Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24345 del 09/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16590/2019 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Trento, piazza Cesare Battisti 26, presso lo studio dell’avv. Andrea Pizzini, che lo rappresenta e difende giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, nella persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 789/2019de1 Tribunale di TRENTO, pubblicato il 18 aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/06/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:

1. B.M., cittadino della *****, ha presentato ricorso al Tribunale di Trento avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Verona del 21 novembre 2017, che gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. Il richiedente aveva dichiarato: che il padre era morto nell'*****, a seguito delle lesioni inflittegli da un poliziotto durante una grande manifestazione di protesta svoltasi a *****, organizzata dal partito di opposizione e estesa all’intero Paese; che il mese successivo i militari, in sua assenza, avevano perquisito la sua casa ed, affermando di aver trovato nell’occasione un kalashnikov, erano tornati dopo tre giorni e lo avevano arrestato; che in prigione lo avevano costretto a confessare che suo padre era un trafficante d’armi e gli avevano detto che anche lui sarebbe stato processato per lo stesso reato; che era riuscito a evadere, saltando su un camion che stava uscendo dal penitenziario, ed aveva deciso di lasciare la *****.

3. Con decreto del 18 aprile 2019 il tribunale adito, per ciò che in questa sede ancora interessa, ha respinto la domanda di protezione sussidiaria rilevando: che le ragioni in base alle quali la C.T. aveva ritenuto inattendibile la vicenda narrata andavano condivise in linea di massima, essendo scarsamente rilevante stabilire se il padre del richiedente fosse stato ucciso dalla polizia durante la manifestazione, tanto più che B. aveva ammesso che il genitore possedeva un fucile fin dal 2006; che non era credibile che la polizia, dopo aver trovato l’arma, non avesse proceduto a nessun arresto nell’immediato, per poi tornare dopo tre giorni; che le dichiarazioni rese dal richiedente nel corso dell’udienza contraddicevano in parte quanto da lui riferito all’organo amministrativo e presentavano ulteriori profili di inattendibilità: in particolare, non si spiegava perché dinanzi alla C.T. il migrante non avesse detto di essere stato torturato in carcere, perché la polizia non gli avesse estorto la confessione della sua personale colpevolezza e perché, nonostante la gravità del reato contestato, egli non fosse stato posto sotto stretta sorveglianza e fosse riuscito ad evadere con facilità; che andava infine escluso che la ***** versasse in una situazione di conflitto armato generalizzato; il giudice ha pure escluso che ricorressero i presupposti per la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, posto che il richiedente, curato da contusioni riportate alla mano e non sottopostosi, per sua libera scelta, a un intervento che avrebbe risolto la non grave patologia scrotale da cui era afflitto, non aveva allegato alcun profilo di sua vulnerabilità e che la documentazione da lui prodotta (contratto di lavoro a tempo determinato scaduto; attestati di partecipazione a corsi organizzati da associazioni che collaborano con la provincia autonoma di Trento in favore di tutti i migranti accolti in un progetto per richiedenti protezione internazionale) non provava che egli si fosse effettivamente integrato in Italia.

4. B.M. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a due motivi.

5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5, 6,7 e 14, nonché D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, per aver il tribunale omesso di adempiere al proprio dovere di cooperazione istruttoria, e perciò erroneamente ritenuto che i gravissimi fatti da lui narrati non fossero riconducibili a un rischio attuale di persecuzione, e per aver inoltre escluso la sua credibilità limitandosi ad aderire alle valutazioni della C.T., neppure tenendo conto della documentazione da lui prodotta, che provava che il ***** la città di ***** era stata teatro di violenti scontri fra manifestanti e polizia (notizia, peraltro, riportata da tutte le fonti di informazione internazionale).

1.1 Il motivo è infondato laddove lamenta l’omessa attivazione dei poteri officiosi del giudice: il tribunale, infatti, una volta ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non era tenuto ad alcun approfondimento istruttorio ulteriore ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), (cfr. Cass., 20 dicembre 2018, n. 33096; Cass., 12 giugno 2019, n. 15794) mentre, in relazione alla fattispecie di cui alla lett. c) della medesima norma, ha indicato la fonte – il rapporto di Amnesty International – in base alla quale ha escluso che la ***** versi in una situazione di violenza indiscriminata.

1.2 Per il resto il motivo è inammissibile, posto che – a fronte dell’ampia motivazione che sorregge il capo del decreto con esso impugnato – si risolve per un verso nella inaccoglibile richiesta di un nuovo giudizio di fatto, in ragione di una pretesa, complessiva erroneità delle valutazioni operate dal giudice del merito (non sindacabili nella presente sede di legittimità se non nei ristretti termini delineati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e, per l’altro, non chiarisce quale sia la decisività della documentazione prodotta (il tribunale ha ritenuto irrilevante accertare se il padre del ricorrente fosse stato – o meno- ucciso dalla polizia nel corso della manifestazione e ha fondato il giudizio di inattendibilità del racconto su altri, numerosi, rilievi), né indica specifiche ed aggiornate fonti di informazione internazionale dalla quali emerga che la ***** è teatro di un conflitto armato generalizzato.

2. Col secondo mezzo il ricorrente denuncia, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, per aver il tribunale respinto la domanda di protezione umanitaria delegittimando il suo percorso di integrazione sociale, solo perché le attività da lui svolte erano state organizzate da associazioni che offrono la stessa possibilità a tutti i migranti accolti nel progetto, e omettendo inoltre di tener conto delle sue condizioni di salute, del fatto che ha intrapreso un percorso di studi triennale serale presso un istituto professionale, per specializzarsi come operatore meccanico, e che, tornando in *****, sarebbe costretto a vivere in una situazione di assoluta precarietà e indigenza, tale da compromettere l’esercizio dei suoi diritti fondamentali.

2.1 Il motivo, illustrato unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione, è inammissibile, sia perché anch’esso volto, in buona parte, ad ottenere un diverso apprezzamento nel merito delle circostanze (corsi di apprendimento; condizioni di salute di B.) sulle quali il tribunale ha fondato la decisione, sia perché non contrasta l’accertamento del giudice, in ordine alla mancata allegazione di specifici profili di vulnerabilità del richiedente e della non provata sua integrazione in Italia, attraverso la precisa indicazione del come e del quando siano stati introdotti in giudizio i fatti storici (situazione di assoluta precarietà e indigenza delle condizioni di vita in *****; frequentazione scolastica) che non sarebbero stati esaminati e che si assumono decisivi ai fini dell’accoglimento della domanda.

Nulla deve disporsi sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472