LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6555/2016 R.G. proposto da:
COMUNE DI MONTE SAN VITO (ANCONA), in persona del Sindaco p.t., Avv. Sa.Sa., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Mastri, e con lui elettivamente domiciliato in Roma, Viale Giulio Cesare n. 71, presso lo studio dell’Avv. Andrea Del Vecchio;
– ricorrente –
contro
D.A.M.L., erede universale di S.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Domenella, e Ranieri Felici e con loro elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere della Vittoria n. 11, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Lore’;
– controricorrente e ricorrente incidentale condizionata –
e contro
ATRADIUS CREDIT INSURANCE N.V., in persona del Dirigente Procuratore D.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Federica Scafarelli, con l’Avv. Cristiano Migli, e elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in Roma, Via Giosue’ Borsi n. 4;
– controricorrente –
e contro
ALLIANZ S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore;
CENTRO BITUMI VALLESINA S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 1034/2015 depositata il 16 ottobre 2015.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 febbraio 2021 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.
OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO Ritenuto che:
– il Comune di Monte San Vito, in relazione alla convenzione di lottizzazione stipulata in data 27/07/74 con i proprietari dell’area interessata dalla medesima – St.Ag., St.An. e S.A. – evocava dinanzi al Tribunale di Ancona (causa n. 1901/88) G.G. nella qualità di erede di St.Ag., Gu.Gi., S.I.M. e S.F.S. nella qualità di eredi di St.An., S.A. e la Società Italiana Cauzioni spa e la RAS spa, quali fideiussori dei lottizzanti, per far accertare e dichiarare l’inadempimento delle obbligazioni assunte dai convenuti S. con la medesima convenzione di lottizzazione con conseguente risarcimento dei danni;
– con diverso atto di citazione gli eredi di St.An. evocavano il Comune di Monte San Vito e Gi.Gi., in qualità di tecnico comunale, dinanzi al Tribunale di Ancona (causa n. 1838/88) chiedendo l’accertamento della natura e della quantità delle opere realizzate in relazione alla medesima convenzione, nonché il risarcimento per le prescrizioni aggiuntive “ingiuste” che il tecnico aveva loro imposto durante l’esecuzione delle opere di urbanizzazione;
– i giudizi venivano riuniti e, con sentenza non definitiva n. 622/04, il Tribunale di Ancona dichiarava cessata la materia del contendere per intervenuta transazione nel giudizio rubricato al n. 1838/88, disponendo la continuazione per l’altro giudizio;
– con sentenza definitiva n. 1374/06, il Tribunale, dichiarata cessata la materia del contendere anche nei confronti dell’erede di St.Ag. e della RAS spa, accoglieva la domanda attorea e per l’effetto condannava il solo S.A. al pagamento delle spese di lite;
– sul gravame interposto da S.A. e sull’appello incidentale del Comune di Monte San Vito, nonché della Centro Bitumi Vallesina e della Atradius Credit Insurance N.V. (quale cessionaria del portafoglio rami cauzioni ed assicurazione credito della Società Italiana Cauzioni s.p.a.), la Corte di appello di Ancona, riformava la sentenza impugnata e, per l’effetto, rigettava la domanda risarcitoria proposta dal Comune, accertando non solo l’avvenuto adempimento dello S. agli obblighi assunti, ma anche il maggior valore delle opere da lui realizzate rispetto all’importo effettivamente dovuto in relazione alla convenzione stipulata nel 1974 con il Comune e condannava quest’ultimo alla restituzione in favore dell’appellante principale delle somme dallo stesso versate in adempimento della decisione riformata, compensava altresì le spese di giudizio per la metà a fronte della plurima soccombenza dell’appellante sulle questioni preliminari;
– per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Ancona ricorre il Comune di Monte San Vito sulla base di quattro motivi;
– l’intimata D.A.M.L., in qualità di erede di S.A., resiste con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale condizionato;
– resiste con autonomo controricorso Atradius Credit Insurance N.V., in qualità di compagnia assicuratrice di D.A.M.L.;
– sono rimaste intimate l’Allianz s.p.a. e la Centro Bitumi Vallesina s.p.a.;
– in prossimità dell’adunanza camerale il Comune ricorrente e la Atradius hanno curato il deposito di memorie illustrative.
