LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Pietro Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12028-2020 proposto da:
A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO OJETTI presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ANTONIO CAPUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO MARADEI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI *****;
– intimata –
avverso il decreto N. cronol. 3881/2020 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 10/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE.
RILEVATO
che A.E., cittadino nigeriano, propone ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Venezia del 10 aprile 2020 di rigetto della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria (egli riferiva di essere fuggito dal suo paese perché perseguitato e a rischio di danno grave a causa della sua condizione di omosessuale);
che il tribunale ha spiegato le ragioni che inducevano a giudicare il racconto non credibile e comunque non riconducibile ad alcuna tra le forme di protezione invocate.
CONSIDERATO
che i tre motivi del ricorso sono inammissibili, risolvendosi in un improprio tentativo di sollecitare questa Corte ad una rivalutazione dei fatti di causa, già incensurabilmente apprezzati dai giudici di merito;
il decreto impugnato ha illustrato le ragioni della inesistenza di pericolo di danno grave ai fini della protezione sussidiaria (primo motivo) – anche mediante riferimento a fonti informative sulle condizioni di sicurezza del paese -, di rischi persecutori ai fini dello status di rifugiato (secondo motivo) e di ragioni di vulnerabilità personale ai fini della protezione umanitaria (terzo motivo), tanto più che non è stata censurata l’autonoma e autosufficiente ratio decidendi concernente la valutazione di non credibilità del racconto;
che non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021