LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7762-2019 proposto da:
AGRICOLA SAN PAOLO SS elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DE VIVO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA OSIO;
– ricorrente –
contro
T.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Fabrizio Tomaselli, e dall’avv. Daniele Manca Bitti, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, V. L. LUCIANI l, ROMA;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1338/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 30/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/03/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. In un giudizio instaurato dalla società agricola San Paolo nei confronti di T.G. per ottenere il pagamento del prezzo per la vendita di prodotti agricoli sul campo, intercorsa tra le parti, la Corte d’appello di Brescia, in sede di impugnazione, accoglieva parzialmente l’appello proposto da T.G. e revocava il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Brescia nei suoi confronti per il mancato pagamento di due fatture, inerenti a un credito di Euro 135.780,32 per la vendita sul campo di cereali coltivati presso il fondo della impresa agricola. Ritenuto il credito non provato in relazione al quantum debeatur, quella Corte reputava assolutamente indeterminato il prezzo in riferimento alle estensioni dei terreni dai quali erano state effettuate le raccolte di cereali; manteneva ferma per il resto la impugnata sentenza con riguardo alle statuizioni di rigetto delle pretese del T. avanzate nei confronti dell’impresa agricola San Paolo per le lavorazioni agro-meccaniche effettuate sui campi dell’impresa agricola, per un importo complessivo di Euro 186.345,69, ritenuto non provato quanto all’an e quantum debeatur, compensando integralmente le spese tra le parti.
2. In particolare, la Corte territoriale, in accoglimento del primo motivo di appello del T., riteneva non determinato il prezzo della compravendita sul campo di prodotti agricoli, effettivamente prelevati dal T. presso la ***** nelle annate agricole riferite al 2003, 2004, 2005 e assumeva che non si potesse comunque ricorrere al criterio del prezzo di mercato, in quanto, quest’ultimo, sarebbe risultato indeterminabile, anche ricorrendo a una CTU, giacché difettava la prova delle estensioni territoriali destinate alle coltivazioni compravendute, rilevando altresì una contraddizione nelle indicazione riportata nelle fatture azionate in sede monitoria ove l’estensione dei campi della ***** variava da 4.30.00 ha a 26.41.00 ha.
3. Su questo punto la Società Agricola San Paolo ricorre per cassazione con autonomo ricorso affidato a tre motivi, notificato il 27 febbraio 2019, tempestivo rispetto alla data di pubblicazione della sentenza n. 1338/2018 del 30/7/2018 oggetto di impugnazione.
4. Avverso la medesima sentenza n. 1338/2018 del 30/7/2018 ricorre per cassazione, con successivo atto notificato il 4 marzo 2019, e affidato a cinque motivi, T.G., per la parte in cui la sentenza ha respinto le domande riconvenzionali, svolte in sede di opposizione all’ingiunzione, nei confronti della società agricola San Paolo, e relative al riconoscimento di un suo controcredito della somma complessiva di Euro 186.345,69, di cui la somma di Euro 71.175, 50 erano riferite alla fattura del *****, e la somma di Euro 115.170,19 si ponevano a saldo della fattura del ***** per le lavorazioni agro-meccaniche eseguite sulle estensioni dell’azienda agricola. La Corte d’appello ha ritenuto tuttavia non provato il controcredito, posto che esso con era provato neanche nell’an debeatur. Assumeva infatti che l’esecuzione delle lavorazioni agro meccaniche non riguardassero la società convenuta, ma altre aziende agricole pur sempre riferibili al titolare della azienda s. Paolo, N.F.; la contabilità predisposta dal T. non era stata siglata dalla controparte, e dunque non era valida a fini probatori; comunque le parti si erano regolate nel tempo attraverso acconti che l’impresa aveva opposto essere stati a saldo del corrispettivo.
5. La società agricola San Paolo ha notificato controricorso a T.G. con contestuale proposizione di ricorso incidentale, inclusivo dei motivi di ricorso principale, e contestuale istanza di riunione ex art. 335 c.p.c., affidandolo ai medesimi motivi di cui al ricorso principale.
6. La trattazione del ricorso è stata fissata in sede di adunanza camerale ex art. 380-bis.1. c.p.c. Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
Deve essere preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione al ricorso della Società Agricola S. Paolo, notificato per primo, con quello formulato da T.G., notificato il 4 marzo.