Atteso che:
– con il primo motivo il ricorrente principale lamenta la violazione della L. n. 1150 del 1942, art. 18 e dell’art. 1292 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di Ancona limitato il giudizio alle obbligazioni scaturenti dalla convenzione di lottizzazione del 1974 senza tener conto della natura solidale e propter rem delle obbligazioni derivanti dalle concessioni successive del cui inadempimento si è doluto il Comune. Più precisamente, il ricorrente sostiene che, in ragione della natura reale delle obbligazioni in esame, l’erede di S.A. avrebbe dovuto rispondere anche degli oneri di cui alle concessioni successive sebbene non avesse prestato il proprio consenso, trattandosi di concessioni edilizie richieste per la legittima attuazione delle opere di urbanizzazione, non estranee al progetto di lottizzazione di cui alla convenzione originaria stipulata dai tre germani S..
Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta, in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., nonché della L. n. 349 del 1986, art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver il giudice di appello condannato lo S. al risarcimento di tutti i danni, ossia dei danni di carattere ambientale e non patrimoniale, conseguenti all’inadempienza dei lottizzanti ed alle violazioni della disciplina urbanistica e di tutela del territorio da essi poste in essere.
Per giunta, il ricorrente precisa che se si dovessero assumere come estranee alla convenzione del 27/7/74 le opere di urbanizzazione eseguite in virtù delle concessioni rilasciate successivamente dal Comune e non richieste da S.A., quest’ultimo ne dovrebbe rispondere per ingiustificato arricchimento.
I primi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente data la loro stretta connessione, sono privi di pregio e non possono trovare ingresso.
Va in primo luogo ribadito che, secondo pacifica giurisprudenza di questa Corte, l’assunzione da parte del proprietario di un fondo degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione costituisce un’obbligazione propter rem nel senso che le previste opere devono essere eseguite da coloro che sono proprietari al momento del rilascio della concessione edilizia. Dunque, la natura reale dell’obbligazione in esame riguarda i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono la concessione e quelli che realizzano l’edificazione avvalendosi della concessione rilasciata (cfr. Cass. n. 16401 del 2013; Cass. n. 26805 del 2013; Cass. n. 16999 del 2015).
Nella specie, il germano S.A., in virtù della convenzione di lottizzazione del 24/07/1974 stipulata con il Comune, si era obbligato in solido con gli altri proprietari del fondo firmatari dell’accordo alla realizzazione di opere di urbanizzazione. Trattandosi di un’obbligazione propter rem, S.A. era tenuto a rispondere anche degli oneri relativi alle successive concessioni rilasciate nei confronti dei tre proprietari indipendentemente dal dissenso manifestato dallo stesso in ordine alle ulteriori autorizzazioni purché, però, se ne fosse avvantaggiato.
Sulla base di tali osservazioni, il Comune avrebbe pertanto dovuto provare che il fratello ( A.) S. aveva effettivamente tratto un vantaggio dalle nuove concessioni cui non aveva aderito e non limitarsi a far valere genericamente la natura reale dell’obbligazione. Sotto un altro profilo, le censure non possono essere accolte a fronte dell’avvenuto adempimento delle prestazioni da parte dei coobbligati St.An., Ag. ed A. – nei confronti del Comune di Monte San Vito, come emerge dalla ricostruzione della vicenda operata dalla Corte di merito.
Ai fini di accertare detto adempimento, il giudice di appello ha in primo luogo scomputato dal complessivo valore delle prestazioni dovute dai tre germani la quota (pari ad un terzo) di St.An. per intervenuta transazione tra i suoi eredi e il Comune idonea a liberare i soli coobbligati contraenti dal vincolo di solidarietà con gli altri comproprietari. Di conseguenza il Comune poteva chiedere all’erede di S.A. il pagamento non già dell’intero ma solo dei restanti due terzi in solido esternamente con l’altra condebitrice – la erede di St.Ag. – che tuttavia è rimasta esclusa dal giudizio in quanto non convenuta in riassunzione da nessuna delle parti.
Ebbene, attenendosi alla relazione del CTU, il giudice del gravame ha accertato il valore complessivo delle opere eseguite dalla parte resistente e dall’altro coobbligato – che non ha partecipato né alla transazione né al giudizio in questione – al fine di rapportarlo con la somma residua dovuta nei confronti del Comune.
