Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.24410 del 09/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4423-2020 proposto da:

H.K., HA.KL., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA MAZZINI 8, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA LAURA CECCHINI, rappresentati e difesi dall’avvocato CONSUELO FEROCI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. cronologico 218/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositato il 26/07/2019 R.G.N. 146/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Ancona, con decreto del 26.7.2019, ha rigettato il reclamo proposto da HA.Kl. e H.K., cittadini ***** e genitori di tre figli minori, avverso il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Ancona che aveva respinto l’istanza presentata ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 diretta a sentire dichiarare il diritto alla loro permanenza in Italia, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del Testo Unico sull’Immigrazione, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico dei figli minori presenti in Italia.

2. La Corte di appello ha affermato che, dai dati risultanti dalla relazione redatta dal competente assistente sociale in ordine alla famiglia dei ricorrenti, non era risultato inficiato quanto affermato dal primo giudice circa il dato ineludibile della breve durata del periodo di permanenza dei minori sul territorio italiano alla data della relativa richiesta; inoltre, ha precisato che la ricostruzione della storia familiare aveva evidenziato che la figlia maggiore non aveva sempre vissuto con i genitori, essendo stata lasciata in ***** con i nonni seppure al fine di consentirle di ultimare positivamente il percorso scolastico ivi intrapreso, di talché era da escludere la configurabilità di difficoltà di ambientamento in un contesto dove, in particolare, la predetta figlia maggiore (nata nel *****) aveva vissuto fino a poco prima e dove la famiglia era inserita in un contesto familiare di sostegno, come dimostrato dal fatto di avere potuto fare affidamento su di essa al punto di lasciare la figlia in *****.

3. Avverso tale provvedimento HA.Kl. e H.K. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3 Testo Unico Immigrazione; in particolare, sull’interpretazione del concetto di “gravi motivi” in senso restrittivo, adottato dalla Corte territoriale, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità prevalente a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite n. 21779/2010, non essendo stato effettuato, nel caso in esame, il giudizio prognostico sui danni allo sviluppo scio-fisico dei minori in ipotesi di rimpatrio.

3. Con il secondo motivo si censura il provvedimento impugnato perché emesso in violazione palese del fondamentale diritto all’unità familiare, con l’imposizione al nucleo familiare di drastici cambiamenti.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione dell’art. 19 Testo Unico sull’Immigrazione; in particolare, in relazione all’art. 9 e ss. della Convenzione sui Diritti del Fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 ratificata con L. n. 176 del 1991, per il divieto di espulsione di soggetti minori e diritto all’unità familiare; sostengono che la Corte di merito aveva, in pratica, deliberato una “espulsione di fatto” dei minori A. e L. e con loro aveva condannato anche la ultima figlia ( A. nata a *****) a subire un rimpatrio in *****, perché essi erano costretti a seguire i genitori.

5. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 31 testo Unico dell’Immigrazione, per carenza ed illogicità della motivazione sul giudizio prognostico in ordine alla sussistenza in prospettiva di un danno grave ed irreparabile allo sviluppo psico-fisico dei minori in questione.

6. Per questioni di pregiudizialità logico-giuridica, deve essere esaminato preliminarmente il terzo motivo.

7. Esso è inammissibile.

8. Invero, la L. n. 40 del 1998, art. 19, comma 2, lett. a) statuisce che la espulsione di stranieri minori di 18 anni non è consentita, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulso.

9. La pronuncia della Corte territoriale non ha violato la suddetta disposizione, ma ha valutato unicamente le condizioni di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3 ai fini della permanenza in Italia del nucleo familiare, per un periodo di tempo determinato e in deroga alle altre disposizioni del Testo Unico sull’immigrazione, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico dei minori presenti in Italia.

10. Non è stata quindi disposta, con il provvedimento impugnato, sia pure “di fatto”, alcuna espulsione di minori stranieri, di talché la doglianza non è pertinente alla decisione adottata e, in quanto tale, inammissibile.

11. Il primo, il secondo ed il quarto motivo, che per la loro connessione logico-giuridica, possono essere esaminati congiuntamente, sono invece fondati e vanno accolti per quanto di ragione.

12. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la speciale autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in territorio italiano, prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, in favore del familiare del minore straniero che si trovi in Italia, si fonda sul presupposto che, ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. a) D.Lgs. cit., quest’ultimo non può essere espulso. Ne consegue che la valutazione delle condizioni per il rilascio di detta autorizzazione non può esaurirsi in un giudizio sul radicamento del minore sul territorio italiano. Tale considerazione può essere utilizzata solo come elemento integrativo, che concorre alla formulazione del giudizio prognostico, il quale deve fondarsi, indefettibilmente, sull’accertamento, secondo un giudizio probabilistico, del nesso causale tra l’allontanamento coattivo del genitore e i verosimili effetti pregiudizievoli sull’equilibrio psico-fisico del minore (Cass. n. 15642/2020; Cass. n. 15643/2020; Cass. n. 15658/2020).

13. Inoltre, è stato precisato che, con riguardo alla autorizzazione alla permanenza in Italia del genitore del minore D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 31, comma 3, la valutazione prognostica deve avere ad oggetto l’accertamento della sussistenza di “gravi motivi” connessi allo sviluppo psico-fisico del minore, valutati caso per caso, senza che possa assumere rilievo esclusivo o preminente una prognosi negativa circa le prospettive di integrazione dei genitori in Italia, dato che in tal modo si sposterebbe l’oggetto del giudizio dalle esigenze esistenziali ed educative dei figli, che costituiscono la ratio della norma, alla condizione dei genitori (Cass. n. 27238/2020).

14. Infine, si è sottolineato che, in tema di rilascio dell’autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore del minore, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 31, la vulnerabilità di minori nati in Italia ed integrati nel tessuto socio-territoriale e nei percorsi scolastici, deve essere presunta, in applicazione dei criteri di rilevanza decrescente dell’età, per i minori in età prescolare, e di rilevanza crescente del grado di integrazione, per i minori in età scolare. Ne consegue che la condizione di vulnerabilità di tali minori deve essere ritenuta prevalente, sino a prova contraria, rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, dovendosi dare primario rilievo al danno che deriverebbe loro per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia alcun concreto rapporto (Cass. n. 18188/2020).

15. Ciò perché ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, la presenza di figli minori del richiedente rappresenta uno degli elementi che devono essere considerati nell’apprezzamento circa la sussistenza della vulnerabilità del genitore, atteso che la presenza della prole minore in Italia si risolve in una condizione familiare idonea a dimostrare, da un lato, una peculiare fragilità, tanto dei singoli componenti della famiglia che di quest’ultima nel suo complesso e, dall’altro lato, uno specifico profilo di radicamento del nucleo sul territorio nazionale, in dipendenza dell’inserimento dei figli nei percorsi sociali e scolastici esistenti in Italia e, quindi, della loro naturale tendenza ad assimilare i valori ed i concetti fondativi della società italiana (Cass. n. 5506/2021).

16. Tanto premesso, nella fattispecie in esame, la Corte di merito non si è conformata a tali principi in quanto si è concentrata esclusivamente sul profilo del radicamento dei minori in Italia e, in particolare, su quello della prima figlia, ma non ha assolutamente valutato l’ulteriore e determinante aspetto degli effetti pregiudizievoli, causati dall’eventuale allontanamento dall’Italia, che possono verificarsi sull’equilibrio psico-fisico di tutti e tre i minori, secondo il giudizio prognostico richiesto dalla giurisprudenza di legittimità.

17. Inoltre, la Corte di merito non si è posta il problema, che sicuramente meritava di essere approfondito attesa la particolare articolazione della situazione familiare, della conservazione dell’unità familiare che sicuramente va, nella fattispecie, tutelata nel suo complesso e non in modo atomistico e senza che, soprattutto, la valutazione su uno dei componenti della famiglia possa prevaricare su quella degli altri.

18. Alla stregua di quanto esposto il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame sulla base dei principi e delle indicazioni sopra esposti e provvederà, altresì, alla regolazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo per quanto di ragione, inammissibile il terzo; cassa il provvedimento in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di Ancona – Sezione Minori -, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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