LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 17349/2019 proposto da:
T.T.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico, n. 38, presso lo studio dell’avvocato Marco Lanzilao, che lo rappresenta e difende per procura speciale estesa in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Napoli depositato il 29 aprile 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio 2021 dal relatore Dott. Marco Vannucci.
RILEVATO
CHE:
Il ricorrente, cittadino del *****, in sede di audizione innanzi alla Commissione territoriale ha narrato di avere lasciato il Paese per il timore di essere ucciso dai ribelli indipendentisti, ai quali era inviso per i messaggi contenuti nelle sue canzoni, o dai suoi stessi fratelli, che temevano ritorsioni per la famiglia e lo avevano minacciato e picchiato. Respinta la richiesta di protezione internazionale dalla competente Commissione territoriale, il ricorrente ha adito il Tribunale di Napoli che, dato atto della mancata comparizione del ricorrente, gli ha negato il riconoscimento sia della protezione internazionale sia di quella umanitaria.
Ha ritenuto il tribunale che le dichiarazioni del richiedente non siano attendibili (perché scarne e inverosimili quanto alla fuga per timore di azioni dei ribelli che non erano mai state poste in essere nei suoi confronti, ben quattro anni dopo il ferimento del fratello nel corso di una festa), e in ogni caso il livello della violenza dei ribelli indipendentisti locali risulta molto diminuito negli ultimi anni dalle COI aggiornate sullo stato del *****, che peraltro consentono di escludere la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata come qualificata dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c); che, quanto alla protezione umanitaria, debba escludersi che il richiedente versi in situazione di particolare vulnerabilità, sotto il profilo oggettivo (la situazione del *****) e sotto quello soggettivo (i timori manifestati dal predetto non sono più attuali, nel luogo di origine vivono ancora la moglie ed i figli, nonché due sorelle, del ricorrente, senza avere problemi con i ribelli).
Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a quattro motivi.
Il Ministero è rimasto intimato.
RITENUTO
CHE:
1.- Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione di norme di legge (D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis) per non avere il tribunale disposto la audizione del richiedente nonostante la indisponibilità della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione.
Il motivo è inammissibile, sia perché non si confronta con la (evidenziata nella decisione) mancata comparizione del ricorrente per essere sentito all’udienza fissata dal tribunale, sia comunque perché si limita ad una generica doglianza senza tenere in alcun conto la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 17717 del 05/07/2018; n. 21584 del 7/10/2020; n. 25312 del 11/11/2020) secondo cui il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti (che debbono essere precisati nel ricorso per cassazione) e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.
2. Il secondo motivo denuncia sia l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente, sia la violazione del dovere del giudice di cooperazione istruttoria.
Anche tale motivo è inammissibile, già per la indistinta denuncia di vizi di violazione di norme di diritto e di omesso esame di (imprecisati) fatti materiali, ma anche per le considerazioni che seguono.
Il corretto svolgimento della attività di cooperazione istruttoria presuppone che tutti i soggetti coinvolti assolvano i propri compiti, poiché anche il richiedente asilo ha il dovere di cooperare per una corretta istruzione della domanda compiendo ogni ragionevole sforzo per motivarla e circostanziarla (art. 13 Direttiva 2013/32/UE e art. 4 Direttiva 2011/95/UE) mentre il compito del giudicante si esplica in termini di integrazione istruttoria (Cass. n. 16411/2019), trattandosi di cooperazione con la parte e non di sostituzione ad essa. Questa Corte, in più occasioni, ha escluso che il giudice, ritenuto inattendibile intrinsecamente il racconto, debba anche assumere informazioni (COI) sul paese di origine (Cass. n. 28862/2018; Cass. n. 33858/2019; Cass. n. 08367/2020).
Nella fattispecie il giudice di merito (cfr. sopra) ha riscontrato genericità nel racconto, che ha peraltro ritenuto in contrasto con le informazioni sulla situazione della Casamance, così da escluderne l’attendibilità. Il motivo di ricorso non si confronta con tale puntuale motivazione, limitandosi a ripetere quanto già esposto e ad affermare apoditticamente che la storia è verosimile e che avrebbe dovuto essere valutata nel contesto sociale della zona di provenienza, senza ulteriori precisazioni, tanto più necessarie a fronte della puntuale disamina della situazione oggettiva compiuta dal tribunale.
3. Del pari inammissibile è il terzo motivo, con cui si denuncia la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).
Nella specie il tribunale ha assolto al dovere di cooperazione istruttoria, assumendo informazioni sul paese di origine da plurime fonti attendibili ed aggiornate, che sono stata esplicitamente menzionate nella decisione (Cass. n. 22527/2020). A tale motivato accertamento di fatto il ricorso oppone del tutto genericamente la propria valutazione di segno opposto, facendo altrettanto generico riferimento ad alcuni reports richiamati e parzialmente trascritti (tra i quali quelli del sito “*****” del Ministero degli Esteri). Sotto questo profilo, la doglianza di violazione del disposto normativo si risolve invece in una inammissibile richiesta di revisione del giudizio di fatto rettamente espresso dal giudice di merito, peraltro mediante un improprio riferimento a criticità e rischi di attentati non integranti la situazione, normativamente prevista, di violenza indiscriminata, in cui, secondo l’indirizzo ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte in coerenza con quella della CGUE, il conflitto armato deve aver raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858/2018, Cass. n. 11103/2019).
4. Lamenta infine il ricorrente la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, limitandosi ad astratte considerazioni e riferimenti di massima ai presupposti della protezione umanitaria e al dovere di integrazione istruttoria d’ufficio senza specifici riferimenti ad alcuna circostanza rilevante ai fini della decisione e senza alcuna specifica censura in ordine alla motivazione del diniego.
5. La declaratoria di inammissibilità del ricorso si impone dunque.
Nulla sulle spese in difetto di regolare costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021