Nell’effettuare tale operazione, seppur il giudice di merito abbia dichiarato di voler prendere in considerazione le sole opere relative alla convenzione di lottizzazione del 1974 per mancata adesione da parte di S.A. alle successive concessioni, è comunque emerso che gli oneri di cui alle nuove concessioni erano stati soddisfatti (nella misura del 50%) dall’altro coobbligato, St.Ag., vincolato non solo alla prima convenzione ma anche alle successive concessioni per aver richiesto personalmente il rilascio delle stesse, unitamente al fratello An., per adesione, la cui quota è stata oggetto di transazione, come sopra chiarito.
Difatti, “(…) le opere complessivamente realizzare da S.A. ammontano a Lire 547.190.804 e quelle del coobbligato… ammontano a Lire 432.329.614 (pari a Lire 488.693.168 al netto della metà della somma di Lire 112.727.109, quale maggiore importo dovuto in solido con il fratello che ha richiesto la nuova concessione per gli ulteriori oneri di questa ed anche in questo caso elidendo la responsabilità solidale esterna in ragione del contenuto della transazione)”.
Ebbene, anche a voler estendere la responsabilità dell’erede di S.A. alle opere riguardanti le concessioni successive cui lo stesso non aveva prestato alcun consenso, parte resistente non risulterebbe comunque inadempiente avendo il fratello Ag. pienamente soddisfatto – unitamente ad An. per effetto della transazione comprensiva di tutti gli accordi intervenuti con il Comune – l’obbligazione dovuta alla controparte, comprese le prestazioni relative alle concessioni successive, come si evince dal frammento della sentenza succitato.
Del resto, in tema di obbligazioni solidali passive, l’effettuazione integrale della prestazione ad opera di uno dei coobbligati estingue l’intera obbligazione con conseguente liberazione degli altri da ogni ulteriore obbligo nei confronti del creditore (Cfr. Cass. n. 11051 del 2012).
Da quanto sopra discende che l’azione di ingiustificato arricchimento al più potrebbe essere esercitata dagli eredi degli altri germani nei confronti dell’erede di S.A., ma non dal Comune che non ha subito nessuna perdita dal riparto interno degli oneri;
– con il terzo motivo il ricorrente principale deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver la Corte di merito pronunciato sulla domanda residuale proposta anche ai sensi della L. n. 349 del 1986, art. 18, ed in particolare non statuito su tutti i danni richiesti dal Comune.
Anche la terza censura va respinta.
Nella specie non vi è stata alcuna violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato stabilito dall’art. 112 c.p.c., quanto alla domanda accessoria di responsabilità per i danni, in difetto dei necessari presupposti.
Difatti, accertato l’adempimento da parte dei coobbligati di quanto preteso dal Comune, viene meno la questione relativa alla mancata condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali ed ambientali, la quale presupponeva la statuizione di un inadempimento della controparte;
– con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il giudice del gravame condannato il Comune alla liquidazione delle spese in favore di Centro Bitumi Vallesina s.p.a. nonostante nella motivazione avesse liquidato tali spese in capo all’appellante.
Il quarto motivo è inammissibile.
La doglianza di parte ricorrente non integra gli estremi della violazione dell’art. 91 c.p.c., ma integra un semplice errore materiale determinato da una svista del giudice di merito che, dopo aver correttamente argomentato in motivazione sull’attribuzione delle spese secondo il principio della soccombenza, ha poi previsto nel dispositivo la refusione delle spese processuali sostenute dalla Centro Bitumi Vallesina s.p.a. in capo al Comune e non alla controparte. Ebbene, siffatto errore materiale può essere emendato con il procedimento di correzione di cui agli artt. 287 c.p.c. e segg. e non attraverso il ricorso per cassazione (cfr. Cass. n. 28309 del 2020);
– passando all’esame del ricorso incidentale, con cui in realtà si ripropongono le censure alla sentenza di primo grado non esaminate dalla Corte distrettuale in quanto superate dall’accoglimento dell’appello, con il rigetto del ricorso principale rimane assorbito, risultando le doglianze tutte prospettate in funzione dell’eventuale giudizio di rinvio.
Conclusivamente, il ricorso principale va respinto, assorbito quello incidentale condizionato.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo ed in favore delle sole controricorrenti che hanno svolto difese nel giudizio di legittimità, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dell’ente locale ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il Comune di Monte San Vito alla rifusione delle spese del giudizio in cassazione, liquidate in favore della controricorrente D.A. in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali ed accessori di legge, e in favore della Atradius Credit Insurance N.V. in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 12 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021
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