Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24500 del 10/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10353/2019 proposto da:

F.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Esposito, per procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che per legge lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli depositato il 20 settembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29 gennaio 2021 dal relatore Dott. Marco Vannucci.

RILEVATO

Che:

Il ricorrente, cittadino del Gambia, ha narrato di avere lasciato il Paese a seguito delle minacce violentemente rivoltegli da suo fratello a seguito di un furto, perpetrato da sconosciuti, di beni della sua famiglia che erano a lui stati affidati in custodia dopo la morte del padre. Respinta la richiesta di protezione internazionale dalla competente Commissione territoriale, il ricorrente ha adito il Tribunale di Napoli che, proceduto a libero interrogatorio, gli ha negato il riconoscimento sia della protezione sussidiaria sia di quella umanitaria.

Ha ritenuto il tribunale, da un lato, che le dichiarazioni del r.a. apparivano scarsamente verosimili essendo peraltro non circostanziate in alcun modo su alcuni elementi essenziali; che dalle COI aggiornate sullo stato del Gambia non emerge alcun rischio di danno grave come qualificato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; e che, quanto alla protezione umanitaria, debba escludersi che il r.a. versi in situazione di particolare vulnerabilità, sotto il profilo oggettivo (la situazione del Gambia) e sotto quello soggettivo (in mancanza di alcuna allegazione specifica circa ragioni di vulnerabilità individuale, avendo solo il r.a. fatto generico riferimento al transito per la Libia).

Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi ad un motivo.

Resiste il Ministero con controricorso.

RITENUTO

Che:

1.- Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione al diniego della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché la “illogicità e mancanza della motivazione”.

2. Il ricorrente deduce in primo luogo, con riguardo alla protezione sussidiaria, che erroneamente il tribunale ha ritenuto non credibile il suo racconto, dato che questo invece “risultava credibile”; che del pari erronea era la affermazione circa la insussistenza in Gambia di una situazione di violenza indiscriminata, e in ogni caso la minaccia alla sua vita era individuale, stante la azione violenta posta in essere per vendetta nei suoi confronti, tanto più pericolosa per la incapacità delle autorità statali del Gambia di prevenire e reprimere il crimine, e per la corruzione notoriamente ivi diffusa.

Tali doglianze sono inammissibili.

Quanto alla non credibilità del racconto, il tribunale ha puntualmente e chiaramente indicato le ragioni di tale valutazione in fatto (rilevando, oltre alla estrema genericità, la mancanza di giustificazioni apprezzabili della mancata denuncia del furto di imprecisati beni), con le quali il ricorso non si confronta minimamente, limitandosi sul punto ad affermare apoditticamente che il racconto “era credibile”.

Con riferimento al rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il tribunale ha assolto al dovere di cooperazione istruttoria, assumendo informazioni sul paese di origine da una fonte attendibile ed aggiornata (Report EASO marzo 2017) che è stata esplicitamente menzionata nella decisione (Cass. n. 22527/2020). A tale motivato accertamento di fatto il ricorso oppone del tutto genericamente la propria valutazione di segno opposto, facendo altrettanto generico riferimento a imprecisate “sentenze del Giudice di merito” che si è riservato di produrre. Sotto questo profilo, la doglianza di violazione del disposto normativo si risolve invece in una richiesta di revisione del giudizio di fatto rettamente espresso dal giudice di merito, richiesta evidentemente estranea alla verifica di legittimità.

3. – Lamenta inoltre il ricorrente la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché (peraltro contraddittoriamente) la “illogicità e mancanza” della motivazione, deducendo che ha errato il tribunale a non riconoscere la protezione umanitaria, visto il livello di integrazione da lui raggiunto nel tessuto sociale italiano, grazie alle attività formative di una Onlus che lo ha accolto e che gli sta anche consentendo un stabile inserimento nel tessuto lavorativo italiano, come già rappresentato al tribunale.

La doglianza è inammissibile in quanto con essa si sollecita la revisione del giudizio di fatto operato dalla Corte nella decisione, dalla quale non emerge alcuna circostanza riguardante l’integrazione nel tessuto lavorativo italiano che il ricorrente avrebbe – peraltro genericamente – allegato in sede di merito.

Il motivo di ricorso è peraltro anche qui generico, limitandosi a riferimenti di massima ai presupposti della protezione umanitaria e al dovere di integrazione istruttoria d’ufficio senza specifici riferimenti ad alcuna circostanza rilevante ai fini della decisione.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna del soccombente al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore del controricorrente delle spese di questo giudizio, in Euro: 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021

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