Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24646 del 13/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10540-2020 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELL’UNITA’ 13, presso lo studio dell’avvocato LUISA RANUCCI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 25874/2019 del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositata il 01/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- T.M. ha convenuto avanti al giudice di pace di Roma la s.p.a. Monte di Paschi di Siena, chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 217,50.

Ha dedotto, al riguardo, di avere avuto con tale società una controversia avanti al Tribunale di Roma, conclusasi a proprio favore e con condanna di controparte alla rifusione delle spese di giudizio. In esito a questa lite, peraltro, l’amministrazione finanziaria gli aveva chiesto il pagamento dell’imposta di registro: avendo egli provveduto a corrisponderla veniva, per l’appunto, a chiedere il rimborso della somma al debitore.

Nel costituirsi, il Monte dei Paschi ha eccepito l’inammissibilità della domanda, posto che l’attore avrebbe potuto far valere la pretesa in questione sulla base del titolo originario, come formato dalla sentenza del Tribunale romano.

Il giudice di pace ha accolto la domanda attorea, rilevando che la “pretesa azionata si fonda su una somma liquidata dall’amministrazione finanziaria successivamente alla sentenza di condanna alle spese di lite e versata personalmente da parte attrice, con la conseguenza che parte attrice deve necessariamente munirsi di nuovo titolo nel quale risulti comprovata la liquidazione della somma e l’avvenuto pagamento dell’imposta”.

2.- Avverso questo provvedimento la s.p.a. Monte dei Paschi di Siena ha presentato ricorso per cassazione, ordinato su quattro motivi.

T.M. non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

Il ricorrente ha anche depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.- I motivi di ricorso enunciano i vizi che qui di seguito vengono riportati.

Primo motivo: “nullità della sentenza di primo grado per assenza o mera apparenza della sua motivazione”.

Secondo motivo: “violazione e/o falsa applicazione di legge relativamente all’insussistenza di interesse ad agire dell’avv. M.T.”.

Terzo motivo: “violazione e/o falsa applicazione di legge relativamente all’intervenuta violazione del principio del ne bis in idem”.

Quarto motivo: “omesso esame dell’abusivo tentativo di riprodurre titoli esecutivi già esistenti e di parcellizzare il credito, da intendersi come fatto decisivo per il giudizio”.

4.- Con questi motivi, il ricorrente rileva, in via consecutiva, che la sentenza impugnata non ha indicato le ragioni per cui ha ritenuto sussistente il diritto dell’attore di ottenere un titolo esecutivo per il recupero delle spese di registrazione, pur in presenza di un provvedimento già costituente titolo esecutivo per quella particolare voce (primo motivo); che comunque, l’attore non aveva interesse ad agire, posta appunto la presenza in essere di un titolo esecutivo che già gli assicurava il risultato perseguito con la nuova azione (secondo motivo);

che il giudice di pace ha violato il principio del ne bis in idem, visto che il diritto dell’attore a ottenere il rimborso delle spese di registrazione era già stato “implicitamente accertato dal sentenza” del Tribunale (terzo motivo); che il giudice del merito non ha considerato il fatto che il comportamento dell’attore veniva, nei fatti, a integrare gli estremi dell’abuso del diritto (quarto motivo).

Come si vede, il primo e il secondo motivo di ricorso si manifestano intimamente legati tra loro, sì che gli stessi vanno esaminati in modo unitario.

5.1.- Il primo e il secondo motivo di ricorso sono fondati.

5.2.- In proposito, occorre osservare che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che – di per sé – “il creditore, ancorché munito di un titolo esecutivo, può procurarsene un altro, non esistendo nell’ordinamento alcun divieto assoluto di duplicazione di titoli”. Questa possibilità incontra, tuttavia, una serie di limiti e condizioni, dovendosi coordinare con le altre regole informanti l’ordinamento processuale.

Tra le altre cose occorre, in particolare, che sussista in concreto un interesse ad agire in relazione al conseguimento dell’ulteriore titolo esecutivo. Tale principio – si è osservato “non consente l’introduzione di giudizi dai quali il creditore non possa trarre alcun vantaggio giuridico concreto”, perché l’ulteriore titolo non viene a portare “nessuna maggiore garanzia, tutela o vantaggio rispetto al primo” (Cass., 28 agosto 2019, n. 21768).

5.3.- Che è quanto avviene nel caso concretamente in esame, posto che, “tra le spese giudiziarie da porre a carico della parte soccombente ai sensi dell’art. 91 c.p.c., va certamente compresa l’imposta di registrazione della sentenza, la quale è riscossa per la fruizione del servizio pubblico dell’amministrazione della giustizia e trova quindi causa immediata nella controversia” (cfr. Cass., 1 aprile 2014, n. 7532).

5.4.- L’accoglimento di primi due motivi di ricorso comporta assorbimento dei rimanenti motivi.

6.- In conclusione, il ricorso va accolto e va cassata la sentenza impugnata. Non si rappresenta la necessità di ulteriori accertamenti in fatto; perciò la Corte può decidere la causa nel merito, rigettando il ricorso proposto avanti al giudice di pace di Roma.

Le spese vanno rideterminate, dando corso alla regola della soccombenza. Le stesse vengono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso presentato avanti al giudice di pace di Roma.

Condanna T.M. al pagamento delle spese processuali, che liquida, per il giudizio di merito, in Euro 600,00 e, per il giudizio di legittimità, in Euro 2.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre in ogni caso accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge massima.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2021

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