Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.24738 del 14/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23779/2019 proposto da:

A.M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO, 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE;

– intimati –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 5452/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 01/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2020 dal Presidente MARIA ROSARIA SAN GIORGIO.

FATTI DI CAUSA

1.- Il Tribunale di Venezia ha rigettato l’opposizione proposta da A.M.N., cittadino del Togo, nei confronti del provvedimento della competente Commissione Territoriale di rigetto della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale nelle diverse forme.

Il ricorrente aveva dichiarato di aver lasciato il suo Paese in seguito alle minacce ricevute dal partito al potere per aver sostenuto durante le elezioni del 2015 il partito ***** e di temere di essere ucciso in caso di rientro.

Il Tribunale ha ritenuto poco credibile la narrazione in quanto generica e superficiale quanto al partito di cui il richiedente avrebbe fatto parte.

Pertanto il giudice di merito ha rigettato la richiesta di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), per la mancata prospettazione da parte del richiedente del rischio di subire una condanna a morte o di essere sottoposto a tortura o ad altra forma di pena o di trattamento inumano o degradante nel suo Paese di origine, e, quanto ai presupposti di cui dello stesso art. 14, lett. c), ha rilevato che dalle fonti consultate non è ravvisabile in Togo la presenza di un conflitto armato da cui possa scaturire una violenza indiscriminata, pur considerando le violenze e discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose, la repressione di giornalisti e potere giudiziario, come delle dimostrazioni popolari.

Allo stesso modo, non essendo emersi riferimenti ad una situazione di vulnerabilità per la non credibilità della versione della propria vicenda fornita dal richiedente, non sussistevano le condizioni per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non rappresentando l’allegato reperimento di brevi occupazioni lavorative, tali da non garantirgli una retribuzione stabile ed adeguata, elemento di rilievo quanto alla dimostrazione di una avvenuta integrazione in Italia.

Per la cassazione di tale decreto propone ricorso l’ A. sulla base di cinque motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito nel giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 35-bis, commi 8 e segg., che prevede come obbligatoria l’audizione del richiedente la protezione in assenza di videoregistrazione del colloquio con la Commissione Territoriale. Essendo mancata tale audizione, il giudice di merito non avrebbe potuto ritenere non credibile la narrazione operata dallo stesso richiedente.

1.1. – La censura è infondata.

1.2. – Deve, al riguardo, ribadirsi l’orientamento di questa Corte alla stregua del quale nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (Cass., sent. n. 21584 del 2020).

2. – Con il secondo mezzo si deduce omesso, l’errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della sua condizione personale, omessa cooperazione istruttoria, omessa audizione. Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente la protezione sul punto della sua partecipazione ad un partito politico sulla base delle scarse informazioni fornite su detto partito – nonostante egli avesse depositato documentazione attestante tale sua partecipazione senza disporre verifiche sul punto. Inoltre, si contesta nuovamente la mancata audizione del richiedente. Infine, si lamenta che il giudice di merito abbia escluso la pericolosità del Paese di provenienza del ricorrente citando in modo parziale e contraddittorio il contenuto delle fonti di informazione.

2.1. – La censura è in parte infondata, in parte inammissibile.

2.2. – Quanto alla contestazione di mancata audizione del ricorrente, si rinvia alle argomentazioni svolte sub 1.2. in ordine alla infondatezza della doglianza.

2.3. – Inammissibile è la critica della valutazione di non credibilità della narrazione del ricorrente, in quanto essa impinge nelle valutazioni di esclusiva spettanza del giudice di merito, che, nella specie, ha fornito ampia ed articolata spiegazione del suo convincimento, dando anche conto della irrilevanza del documento prodotto dal ricorrente in quanto di data e provenienza incerta. Sicché, nella sostanza, quest’ultimo anela ad una rivisitazione del materiale istruttorio e della valutazione dello stesso operata dal giudice di merito, operazione inibita nella presente sede di legittimità.

2.4. – Quanto alla denunciata interpretazione contraddittoria e parziale delle fonti di informazione sulle condizioni socio- politiche del Togo, va rilevato che il giudice di merito non ha ignorato che le fonti internazionali consultate, e correttamente citate nel provvedimento impugnato, evidenziano il persistere di un situazione di instabilità e di tensioni politiche e sociali in Togo, e ha tuttavia precisato che le stesse fonti non danno conto della sussistenza di un conflitto armato interno che crei una situazione di violenza indiscriminata, condizione richiesta dal del D.Lgs. n. 251 del 2007, richiamato art. 14, lett. c), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria in alternativa alle ipotesi di cui dello stesso art. 14, lett. a) e b), la cui ricorrenza pure il giudice di merito ha escluso alla luce della mancata prospettazione da parte del ricorrente di tali ipotesi.

3. – Le argomentazioni da ultimo svolte danno conto altresì della infondatezza del terzo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la mancata concessione della protezione sussidiaria in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del Paese di provenienza del richiedente, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, la omessa applicazione dell’art. 10 Cost., la contraddittorietà tra le fonti citate, il contenuto delle stesse e le, nella parte in cui si lamenta che la assenza di istruttoria in merito alle condizioni socioeconomiche del Paese di provenienza del ricorrente abbia determinato una motivazione apparente in merito alla decisione di rigettare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria.

4.- Con il quarto motivo si denuncia altresì il mancato riconoscimento della protezione umanitaria sulla base di una omissione di istruttoria.

5. – Con il quinto motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, la omessa applicazione dell’art. 10 Cost., l’omessa valutazione delle fonti informative relativamente alla situazione economico-sociale del Paese di origine del ricorrente, l’omesso esame delle sue condizioni personali ai fini dell’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione da lui raggiunta in Italia e quella del Paese di provenienza.

4.1. – I motivi, da esaminare congiuntamente per la stretta connessione logico-giuridica che li avvince, sono immeritevoli di accoglimento.

4.2. – Il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza (cfr. Cass., SS.UU., sent. n. 29459 del 2019; Cass., sent. n. 4455 del 2018).

Al di là delle ipotesi di tale privazione, il diritto di cui si tratta non può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento di interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione (v. Cass., ord. n. 17072 del 2018).

Ne’ è ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, o quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (v. Cass., ord. n. 3681 del 2019).

4.3. Posti tali principi di diritto, deve rilevarsi che ad essi si è attenuto il giudice del merito nel negare al ricorrente il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Tribunale, infatti, dopo essersi espresso nel senso che il quadro della situazione generale del Togo emergente dalla istruttoria, svolta attraverso la consultazione di fonti internazionali ufficiali, non denota una situazione di violenza indiscriminata, pur tra tensioni sociali e politiche, ha rilevato, con riguardo specificamente alla richiesta di soggiorno per motivi umanitari, la mancata prospettazione di alcun elemento costitutivo del diritto di cui si tratta, mentre il reperimento di una occupazione lavorativa, peraltro non stabile, non è elemento da solo idoneo a giustificare il riconoscimento della forma di protezione in discorso.

Correttamente, poi, il giudice di merito ha rigettato la domanda di asilo ai sensi dell’art. 10 Cost., in considerazione del carattere “chiuso” del sistema di protezione internazionale.

5.- Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine al regolamento delle spese del giudizio, non avendo l’intimato Ministero svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

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