LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12238/2019 proposto da:
I.O., elettivamente domiciliato in Padova, via Ugo Foscolo, n. 13, presso lo studio dell’avv.ssa Elisabetta COSTA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso introduttivo del giudizio;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona, Sezione di Padova, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso la Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 21/2/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2020 da Dott. GENTILI ANDREA.
RILEVATO
1. Il Tribunale di Venezia, con decreto n. 1410/2019 depositato in data 21 febbraio 2019, ha rigettato il ricorso proposto da I.O., cittadino ***** proveniente dall'*****, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria.
1.1. Il giudice del merito ha ritenuto che il racconto del richiedente (il quale aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese per essersi rifiutato di succedere al padre defunto nel compito di adoratore degli idoli ed essere stato per questo motivo minacciato di morte dai componenti della famiglia, che lo avevano anche sottoposto a un incantesimo), oltre che incoerente e non circostanziato, non contenesse l’allegazione dei fatti (persecuzione in ragione dell’appartenenza a un gruppo sociale; rischio di essere sottoposto a pena di morte o a trattamenti inumani o degradanti) rilevanti ai fini del riconoscimento del diritto al rifugio o alla protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b); il tribunale ha poi accertato, sulla base del rapporto EASO del giugno 2017, che l'***** non versa in una condizione di violenza indiscriminata determinata da conflitto armato; infine, quanto alla protezione umanitaria, ha affermato che il ricorrente non aveva dedotto profili di vulnerabilità diversi da quelli ritenuti non credibili, né aveva dimostrato di essersi integrato in Italia.
1.2. I.O. ha presentato ricorso per la cassazione del provvedimento, affidandolo a due motivi di impugnazione.
1.3. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la carenza di motivazione del decreto in ordine alla valutazione di non credibilità del suo racconto.
3. Col secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, comma 1, lett. c) e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 lamentando che il tribunale abbia respinto la domanda di protezione sussidiaria fondata sulla situazione di violenza indiscriminata in cui versano la *****, (nonché la Libia, suo Paese di transito) in base al rilievo della mancanza di un suo coinvolgimento diretto in una situazione di conflitto armato.
4.Entrambi i motivi sono inammissibili.
4.1. Il primo è illustrato in termini del tutto generici e assertivi. Inoltre non si confronta con la motivazione del tribunale, che ha ritenuto infondate le domande di c.d. protezione maggiore anche perché ha escluso che la vicenda integrasse i presupposti per il loro accoglimento.
4.2. Il secondo non investe l’autonoma ratio decidendi in base alla quale il giudice ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria art. 14, ex lett. c) cit., costituita dall’accertamento dell’insussistenza nell'***** di una situazione di violenza indiscriminata tale da porre il ricorrente in pericolo di vita nel caso di rimpatrio, né chiarisce perché tale accertamento avrebbe dovuto essere compiuto anche con riguardo alla Libia, mero Paese di transito.
5. Poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese, non v’e’ luogo a provvedere in merito alle spese del giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima civile della Corte di cassazione, il 15 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021