LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21428/2019 proposto da:
H.J., rappresentato e difeso dall’avv. ANTONIO FRATERNALE;
– ricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso, AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 18/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/03/2021 dal Consigliere e Presidente Dott. FELICE MANNA.
RITENUTO IN FATTO
H.J., cittadino bengalese nato nel *****, proponeva ricorso avverso il provvedimento col quale la Commissione territoriale di Ancona aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale o umanitaria. A base della domanda, la necessità di emigrare dal Bangladesh a causa delle continue alluvioni che avevano distrutto la sua abitazione e danneggiato l’intera regione.
Il Tribunale di Ancona, con Decreto n. 7962 del 2019, rigettava il ricorso. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, riteneva che i fatti allegati non fossero riconducibili né al riconoscimento dello status di rifugiato, né alla protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c); e che, infine, le catastrofi naturali della zona del delta del Gange e degli altri grandi fiumi vicini erano frequenti e connaturate alla natura stessa del Paese d’origine, posto 12 mt. al di sotto del livello del mare, sicché neppure era applicabile il permesso per calamità previsto dal D.L. n. 113 del 2018.
Avverso tale decreto il richiedente propone ricorso, affidato a quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno si è limitato a depositare un “atto di costituzione”, in vista dell’eventuale discussione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Col primo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 9, in quanto ai fini dell’esame della domanda di protezione sussidiaria, la situazione generale interna del Bangladesh sarebbe stata operata in modo stereotipato, con adesione acritica alle fonti d’informazione e senza esercitare i connessi poteri officiosi d’indagine, affinché ogni domanda sia esaminata alla luce di informazioni aggiornate.
1.1. – Il motivo è inammissibile sia per la sua genericità e intrinseca contraddittorietà, poiché non solo enuncia carenze informative per nulla circostanziate, ma altresì lamenta l’adesione acritica a COI (acronimo di Country of Origin Information) di cui, pure, richiede una consultazione aggiornata. Il tutto senza neppure allegare che esistano diverse e più aggiornate fonti qualificate da cui sia possibile trarre informazioni di contenuto diverso da quello riportato diffusamente nel decreto impugnato.
2. – Il secondo mezzo espone la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, perché il Tribunale avrebbe omesso ogni motivazione sulla domanda di protezione umanitaria, e contraddittoriamente dapprima escluso la portata retroattiva del D.L. n. 113 del 2018, per poi applicarlo escludendo che ricorressero le condizioni del permesso per calamità ivi introdotto.
2.1. – Anche tale motivo è inammissibile perché aggredisce una parte del provvedimento impugnato priva di incidenza decisoria, atteso che la pur erronea verifica dell’ipotesi applicativa del T.U. n. 286 del 1998, art. 20-bis, inserito dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, lett. h), nulla aggiunge e nulla sottrae alla decisione di merito e ai restanti profili censurati.
3. – Per identiche ragioni è inammissibile anche il terzo motivo, che pure si limita a denunciare la violazione o falsa applicazione retroattiva del D.L. n. 113 del 2018, senza trarne conseguenze di sorta sul rimanente decisum.
4. – Il quarto mezzo deduce la violazione o falsa interpretazione del D.L. n. 13 del 2017, artt. 1 e 2 e dell’art. 276 c.p.c., perché l’udienza fissata a causa della mancata videoregistrazione del colloquio, l’unica tenutasi e in cui sono state rassegnate le conclusioni, si è svolta innanzi ad un G.O.T. (Giudice onorario di Tribunale), il quale a sua volta non ha composto il collegio giudicante, con la conseguente nullità ex art. 158 c.p.c., per vizio della costituzione del giudice.
4.1. – Il motivo è infondato.
Le S.U. di questa Corte hanno recentemente chiarito che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta (sentenza n. 5425/21).
5. – In conclusione il ricorso va respinto.
6. – Nulla per le spese, non avendo il Ministero intimato svolto una rituale attività difensiva.
7. – Ricorrono i presupposti processuali per il raddoppio, a carico del ricorrente, del contributo unificato, se dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021