Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.24737 del 14/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23461/2019 proposto da:

M.M.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 5693/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 05/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2020 dal Presidente Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO.

FATTI DI CAUSA

1.- Il Tribunale di Venezia ha rigettato l’opposizione proposta da M.M.T., cittadino della Guinea, nei confronti del provvedimento della competente Commissione Territoriale di rigetto della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale nelle diverse forme.

Il ricorrente aveva dichiarato di aver lasciato il suo Paese di origine non sentendosi più al sicuro dopo un litigio con i proprietari del campo confinante con il suo, originato dalla sua lamentela in ordine al fatto che gli animali del fondo limitrofo andavano a pascolare nel suo, distruggendo il raccolto. In sede amministrativa non aveva però riferito di timori di persecuzione, ma solo di non volere che l’accaduto si ripetesse, mentre solo in sede di audizione innanzi al giudice aveva affermato che i vicini erano tornati a casa sua dopo il primo episodio.

Il Tribunale ha ritenuto vaga e generica, e, pertanto non credibile, la narrazione attinente a minacce asseritamente ricevute, tenuto anche conto della circostanza che il richiedente fosse dalla parte della ragione.

Pertanto il giudice di merito ha rigettato, per quanto ancora rileva nella presente sede, la richiesta di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), per la mancata prospettazione da parte del richiedente del rischio di subire una condanna a morte o di essere sottoposto a tortura o ad altra forma di pena o di trattamento inumano o degradante nel suo Paese di origine, e, quanto ai presupposti di cui dello stesso art. 14, lett. c), ha rilevato che dalle fonti consultate non è ravvisabile in Guinea Bassau la presenza di un conflitto armato da cui possa scaturire una violenza indiscriminata, pur tra le tensioni dovute alla prolungata crisi politica che ha provocato l’intensificarsi delle proteste e delle dimostrazioni, con conseguenti scontri tra forze di polizia e dimostranti.

Allo stesso modo, non essendo emersi riferimenti ad una situazione di vulnerabilità, non sussistevano le condizioni per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non rappresentando l’allegato reperimento di una occupazione lavorativa, peraltro a tempo determinato, elemento sufficiente per impedirne il rimpatrio.

Per la cassazione di tale decreto propone ricorso il M. sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la mancata concessione della protezione sussidiaria in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del Paese di provenienza del richiedente, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, la omessa applicazione dell’art. 10 Cost., la contraddittorietà tra le fonti citate, il contenuto delle stesse e le conclusioni raggiunte, la motivazione solo apparente, il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Il ricorrente sostiene la sussistenza di una grave condizione di pericolo per la sicurezza individuale all’interno della Guinea ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e deduce che i reports sulla base dei quali il Tribunale ha escluso la configurabilità di detta ipotesi mettono in evidenza una situazione estremamente complessa, che si traduce nella mancanza delle condizioni minime di sicurezza, con conseguente diritto all’asilo per chi sia fuggito da tale situazione, contraddittoriamente valutata dal giudice di merito.

2.1. – La doglianza è priva di fondamento.

Il giudice di merito non ha ignorato che le fonti internazionali consultate, e correttamente citate nel provvedimento impugnato, evidenziano il persistere di tensioni politiche e sociali in Guinea Bassau, e ha tuttavia precisato che le stesse fonti non danno conto della sussistenza di un conflitto armato interno che crei una situazione di violenza indiscriminata, condizione richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, richiamato art. 14, lett. c), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria in alternativa alle ipotesi di cui dello stesso art. 14, lett. a) e b), la cui ricorrenza pure il giudice di merito ha escluso alla luce della mancata prospettazione da parte del ricorrente di tali ipotesi.

3. – Con il secondo motivo si denuncia il mancato riconoscimento della protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, anche in relazione alle previsioni di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, ed ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. e all’art. 3 CEDU, l’omesso esame dello stesso art. 10 Cost., l’omessa valutazione delle fonti informative relativamente alla situazione economico-sociale del Paese di origine del ricorrente, e la omissione della necessaria comparazione tra la condizione da lui raggiunta in Italia e quella del Paese di provenienza.

4.1. – Il motivo è immeritevole di accoglimento.

4.1. – Il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza (cfr. Cass., SS.UU., sent. n. 29459 del 2019; Cass., sent. n. 4455 del 2018).

Al di là delle ipotesi di tale privazione, il diritto di cui si tratta non può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento di interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione (v. Cass., ord. n. 17072 del 2018).

Ne’ è ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, o quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (v. Cass., ord. n. 3681 del 2019).

Posti tali principi di diritto, deve rilevarsi che ad essi si è attenuto il giudice del merito nel negare al ricorrente il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Tribunale, infatti, dopo essersi espresso nel senso che il quadro della situazione generale della Guinea Bassau emergente dalla istruttoria, svolta attraverso la consultazione di fonti internazionali ufficiali, non denota una situazione di violenza indiscriminata, ha rilevato, con riguardo specificamente alla richiesta di soggiorno per motivi umanitari, la mancata prospettazione di alcun elemento costitutivo del diritto di cui si tratta, la mancata allegazione di una condizione di povertà inemendabile o di impossibilità di soddisfare esigenze di sopravvivenza; mentre il reperimento di una occupazione lavorativa non è elemento da solo idoneo a giustificare il riconoscimento della forma di protezione in discorso.

Correttamente, poi, il giudice di merito ha rigettato la domanda di asilo ai sensi dell’art. 10 Cost., in considerazione del carattere “chiuso” del sistema di protezione internazionale.

5.- Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine al regolamento delle spese del giudizio, non presentando il controricorso i requisiti di ammissibilità di cui all’art. 366, richiamato dall’art. 370 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

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