1. Con il primo motivo si deduce “Errore processuale per mancata valutazione da parte del giudice del merito di una prova decisiva in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2733 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Con riferimento alla confessione giudiziale resa dal sig. T.G.”. Si censura la sentenza per aver ritenuto impossibile accertare il prezzo del raccolto, eventualmente anche attraverso la disposizione di una CTU, senza che sia stato tenuto conto della confessione resa da T.G. con riferimento all’estensione territoriale di ciascuna cultura venduta sul campo, per ognuna delle tre annate agrarie di riferimento, che sarebbe stata correttamente considerata dal giudice di primo grado. Il valore confessorio avrebbe dovuto trarsi dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale da T.G. il 4 novembre 2013 e ignorate dalla Corte d’appello, da cui si desume il prezzo pattuito per le estensioni sulle quali sono stati fatti negli anni i raccolti.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. La sentenza impugnata, sul punto, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto che, per quanto non sia stata oggetto di appello la parte della sentenza di primo grado nella quale è stata accertata la conclusione con il N. di una vendita in campo dei prodotti agricoli prelevati presso la ***** di *****, non fosse stata raggiunta la prova del prezzo di vendita convenuto in relazione alla estensione dei terreni da cui i prodotti sono stati prelevati, e dunque del quantum debeatur; difatti, per quanto ex art. 1474 c.c. si sarebbe dovuto seguire il criterio del prezzo di mercato, da dedursi dai mercuriali, rispetto alle culture di mais e soia che erano state prelevate nelle tre annualità dal T., sull’assunto che non fosse utile allo scopo la determinazione del prezzo, unilaterale e contraddittoria, indicata nelle fatture, ha ritenuto tuttavia che mancasse uno dei dati essenziali per la determinazione del corrispettivo di vendita, ovvero l’estensione del fondo (pagina 5 e 6 della sentenza).
1.3. In tanto la censura, se è vero che riporta i capitoli di prova per interrogatorio formale del T. ed indica il verbale d’udienza del 4 novembre 2013 come quello in cui esso venne reso, riporta la risposta data dal medesimo sul primo capitolo – a proposito dell’acquisto del mese di agosto del 2003 – in modo che appare del tutto parziale, dato che si dice che il T. avrebbe dichiarato “…concordammo la cessione del raccolto di mais e soia, per le estensioni indicate…”, il che evidenzia che essa non è apprezzabile nel suo effettivo significato, una volta confrontata con il capitolo cui si riferisce, poiché non si pone come dichiarazione confessoria. Inoltre, l’illustrazione del motivo: per un verso, non dichiara che il verbale cui trattasi sarebbe stato prodotto in questa sede e dove, evidentemente in copia, essendo l’originale presente nel fascicolo di ufficio del giudizio di primo grado; per altro verso, al solo fine di esentarsi dall’onere – a pena di procedibilità – di produzione della copia ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, siccome consente, non precisa se si sia inteso fare riferimento alla presenza del verbale nel fascicolo d’ufficio del giudice di appello o in quello del giudice di primo grado, ai fini del rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, Cass. Sez. U., n. 22726 del 2011.
1.4. Si aggiunga che nemmeno si indica se e dove sia stata depositata in questo giudizio la comparsa di risposta contenente i capitoli della prova per interrogatorio formale, nuovamente valendo le concorrenti carenze appena sopra indicate. Inoltre, va aggiunto che, per quanto detto circa il contenuto limitatissimo della risposta data sul capitolo n. 1, non trascritta per intero, come si è già osservato, non si evidenzia una chiara dichiarazione confessoria e che, peraltro, a proposito delle risposte date sui residui capitoli esse – per come riportate – rinviano sempre a quanto il T. avrebbe dichiarato sul primo capitolo.
2. Con il secondo motivo si denuncia “Errore processuale per mancata valutazione da parte del giudice di merito di una prova decisiva (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. Con riferimento alla deposizione testimoniale del signor B.”. Si deduce che sia stata totalmente trascurata la deposizione del teste B., escusso all’udienza del 4 novembre 2013, il quale avrebbe dichiarato che il prezzo della soia e del mais in quegli anni era di Euro 1650 per ettaro.
2.1. Il motivo è assorbito, giacché, una volta risoltosi negativamente il primo, con conseguente consolidamento della motivazione sulla mancanza di prova della determinazione del prezzo per la ragione indicata dalla sentenza (mancata prova della estensione delle colture), la mancata valutazione della testimoniale di cui trattasi appare giustificata. Tanto non esime dal rilevare che, comunque, il motivo viola nuovamente l’art. 366 c.p.c., n. 6, posto che si indica il verbale di assunzione della prova, ma non lo si localizza.
3. Con il terzo motivo si deduce “Errore processuale per mancata valutazione del Giudice del merito di una prova decisiva offerta (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) -Violazione falsa applicazione art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento al valore probatorio delle “fatture azionate con decreto ingiuntivo”, essendo stato trascurato che le fatture, poste a fondamento dell’ingiunzione, non sarebbero mai state contestate.
3.1. Il motivo è inammissibile. Nel motivo manca ogni utile riferimento agli atti processuali da cui potersi desumere la mancata contestazione, rendendosi esso preliminarmente inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6.
4. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile in relazione ai motivi n. 1 e 3, assorbito il secondo. E così la sua reiterazione in via incidentale nel controricorso al ricorso successivo del T..
Ricorso di T.G..
