Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.24893 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15636-2019 proposto da:

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del procuratore Dott. S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA 38 presso lo presso lo studio dell’avvocato PAOLO TODARO, (STUDIO RUCELLAI & RAFFAELLI), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORENZO EMANUEL CONTI;

– ricorrente –

contro

D.F.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE CASALINO, NICOLA CASALINO, ed EUGENIO CASALINO;

– controricorrente –

Nonché contro F.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 271289/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 7/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Napoli, sezione staccata di Ischia, emise, su istanza di D.F.L., decreto ingiuntivo nei confronti della Società Cattolica di Assicurazione – Società Cooperativa per la somma di Euro 23.732,50, dei quali Euro 22.000,00 a titolo di restituzione di capitale netto investito, ed Euro 1.732,50, pari al valore delle cedole per gli interessi dovuti per gli anni ***** e non corrisposti, oltre interessi legali dalla data di emissione del d.i. al saldo, in relazione al contratto n. 0025826248, con n. di polizza 31.58799857.99, denominato “Investimento etico – Assicurazione a premio unico e tasso di interesse predeterminato con opzione cedola annuale”.

Avverso detto decreto propose opposizione la società ingiunta, deducendo l’inesistenza del contratto, predisposto su moduli falsificati dal proprio agente, F.G., sprovvisto di potere di rappresentanza. Chiese, inoltre, di chiamare in causa quest’ultimo, spiegando domanda di manleva nei suoi confronti.

Il F. rimase contumace.

Il D.F. si costituì, chiedendo la conferma del decreto opposto e, in via riconvenzionale, la condanna ex art. 2049 c.c. della Società Cattolica.

Il Tribunale di Napoli, Sezione staccata di Ischia, accolse l’opposizione e revocò per l’effetto il decreto ingiuntivo, rigettando altresì la domanda riconvenzionale di D.F.L.; condannò quest’ultimo a restituire la somma di Euro 25.750,59 alla Cattolica e condannò, altresì, F.G. a rifondere al D.F. tale somma.

Avverso la sentenza di primo grado D.F.L. propose appello.

Si costituì la Società Cattolica di Assicurazioni, chiedendo il rigetto dell’appello e l’integrale conferma della sentenza di primo grado. F.G. rimase contumace anche in secondo grado.

La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 1289/2019, accolse per quanto di ragione l’appello e condannò la Società Cattolica di Assicurazione al pagamento, in favore del D.F., della somma di Euro 21.183,65, oltre a rivalutazione ed interessi, come ivi specificato, somma cui era tenuta in solido col F.; condannò, altresì, F.G. a rivalere l’impresa appellata di quanto tenuta a pagare al D.F. in forza del capo b) del dispositivo di quella sentenza e regolò le spese del doppio grado di merito tra le parti.

In particolare, la Corte territoriale, reputato inesistente il contratto di assicurazione, ritenne fondata la domanda di responsabilità extracontrattuale ex art. 2049 c.c. proposta nei confronti della compagnia assicurativa.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Società Cattolica di Assicurazione – Società Cooperativa, basato su tre motivi e illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso D.F.L..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede F.G..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il controricorrente ha eccepito sia l’inammissibilità che l’improcedibilità del ricorso.

1.1. Poiché l’esame del ricorso improcedibile non è consentito nemmeno per rilevarne l’inammissibilità (Cass. 29/04/2011, n. 9567; Cass., ord., 13/05/2009, n. 11091; Cass. 20/01/2006, n. 1104), va anzitutto verificata la procedibilità del ricorso contestata dalla parte è controricorrente sul rilievo che la copia della sentenza depositata dal ricorrente e notificata a mezzo pec sarebbe “priva dell’attestazione di conformità della relazione di notificazione del messaggio PEC cui la sentenza era allegata in formato digitale, richiesta dal combinato disposto della L. 21 gennaio 1994, art. 9, comma1-bis ed 1-ter”.

1.2. Al riguardo va applicato il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza del 25/03/2019, n. 8312, secondo cui il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2, in conformità della copia informale all’originale notificatogli; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio e tale deposito. E nella specie il ricorso è procedibile, avendo la parte ricorrente depositato, nei tempi stabiliti, la necessaria attestazione di conformità, ai documenti informatici da cui sono tratte, delle copie analogiche del messaggio pec ricevuto al suo indirizzo di posta elettronica certificata in data 14/03/2019 nonché della relata di notifica della sentenza n. 1289/2019 emessa dalla Corte di appello di Napoli e della medesima sentenza, allegate al predetto messaggio.

2. Va, quindi, esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente per non essere stata prodotta la procura notarile conferita dalla ricorrente al Dott. S.S., così non consentendo la verifica dell’esistenza del potere rappresentativo in capo allo stesso.

2.1. L’eccezione è fondata alla luce del principio affermato più volte da questa Corte e secondo cui, qualora – come nel caso all’esame – la procura per la proposizione del ricorso per cassazione da parte di una società venga rilasciata da un soggetto nella qualità di procuratore speciale in virtù dei poteri conferitigli con procura notarile non depositata con il ricorso, né rinvenibile nel fascicolo, all’impossibilità del controllo, da parte del giudice di legittimità, della legittimazione del delegante ad una valida rappresentazione processuale e sostanziale della persona giuridica consegue l’inammissibilità del ricorso (Cass., ord., 15/01/2021, n. 576; Cass., ord., 7/05/2019, n. 11898; v. anche Cass. 13/09/2007, n. 19162).

Ne’ può valere al riguardo l’avvenuto deposito, come allegato alla memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c., della visura storica della società ricorrente da cui risulta (data di iscrizione: 23/07/2020) che, con atto del 6 luglio 2017 del notaio T.R., S.S. è stato nominato procuratore della medesima società per il compimento di alcuni atti, atteso che non risulta che detto deposito sia stato notificato, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., alla parte controricorrente e neppure risulta che in relazione a tale deposito si sia formato il contraddittorio, in difetto di deposito successivo di memoria da parte del controricorrente e dell’intervento all’udienza di discussione del difensore del medesimo, essendo stato il ricorso trattato in udienza camerale. (Cass., sez. un., 19/06/2000, n. 450).

Tale rilievo è assorbente.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

4. Le spese del giudizio di cessazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimato, non avendo I stesso svolto attività difensiva in questa sede.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore del controricorrente, in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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