LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18402/2019 proposto da:
I.N., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Praticò;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (CF *****), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 5659/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2021 dal consigliere Dott. Paola Vella.
RILEVATO
CHE:
1. Il cittadino ***** I.N., nato a ***** il *****, ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano del 17/12/2018 che ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Milano gli aveva negato ogni forma di protezione internazionale o umanitaria, ritenendo scarsamente credibile che egli fosse fuggito dal proprio Paese per paura di essere ucciso dai cultisti della confraternita *****, alla quale si era rifiutato di aderire, che avevano ucciso suo padre per vendicarsi della denuncia sporta nei loro confronti;
2. il Ministero intimato ha depositato un “atto di costituzione” per l’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.
CONSIDERATO
CHE:
2.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2,3,5,6,14; D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8; artt. 2,10 Cost., art. 111 Cost., comma 6; artt. 2, 3, 6, 8, 13 Cedu; art. 46 dir. 2013/32; art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 156 c.p.c.; omessa o apparente motivazione; il tutto per non avere la Corte d’appello applicato in modo corretto le norme sull’onere della prova, esperito la doverosa istruttoria e adempiuto al proprio dovere di cooperazione officiosa, nonché per aver trascurato l’istanza istruttoria con cui era stata richiesta (oltre all’audizione del ricorrente) l’ammissione di due documenti che per disguidi postali non erano pervenuti in tempo dalla ***** per l’udienza di primo grado, e quindi per aver escluso la credibilità del ricorrente senza esaminare né menzionare detti documenti (certificato dell’autopsia del corpo del padre dell’appellante e denuncia alla polizia del 1 marzo 2015 che seguiva la denuncia presentata da I. insieme al padre il 10 febbraio 2015);
2.2. il secondo mezzo censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 32, comma 3;D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; artt. 2,10 Cost.; art. 8 Cedu, per avere il giudice d’appello motivato in modo generico e senza sufficiente istruttoria il diniego di protezione umanitaria, nonostante l’esistenza di un documentato rapporto di lavoro part-time a tempo indeterminato in agricoltura;
2.3. il terzo motivo lamenta l’omessa istruttoria e la violazione del dovere di cooperazione officiosa nonché l’errore nella valutazione del rischio D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. b) e c) e dei presupposti della protezione umanitaria;
3. il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti due;
3.1. il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3 prevede che l’esame della domanda debba svolgersi in cooperazione con il richiedente e tenendo conto di tutta la documentazione da questi allegata in ottemperanza del proprio obbligo di collaborazione, dovendo il giudice svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda e nella valutazione complessiva delle risultanze istruttorie (Cass. 6231/2021, 23891/2020, 13944/2020);
3.2. costituisce poi principio costantemente affermato da questa Corte che la valutazione della credibilità del richiedente, da effettuare alla stregua dei criteri indicati dall’art. 3 cit., non può fondarsi su elementi secondari del racconto né sull’opinione soggettiva del giudice e non deve essere condotta in via atomistica, dovendo invece basarsi su una disamina complessiva della vicenda narrata (ex plurimis, Cass. Sez. 1, n. 13944 del 2020);
3.3. di tali principi la corte d’appello non ha fatto buon governo, in quanto, pur dando atto del dettagliato racconto del richiedente, ne ha escluso la credibilità ritenendo, sulla scorta di un’opinione soggettiva non avvalorata da alcuna fonte, che i motivi che avrebbero spinto i membri del culto a scegliere l’appellante come futuro membro (ovvero il fatto che I. percepisse un salario, di cui la setta avrebbe potuto disporre) sarebbero “evanescenti e non credibili” e ravvisando altresì “evidenti elementi di contraddittorietà” in circostanze secondarie (il momento in cui il ricorrente aveva riferito al padre dell’accaduto);
3.4. i giudici di secondo grado hanno inoltre valorizzato un dato del tutto irrilevante, quale la scarsa conoscenza da parte dell’appellante del culto praticato da una setta di cui non era mai entrato a far parte, hanno omesso di apprezzare i documenti da questi prodotti nel grado (certificato di autopsia del padre del ricorrente; denuncia alla polizia del 1 marzo 2015) e non hanno svolto la necessaria integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni generali e specifiche fornite e acquisibili (cfr. Cass. 10751/2021; Cass. 2875/2018, 14998/2015);
3.5. in definitiva, sono rimasti disattesi i criteri di valutazione della credibilità, che richiedono, senza omettere alcun passaggio, di considerare lo sforzo del migrante teso a circostanziare la domanda, gli elementi in suo possesso (nella specie, in particolare, la documentazione pertinente prodotta dal ricorrente), la coerenza e la plausibilità delle dichiarazioni e la data di presentazione della domanda (Cass. 6925/2021; cfr. anche Cass. nn. 11925/2020 e 21142/2019), oltre che l’acquisizione da parte del giudice, in adempimento del proprio potere-dovere di cooperazione istruttoria officiosa, di COI aggiornate ai fini della valutazione di tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d’origine del richiedente (Cass. 14674/2020, 19716/2018, 26921/2017);
4. si impone, dunque, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio del procedimento, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021