Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.24426 del 09/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31027-2019 proposto da:

A.I., rappresentato e difeso dall’avv.to GIUSEPPE LUFRANO;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE ANCONA;

– intimato –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA n. 10731/2019 depositata il 10/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO

che:

1. A.I., proveniente dal *****, ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Ancona che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto alcuni predicatori che erano giunti nel suo villaggio volevano costringerlo ad arruolarsi nella *****: dopo essersi rifiutato di combattere, era stato sequestrato. Riuscito a fuggire, tornava a casa ma temendo per la propria incolumità, anche su invito dei familiari, si era allontanato dal ***** dove rischiava di essere ucciso.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 la violazione e falsa applicazione della L. n. 46 del 2017, artt. 1 e 2 nonché dell’art. 276 c.p.c., laddove il giudice davanti al quale si è tenuta la discussione ed ha tenuto in riserva la decisione risulta essere un GOT, non facente parte della sezione specializzata né del collegio giudicante che aveva deciso la controversia.

2. Con il secondo motivo, lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), per aver escluso resistenza nel paese di provenienza di una situazione di violenza indiscussa ed incontrollata.

3. Con il terzo motivo, lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 T.U.I. per non aver ritenuto sussistenti le condizioni di vulnerabilità del ricorrente in caso di rientro forzoso in patria.

4. Il primo motivo è inammissibile.

4.1. La censura proposta, infatti, manca di specificità ed autosufficienza. Il ricorrente prospetta, in rubrica, che l’udienza di discussione sarebbe stata tenuta da un GOT che avrebbe rimesso la causa al “giudice tutelare” (cfr. pag. 4 primo cpv del ricorso).

4.2. Nella parte argomentativa della censura, invece, il ricorrente denuncia che la decisione sarebbe stata assunta da un Collegio del quale il giudice onorario non faceva parte, con conseguente nullità di essa.

4.3. Le confuse allegazioni prospettate non consentono a questa Corte di comprendere quale fosse la critica che si intendesse muovere alla decisione, ragione per cui la censura deve essere dichiarata inammissibile, pur non essendo inutile segnalare che la questione relativa alla delega dell’audizione del richiedente al GOT che non faccia poi parte del collegio giudicante è stata recentemente affrontata da Cass. SU 5425/2021 che, componendo il contrasto formatosi fra le sezioni semplici, ha affermato che “non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11 tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta.”

5. Il secondo motivo è inammissibile per mancanza di specificità.

5.1. Il ricorrente, infatti, omette di dedurre a quali fattispecie del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 intenda riferirsi.

5.2. Al riguardo, vale solo la pena di rilevare che a fronte di una negativa valutazione della credibilità del racconto, statuizione che non è stata oggetto di censura, il ricorrente non ha precisato se la critica prospettata intendesse riferirsi all’ipotesi di cui l D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) per le quali la valutazione positiva della credibilità del racconto è preliminare ed imprescindibile; o all’ipotesi di cui all’art. 14, lett. c).

5.3. In tale situazione – in cui il grave danno prospettato – non viene riferito ad uno specifico rischio predicato dalla norma invocata, la censura non può essere esaminata perché è conformata in modo tale da non consentire a questa Corte di apprezzare l’errore denunciato.

6. Il terzo motivo, invece, è fondato.

6.1. Il ricorrente lamenta infatti che il Tribunale avrebbe sovrapposto l’apprezzamento svolto per le protezioni maggiori con quello formulato per la protezione umanitaria, rispetto alla quale sarebbe stata apoditticamente esclusa la sussistenza di una condizione di vulnerabilità senza alcun accertamento della situazione del paese di origine, soprattutto in relazione alle garanzie fornite ai cittadini sulla tutela dei diritti fondamentali: lamenta che non sarebbe stato sviluppato alcun accertamento fondato su COI attendibili ed aggiornate rilevanti ai fini della specifica questione che è ha presupposti diversi rispetto a quelli relativi alle altre fattispecie invocate.

6.2. Ed, effettivamente, il Tribunale erra nel riferirsi a quanto tratto complessivamente e genericamente dalle informazioni sulle condizioni sociopolitiche del paese di provenienza in relazione alle protezioni maggiori, sia perché l’oggetto dell’accertamento sulla tutela dei diritti fondamentali non risulta in esse specificamente contemplato, sia perché le fonti di riferimento appaiono in parte risalenti (report UNCHR 2017) ed in parte non riconducibili a quelle considerate attendibili dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 (si richiama una relazione del Pak Institute for Peace Studies (P.I.P.S.) che è un centro di studi ***** sulla pace non riconducibile alle fonti cui si riferisce la norma teste’ richiamata).

6.3. Tale omissione mostra una valutazione della fattispecie e, soprattutto, della vulnerabilità, inidonea a fondare un credibile giudizio di comparazione (cfr. Cass. 4455/2018 e Cass. SU 29459/2019).

6.4. Questa Corte, al riguardo, ha avuto modo di affermare che “in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, oltre che a quella vissuta nel paese di transito, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione”(cfr. Cass. 13079/2019; Cass. 8571/2020; Cass. 20642/2020; Cass. 198/2021).

6.5. Il Tribunale non ha osservato i principi sopra richiamati: il decreto, pertanto, deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, per il riesame della controversia, in relazione al motivo accolto, alla luce del principio di diritto sopra evidenziato e di quelli che seguono:

“secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire”;

“il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge”;

“il riferimento alle fonti ufficiali aggiornate, attendibili e specifiche rispetto alla situazione individuale dedotta configura un dovere del giudice che giammai potrà determinare una inversione, a carico del richiedente, dell’onere postulato dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 e dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3”.

7. Il Tribunale di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie terzo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo ed il secondo; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Ancona in diversa composizione anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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