LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17613-2019 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PAPARESCHI 11, presso lo studio dell’avvocato VALERIO VITALE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO LEONE;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI SIENA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1474/2018 del TRIBUNALE di SIENA, depositata il 19/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa Casadonte Annamaria.
RILEVATO
che:
– il sig. S.A. ha impugnato per cassazione la sentenza del Tribunale di Siena che ha respinto l’appello avverso la sentenza di prime cure di rigetto dell’opposizione da lui proposta nei confronti del verbale di accertamento della violazione dell’art. 218 C.d.S., comma 6, perché colto alla guida di veicolo nonostante la precedente sospensione della patente di guida;
– a fondamento del rigetto dell’opposizione era stata ritenuta assorbente la considerazione della mancata prova dell’invocata sussistenza della scriminante dello stato di necessità e: aveva infatti allegato l’opponente di avere dovuto dirigeresi quanto più rapidamente possibile verso l’ospedale per prestare assistenza al cognato che aveva accusato un forte malore;
-in subordine l’opponente aveva allegato lo stato di necessità putativo;
– il giudice d’appello aveva escluso la ravvisabilità della suddetta scriminante sulla scorta della tradizionalmente riconosciuto operatività in casi limite della stessa, quando cioè non sia esigibile in concreto una condotta alternativa;
– nel caso di specie, incontestata la guida da parte dell’opponente, il tribunale ha ritenuto di non poter desumere dalla documentazione depositata, e in particolare dei referti medici riportanti la diagnosi di “cefalea” nei confronti del cognato, i sintomi di un patologia di gravità tale da giustificare la sostituzione alla guida; al contraio, secondo il tribunale era possibile chiamare il 118 o assumere un farmaco per contrastare la cefalea ed attendere che lo stesso facesse effetto;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta con ricorso affidato a due motivi;
– non ha svolto attività difensiva l’intimata prefettura.
CONSIDERATO
che:
– il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sull’invocata sussistenza dello stato di necessità putativa pure ampiamente invocata dal ricorrente;
– la censura è inammissibile perché formulata in termini difformi da quelli previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ratione temporis applicabile a seguito della motifica introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con L. n. 134 del 2012;
-il ricorrente, invero, non denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, dedotto in sede di merito e trascurato dal tribunale benché idoneo a generare nell’agente la convinzione di trovarsi di fronte ad uno stato di necessità;
– d’altro canto il tribunale ha ritenuto che le valutazioni svolte con riguardo all’insussistenza di una situazione in qualche modo riconducibile allo stato di necessità sia assorbente di ogni altra questione (cfr. ultimo rigo a pag. 3 della sentenza);
– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e o falsa applicazione degli artt. 54 c.p. e della L. n. 689 del 1981, art. 4 per avere la pronuncia impugnata erroneamente interpretato le disposizioni in materia di scriminante dello stato di necessità, non considerando che il ricorrente aveva agito alla luce di un pericolo imminente ingenerato dall’erronea persuasione di trovarsi nella situazione in cui l’unico concreto e realistico rimedio a fronte della cefalea con episodi di vomito del cognato fosse il raggiungimento in qualunque modo del presidio di Pronto Soccorso, mettendosi pertanto alla guida del veicolo;
– la censura è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. perché il tribunale ha fatto applicazione delle disposizioni citate in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un. 7155/2017);
-costituisce, infatti, orientamento consolidato che in tema di sanzioni amministrative, l’esimente dello stato di necessità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 4, in applicazione degli artt. 54 e 59 c.p., presuppone la sussistenza di un’effettiva situazione di pericolo imminente di un grave danno alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero l’erronea convinzione, provocata da concrete circostanze oggettive, di trovarsi in tale situazione (cfr. Cass. 16155/2019 che ha confermato la sentenza di merito che ha negato la sussistenza dello stato di necessità invocato sulla base del mero convincimento soggettivo da parte del trasgressore che la madre versasse in condizioni di pericolo; nello stesso senso Cass. 14286/2010);
– ciò posto il tribunale si è attenuto a tale principio e la critica del ricorrente è destinata all’inammissibilità poiché nessun accertamento in ordine all’esistenza di fatti idonei ad ingenerare nell’agente la convinzione di trovarsi di fronte ad uno stato di necessità è rinvenibile nella sentenza impugnata;
– il ricorso va dunque dichiarato inammissibile;
– nulla va disposto sulle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 24 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021