1. Con il primo motivo si deduce: “Violazione o falsa applicazione degli artt. 2733-2735 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) – Errore processuale per mancata valutazione da parte del giudice del merito della prova decisiva offerta (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5). Si sostiene che la Corte d’appello, nel respingere la domanda riconvenzionale svolta dal T. nei confronti della società agricola San Paolo per l’importo portato da due fatture, attestanti lavorazioni agricole eseguite nel periodo dal *****, non si sarebbe attenuta alle dichiarazioni rese dal signor N.F. nella missiva del 6 settembre 2006 (documento allegato dalla stessa società agricola alla propria comparsa di costituzione relativa al primo grado di giudizio), quale titolare della società agricola aventi valore confessorio, che denoterebbero la sussistenza di un accordo tra le parti per l’esecuzione delle prestazioni agro meccaniche di cui T. ha chiesto il pagamento in via riconvenzionale, sebbene la società agricola riferisca la non coincidenza delle ore, delle superfici, del tipo di prestazioni e dei prezzi rispetto a quanto risultante dai conteggi consegnati dal T. al N.. Si deduce anche che il credito non sarebbe stato specificamente contestato.
1.1. Il motivo è in primo luogo inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non localizza i documenti su cui si fonda in questo giudizio di legittimità.
1.2. Inoltre, la pretesa confessione stragiudiziale del N. è in realtà comunque frutto di un’attività di apprezzamento delle dichiarazioni non solo dubbia, ma condotta al lume di emergenze del giudizio di merito. Inoltre, la sentenza ha esaminato la lettera del 6 settembre 2006 ed ha espresso una sua valutazione circa la riferibilità del contenuto delle dichiarazioni alla sua ditta individuale e non alla Società Agricola.
1.3. In realtà, il motivo si risolve in una vera e propria sollecitazione ad una rivalutazione delle risultanze probatorie, ponendosi al di fuori dei limiti del controllo della motivazione sulla quaestio facti nella vigenza del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5 siccome indicati da Cass., Sez. UN., nn. e 8053 del 2014.
1.4. L’art. 115 c.p.c. citato, nella versione attuale, non è applicabile al processo, essendo stato introdotto dalla L. n. 69 del 2009. Inoltre, i pretesi atteggiamenti di non contestazione non sono individuati ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.
2. Con il secondo motivo si deduce “Errore processuale per mancata valutazione da parte del giudice del merito di prova decisiva offerta (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) – Omesso esame circa un fatto decisivo per giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento alla prova testimoniale del signor Ba.Ro.”.
3. Con la successiva terza censura, richiamando le medesime violazioni, si fa riferimento alla prova testimoniale di C.R., in tesi ” inspiegabilmente trascurate”.
3.1. I due motivi vanno trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi.
3.2. Il rilievo sulla sollecitazione a rivalutare la quaestio facti si estende ai motivi secondo e terzo, ferma sempre l’inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6 quanto alla localizzazione delle risultanze evocate.
4. Con il quarto motivo si deduce ” Violazione e falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”, là dove la sentenza nulla ha statuito o motivato con riferimento alla mancata comparizione del N. all’udienza del 17 ottobre 2017 fissata per l’assunzione delle prove per testi e per l’interrogatorio formale del N., come risulterebbe dal verbale di causa 7 ottobre 2017, da cui si evincerebbe che il difensore della controparte aveva affermato di non aver interpretato correttamente l’ordinanza ammissiva delle prove e di non aver pertanto convocato il N. invitandolo a presentarsi all’udienza.
4.1. Il motivo è inammissibile in quanto manca di specificità ex art. 366 c.p.c., n. 3 con riguardo alla censura svolta in appello su questa specifica irregolarità processuale, né dà conto di come la questione sia stata affrontata e risolta dalla Corte d’appello, che ha solo dato conto dell’esperimento dell’interpello nei confronti del sig. N. nel giudizio di primo grado, senza nulla rilevare con riguardo a eventuali deduzioni di irregolarità processuali da parte dell’impugnante.
5. Con il quinto motivo si deduce “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2225 c.c. e/o dell’art. 1657 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”. Si assume che una volta accertata l’esecuzione delle lavorazioni agro-meccaniche da parte del T., il giudice del merito avrebbe dovuto provvedere alla liquidazione di quanto al medesimo dovuto, in presupposto difetto di un accordo tra le parti in ordine al prezzo ovvero nell’impossibilità della sua dimostrazione.
5.1. Il motivo è assorbito, supponendo l’accoglimento di quelli precedenti ed essendo anzi un non-motivo, dato che quanto si vi si deduce, ove la sentenza fosse stata cassata avrebbe dovuto riesaminarsi in sede di rinvio.
6. Conclusivamente va dichiarato inammissibile il ricorso quanto al primo e quarto motivo, assorbiti il secondo e il terzo e il quinto.
7. Riassumendo, entrambi i ricorsi principali vanno dichiarati inammissibili, e così anche il ricorso incidentale, reiterativo di quello principale; le spese, stante la reciproca soccombenza, vanno compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte, dichiara il ricorso principale e quello successivo inammissibili, e così anche il ricorso incidentale; compensa le spese tra le parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 2 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021