LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16702-2020 proposto da:
N.M.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA PERNECHELE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOCI 1171SI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. cronol. 552/2020 del TRIBUNALE di CANIPOBASSO del 26/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE.
RILEVATO
che N.M.B., cittadino senegalese, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 26 marzo 2020, che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione umanitaria e dell’asilo politico (egli riferiva di essere fuggito dal suo paese per timore della reazione violenta del padre di una donna cristiana da lui messa incinta);
che il tribunale ha spiegato le ragioni che inducevano a giudicare il racconto come non credibile e comunque non riconducibile ad alcuna tra le forme di protezione invocate.
CONSIDERATO
che i primi due motivi, deducenti l’illegittima costituzione del tribunale che aveva deciso in composizione collegiale anziché monocratica con rito sommano, in relazione al D.L. n. 13 del 2017, artt. 50 bis e ss. e art. 3, sono inammissibili, ex art. 360 bis c.p.c., n. 1;
questa Corte ha avuto occasione di chiarire che, allorquando il ricorso proposto davanti alla sezione specializzata del tribunale in materia di protezione internazionale abbia ad ometto la sola richiesta di protezione umanitaria, ai sensi del t.u. imm., art. 5, comma 6, non trova applicazione il rito camerale collegiale disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, bensì la regola generale, in base alla quale il ricorrente può avvalersi del rito ordinario monocratico, ai sensi dell’art. 281 bis c.p.c., oppure, ricorrendone i presupposti, del rito sommario, parimenti monocratico, di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c. (Cass. n. 9658 del 2019, Cass. n. 16458 del 2019);
tuttavia, la Corte ha chiarito, altresì, che tale regola non trova applicazione allorché la domanda di protezione umanitaria sia proposta contestualmente a quella di protezione internazionale mediante gli istituti tipici dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, prevalendo in tal caso il rito camerale collegiale di cui al citato art. 35 bis, in ragione della profonda connessione tra le distinte domande e della prevalenza della composizione collegiale del tribunale, in forza del disposto di cui all’art. 281 nonies c.p.c. (Cass. n. 9658 del 2019, cit.);
la tesi del ricorrente è che egli ha però espressamente limitato la propria domanda, davanti al tribunale, alla sola protezione umanitaria, sicché non potrebbe utilizzarsi l’argomento basato sulla connessione con le domande di protezione internazionale nelle forme tipiche dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria;
tale considerazione non è decisiva: come risulta dal decreto impugnato e non smentito in questa sede, il ricorso al tribunale era stato proposto quale impugnazione del provvedimento della commissione territoriale di diniego della protezione internazionale nonché del permesso di soggiorno per motivi umanitari e ciò è sufficiente a giustificare l’applicazione del rito collegiale di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, ed applicabile ratione temporis nel caso di specie;
tale rito, infatti, si applica alle “controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dal medesimo D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35”, e dunque a quelle, tra le altre, introdotte con ricorso “avverso la decisione della Commissione territoriale” (citato art. 35, comma 1), come è avvenuto nel caso in esame, e poiché il ricorso al tribunale era rivolto, appunto, avverso il provvedimento di diniego emesso dalla Commissione, il rito da seguire non poteva essere che quello disciplinato dal citato D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, a nulla rilevando la circostanza che il ricorrente invocasse, in sede giurisdizionale, la sola protezione umanitaria, poiché anche il diniego di quest’ultima rientrava nel provvedimento della commissione, da impugnare necessariamente davanti al giudice nel termine di decadenza previsto dalla legge (cfr., in termini, Cass. n. 14681 del 2020);
né potrebbe invocarsi, in senso contrario, il richiamato precedente (Cass. n. 16458 del 2019) che ha cassato il decreto del tribunale monocratico, avente ad oggetto la sola protezione umanitaria, in una fattispecie in cui il ricorso giurisdizionale aveva ad oggetto una richiesta di protezione umanitaria rivolta direttamente al tribunale e non già, come nel caso in esame, l’impugnazione di un provvedimento di diniego della commissione territoriale;
che inammissibili sono anche il terzo motivo che, ai fini della protezione umanitaria, si appunta su incensurabili apprezzamenti di fatto svolti dai giudici di merito, i quali hanno escluso la sussistenza di ragioni di vulnerabilità personale, e il quarto motivo concernente la questione della revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rispetto alla quale non è ammesso il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (ex plurimis Cass. n. 16117 del 2020);
che non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021