Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.24913 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9874-2017 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GIUFFRE’, rappresentato e difeso dall’avvocato BEATRICE BELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, ***** – IN PERSONA DEL MINISTRO PRO-TEMPORE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 12/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE, Rilevato:

che il sig. C.L. ricorre per la cassazione del decreto della Corte di appello di Bologna che ha rigetto la domanda di equo indennizzo per irragionevole durata di due giudizi amministrativi, tra loro connessi, dal medesimo proposti nei confronti del Ministero dell’Interno nel 2000 e, rispettivamente, nel 2001; tali giudizi erano tra loro connessi perché avevano ad oggetto l’impugnativa dei rapporti informativi concernenti il sig. C., funzionario della Polizia di Stato, per gli anni 1996 e, rispettivamente, 1997.

che la Corte d’appello di Bologna ha ritenuto applicabile – in quanto già in vigore alla data della presentazione della domanda di equa riparazione (24.5.16) – l’art. 2, comma 2-sexies, lett. e) Legge Pinto ed ha altresì ritenuto che il ricorrente non avesse vinto la presunzione di insussistenza di danno da irragionevole durata del giudizio, prevista da tale disposizione per l’ipotesi di mancata presentazione della domanda di riunione nel giudizio amministrativo presupposto;

con ulteriore e autonoma ratio decidendi, la corte distrettuale ha altresì fondato la pronuncia di rigetto della domanda di equa riparazione sul rilievo che nei giudizi presupposti il sig. C. non aveva proposto istanza di prelievo, ai sensi del D.L. N. 112 DEL 2008, art. 54, comma 2;

che il ricorso si articola in quattro motivi;

che il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha proposto controricorso; che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 14/12/2020.

RITENUTO

che con il primo motivo di ricorso, lamentandosi la falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. e) e dell’art. 11 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente sostiene che il principio di (tendenziale) irretroattività della legge, consacrato nell’art. 11 preleggi, non consentirebbe di applicare il disposto del vigente testo della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. e), nelle cause relative alla non ragionevole durata di processi definiti prima della sua entrata in vigore (1.1.16);

che il motivo va disatteso, avendo questa Corte già chiarito che la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, introdotto dalla L. n. 208 del 2015, che ha introdotto una presunzione di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, in tutta una serie di evenienze relative al giudizio presupposto, trova applicazione nei giudizi di equa riparazione introdotti dopo l’1 gennaio 2016, data di entrata in vigore della novella, pur quando il giudizio presupposto si sia concluso prima di tale data (Cass. 25323/19; Cass. 25542/19, Cass. 19741/20);

che con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e impropriamente rubrica”) come “carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia”, il ricorrente in sostanza denuncia l’omesso esame dei fatti decisivi individuati nello svolgimento dei giudizi presupposti e, in particolare, nel fatto che tali giudizi, ancorché mai formalmente riuniti, siano tuttavia stati sostanzialmente trattati in maniera congiunta, essendo stati entrambi discussi nella medesima udienza del 2 dicembre 2010, per la quale l’odierno ricorrente aveva depositato, il 29 ottobre 2010, un’unica memoria difensiva;

che il motivo va giudicato fondato; la ratio della disposizione che collega alla mancata presentazione della domanda di riunione nel giudizio amministrativo presupposto una presunzione di insussistenza di danno da durata non ragionevole del giudizio va infatti rinvenuta nella volontà del legislatore di dissuadere le parti dall’adozione di tattiche processuali dilatorie o defatigatorie; era dunque onere della corte d’appello verificare se i fatti di cui il ricorrente lamenta l’omesso esame, vale a dire le concrete modalità di svolgimento dei giudizi presupposti, consentissero di accertare che tali giudizi erano stati trattati, sia dalla parte che dal giudice, come procedimenti riuniti; ossia, in altri termini, di accertare se la mancata richiesta di un formale provvedimento di riunione avesse in alcun modo rallentato o comunque aggravato lo svolgimento dei giudizi stessi; l’omesso esame dei fatti suddetti integra, dunque, il vizio di omesso esame denunciato con il secondo motivo di ricorso, che va quindi accolto;

che con il terzo motivo di ricorso si lamenta falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-bis, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la Corte d’appello negato l’indennizzo anche per il grado d’appello del giudizio principale sull’assunto che “la mancata presentcqione dell’istanza di riunione (..) si riverbera anche nella fase del secondo grado”;

che il motivo risulta assorbita dall’accoglimento del secondo motivo di impugnazione;

che con il quarto motivo di ricorso si attinge la seconda ratio decidendi dell’impugnato decreto e si denuncia la falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che il quarto motivo va accolto, restando la suddetta ratio decidendi caducata dalla declaratoria di illegittimità costituzionale del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, recata dalla sopravvenuta sentenza n. 34/2019 della Corte costituzionale;

che quindi, in definitiva, devono accogliersi il secondo il quarto motivo di ricorso, disatteso il primo e assorbito il terzo e il decreto impugnato va cassato, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna in altra composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in altra composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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