LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1086-2020 proposto da:
C.G., rappresentata e difesa dall’avv. GRAZIANO STRINGO in forza di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.S., CA.SA., rappresentati e difesi dall’avv. CARMELA NAPOLI;
– controricorrenti –
C.C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1280/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 04/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Per quanto interessa in questa sede il Tribunale di Siracusa, Sez. Dist. Di Augusta, nella causa promossa da C.S. e C.S. nei confronti delle sorelle C.C. e C.G. in relazione alla successione del comune genitore C.V., rigettava la domanda principale degli attori, i quali avevano chiesto annullarsi, per incapacità del disponente, la donazione modale elargita dal defunto in favore delle convenute (donazione e cessione a titolo gratuito, con obbligo di assistenza, della quota di 1/2 di un immobile; la restante quota di 1/2 del medesimo immobile apparteneva all’altro genitore, che con il medesimo atto l’aveva trasferita alle due figlie); ha accolto la domanda subordinata di riduzione della stessa donazione, detraendo dal valore di essa i servizi resi dalle donatarie in favore del padre donante.
La Corte d’appello di Catania ha confermato, sempre per la parte che interessa in questa sede, la decisione.
Per la cassazione della sentenza C.G. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi.
Il primo denuncia la nullità della sentenza per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del coniuge del defunto, parte necessaria sia con riferimento alla domanda di annullamento dell’atto, sia in ordine alla domanda di riduzione.
Con il secondo motivo la ricorrente si duole perché la corte d’appello avrebbe dovuto conteggiare nell’asse ulteriori beni oggetto di donazione in favore degli attori, che risultavano dalla produzione documentale. Con il terzo motivo si sostiene che non occorreva invece conteggiare nell’asse il bene oggetto dell’atto impugnato, trattandosi di atto a titolo oneroso e non gratuito. Con il quarto motivi la ricorrente si duole perché la corte d’appello avrebbe dovuto detrarre dal valore della supposta liberalità i servizi resi in favore di ambedue i donanti cedenti, attesa l’unitarietà dell’atto.
C.S. e C.S. hanno resistito con controricorso. C.C. è rimasta intimata.
Il ricorso è stato fissato dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza.
La ricorrente ha depositato memoria.
Il primo motivo è inammissibile.
In relazione alle domande volte a fare accertare l’invalidità negoziale, esse sono state rigettate in primo grado e la relativa pronuncia, favorevole per l’attuale ricorrente, non è stata impugnata, conseguendone che il rilievo del supposto difetto di contraddittorio incorre nella preclusione derivante dal giudicato (Cass. n. 1501/1980; n. 7699/2001; n. 3024/2012).
Quanto all’analogo rilievo relativo alla domanda di riduzione, questa non è soggetta a litisconsorzio necessario né dal lato attivo né dal lato passivo (Cass. n. 8529/1996; n. 2174/1998 n. 2714/2005; n. 27770/2011; n. 17926/2020).
Il secondo motivo è inammissibile. Si propone una questione (la supposta incompletezza della riunione fittizia) che non è menzionata nella sentenza impugnata, il che imponeva, a pena di inammissibilità, che le relative censure fossero formulate diversamente (Cass. n. 20694/2018; n. 15430/2018).
Il terzo motivo è inammissibile.
La qualificazione dell’atto quale donazione è data per pacifica dalla corte d’appello, discutendosi solo della incidenza dell’onere.
Nella memoria si insiste nel sottolineare che nell’atto di appello il negozio fu qualificato quale donazione modale. Il rilievo non scalfisce la correttezza della decisione in merito alla inclusione del bene nella massa. Infatti, le donazioni modali sono soggette a riunione fittizia per il valore al netto dell’onere, che nella specie è stato correttamente detratto dalla corte d’appello nei limiti in cui essa ha ritenuto che il beneficio fosse andato in favore del donante.
E’ inammissibile anche il quarto motivo.
La considerazione della corte d’appello, in ordine al fatto che non erano conteggiabili, nella successione paterna, i servizi resi dalle donatarie in favore della madre, è pienamente condivisibile. Il rilievo che l’assistenza era dovuta in favore di entrambi i genitori “donanti-cedenti” (pag. 12 del ricorso) non fornisce argomento per fondare il diritto di detrazione per prestazioni effettuate in favore di persona diversa dal donante della cui successione si trattava.
In quanto all’errore di conteggio, ventilato con il motivo in esame, la censura non si coordina con alcuna affermazione della sentenza impugnata: essa, pertanto, così come proposta, è inammissibile.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.
Ci sono le condizioni per dare atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente, al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 3,000,00 (tremila) per compensi, ortre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021