LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3669-2020 proposto da:
M.S., rappresentata e difesa dall’avv. GIOVANNI SCUDIERI in virtù di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Z.F., T.L., Z.A., Z.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avv. PAOLA D’INNOCENZO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI D’ORSOGNA;
– controricorrenti –
Z.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1777/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 31/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Per quanto interessa in questa sede, la vicenda, sulla quale è intervenuta la sentenza impugnata, può compendiarsi in questo modo.
La causa trae origine dalla successione legittima di Zu.Gi., cui sono subentrati in parti uguali il fratello Z.G. e i discendenti del fratello premorto Zu.Ga.: Z.A., Z.F. e Z.M..
Z.G., sulla base di una dichiarazione di successione nella quale si dichiara unico erede, vende a M.S. un immobile compreso nell’asse.
I discendenti di G., subentrati per rappresentazione, hanno agito in giudizio chiedendo accertarsi la loro qualità di eredi e il loro diritto alla metà dell’asse ereditario.
Il tribunale ha accolto tale domanda e la corte d’appello ha confermato la sentenza.
La corte d’appello, in particolare per quanto interessa in questa sede, ha rigettato l’appello incidentale della M., che aveva invocato la disciplina degli acquisti dall’erede apparente.
La corte d’appello ha negato la sussistenza dei presupposti dei applicabilità della detta disciplina, sia in difetto della doppia trascrizione precedente la trascrizione della domanda (in particolare ha negato che la trascrizione della denunciata successione fosse assimilabile alla trascrizione dell’acquisto mortis causa da parte dell’erede apparente), sia per carenza del requisito della buona fede.
Per la cassazione della sentenza la M. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, con i quali deduce, sotto diverso profilo e in contrasto con l’assunto teorico fatto proprio dalla corte d’appello, che la denuncia di successione era stata curata dall’erede apparente prima della vendita; e che a sua volta, la vendita era stata trascritta prima della trascrizione della citazione.
La causa è stata fissata dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di inammissibilità del ricorso. Il ricorso è inammissibile.
La corte d’appello ha negato la prevalenza dell’acquisto dall’erede apparente non solo per il difetto della doppia trascrizione anteriore a quella dell’erede vero, ma anche per il difetto di prova della buona fede da parte dell’acquirente. La buona fede è requisito autonomo della fattispecie, che in questo caso non è presunta e va positivamente provata dal terzo (Cass. n. 2653/2010: n. 1741/1980; n. 435/1975). L’affermazione della sentenza si atteggia così a ratio autonoma della decisione, sufficiente a precludere la prevalenza dell’acquisto del terzo dall’erede apparente (e così la decisione assunta dalla corte d’appello), a prescindere dai requisiti pubblicitari previsti nell’art. 534 c.c., comma 3.
Essa perciò avrebbe dovuto costituire oggetto di impugnazione, mentre i motivi di ricorso investono la decisione solo relativamente alla questione della doppia trascrizione, conseguendone l’inammissibilità della impugnazione per difetto di interesse (Cass. n. 3951/1998; n. 18641/2017; S.U., n. 7931/2013) Si rileva per completezza di esame che la soluzione data dalla Corte d’appello dell’Aquila è del tutto corretta: “La vendita di bene ereditario da parte dell’erede apparente, ai sensi dell’art. 534 c.c., comma 3, e dell’art. 2652 c.c., n. 7, ove manchi l’anteriore trascrizione della sua accettazione ereditaria (pur se accettazione tacita, trascrivibile ex art. 2648 c.c., comma 3), non è opponibile all’erede vero che abbia trascritto l’accettazione posteriormente alla vendita stessa, né la mera trascrizione dell’atto traslativo del bene ereditario comprova, di per sé, un’accettazione ereditaria opponibile ai terzi o all’erede vero, potendo il bene essere pervenuto all’alienante in virtù di un titolo diverso” (Cass. n. 11305/2012; n. 5225/1980).
Questa corte ha inoltre chiarito che la trascrizione a fini fiscali non può sostituire o surrogare quella curata ai fini dell’art. 2648 c.c. (Cass. n. 3263/1984; n. 4843/2019).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.
Ci sono le condizioni per dare atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente, al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 3,000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021