; c) con il terzo motivo di ricorso è stata censurata l’avvenuta utilizzazione da parte del giudice del merito di criteri erronei ed illegittimi ai fini della valutazione, sotto il profilo del rispetto dei diritti umani, delle condizioni esistenti nel paese di origine del richiedente; d) con il quarto motivo è stata lamentata la nullità della sentenza impugnata per l’utilizzo di criteri erronei e/o illegittimi nella valutazione della esistenza dei presupposti per il riconoscimento in favore del ricorrente della protezione umanitaria, in particolare si rileva che il Tribunale non ha compiuto alcun bilanciamento fra gli interessi costituzionalmente garantiti coinvolti dalla decisione di rinviare il richiedente nel paese di origine a seguito del mancato riconoscimento del permesso di soggiorno in suo favore; d) infine con il quinto motivo di censura è stato lamentato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, trattandosi di motivazione fondata su argomenti aprioristici dal contenuto dimostrativo solo apparente.
2. Il Collegio rileva preliminarmente che il ricorso presentato da S.A. è radicalmente inammissibile, difettando il requisito della prova dell’avvenuto rilascio della procura speciale in favore del professionista che ha rappresentato il ricorrente di fronte a questa Corte di cassazione.
Si rileva, infatti, che, sebbene detto professionista dichiari nella intestazione dell’atto da lui redatto nell’interesse del ricorrente di essere portatore di mandato con procura speciale per il giudizio innanzi a questa Corte, di tale documento non vi è traccia nel fascicolo processuale.
Tale mancanza, essendo prescritto dall’art. 365 c.p.c., a pena di inammissibilità del ricorso, che questo sia sottoscritto da un avvocato munito di procura speciale, non può che importare la inammissibilità del ricorso.
3. Ritene la Corte di potere compensare le spese del giudizio fra le parti, in considerazione del fatto che le ragioni della decisione esulano rispetto ai motivi allegati dal Ministero dell’Interno per resistere alla pretesa azionata con l’atto introduttivo del giudizio nel proprio controricorso.
4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Corte di cassazione, Sezioni unite civili, n. 5314 del 2020).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima civile della Corte di cassazione, il 15 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021