Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.24923 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15505/16) proposto da:

AVV. B.G., (C.F.: *****), rappresentato e difeso, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., da se stesso ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in *****;

– ricorrente –

contro

AUTOMOBILE CLUB BARI, (P.I.: *****), in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentato difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti Antonella Lovri, e Francesco Ranieri, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Carla Silvestri, in Roma, alla v. della Conciliazione, n. 44;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari del 23/12/2015 (RG n. 12544/2015), pubblicata in data 23 dicembre 2015 (notificata il 28 gennaio 2016);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3 marzo 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

viste le conclusioni del P.G., con le quale ha chiesto l’accoglimento, per quanto di ragione, del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri;

letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso proposto ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c. e del D.Lgs. n. 156 del 2011, art. 14, l’avv. B.G., sul presupposto di aver svolto attività di patrocinio in favore dell’Automobil Club di ***** in una precedente causa instaurata nei confronti del Comune di Bari per il risarcimento del danno conseguente alla confisca di un bene immobile e di aver ricevuto dalla sua assistita la somma di Euro 16,445,00 (al netto degli accessori), conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bari, il suddetto Automobil Club per ottenerne la condanna al pagamento dell’importo di Euro 173.794,36, a titolo di residuo delle competenze professionali che riteneva ancora dovutogli.

Nella costituzione del resistente, l’adito Tribunale, con ordinanza del 23 dicembre 2015, accoglieva solo parzialmente la domanda, condannando l’Automobil Club di ***** al pagamento, già detratto il suddetto acconto, in favore del professionista ricorrente della somma ulteriore di Euro 9.755,00, oltre interessi legali dalla decisione al saldo, compensando tra le parti i 2/3 del giudizio e ponendo il residuo terzo a carico del resistente.

A fondamento dell’adottata pronuncia il Tribunale barese osservava, in primo luogo, che, ai fini della liquidazione del compenso dedotto in controversia, occorreva fare applicazione del D.M. n. 55 del 2014, entrato in vigore il 3 aprile 2014, ovvero anteriormente alla emanazione della sentenza con cui era stato definito il giudizio presupposto in cui l’avvocato B. aveva assistito la sua cliente e che, in particolare, bisognava far riferimento al disposto del suo art. 5, comma 2 (ritenuto, peraltro, di non agevole interpretazione).

Malgrado il tenore letterale di quest’ultimo articolo, il giudice riteneva di applicare il criterio (già statuito dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 19014/2007, poi seguita da altre successive decisioni di legittimità, ancorché riguardanti il precedente D.M. n. 127 del 2004) secondo cui, ai fini della liquidazione in questione, non si sarebbe potuto prescindere dal principio di proporzionalità ed adeguatezza nella valutazione dell’opera professionale svolta dal legale, avuto anche riguardo al concreto valore economico della lite, che, nel caso di cui trattavasi, era corrispondente all’importo di Euro 212.500,00. Pertanto, i compensi relativi alle diverse fasi del giudizio di riferimento avrebbero dovuto essere determinati sulla scorta della tabella 2 dei parametri forensi, facendo applicazione dello scaglione relativo alla somma liquidata giudizialmente (ricompreso tra l’importo di Euro 52.000,01 e quello di Euro 260.000,00).

Aggiungeva il Tribunale adito che, nel caso in esame, non poteva essere riconosciuta in favore del ricorrente la maggiorazione prevista dal D.M. n. 55 del 2014, art. 4, poiché: a) la chiamata in causa dei terzi era avvenuta ad istanza del convenuto; b) il Comune convenuto aveva subordinatamente proposto domanda di manleva nei confronti dei terzi; c) la parte da lui assistita aveva esteso subordinatamente la domanda di condanna anche nei riguardi dei terzi evocati in giudizio dalla controparte; d) la domanda di manleva era stata respinta. Quindi, in difetto di una effettiva situazione di contrasto tra la sua cliente ed i terzi chiamati in causa, non poteva ritenersi configurata la condizione per il riconoscimento della maggiorazione contemplata dal citato art. 4, comma 2, della tabella.

Tuttavia, il medesimo Tribunale, avuto riguardo ai parametri generali previsti dall’art. 4, comma 1, della stessa tabella, riteneva, in relazione alla consistenza delle prestazioni professionali svolte, di riconoscere all’avv. B. un aumento del 50% in relazione a ciascun compenso fasico medio previsto dalla richiamata tabella (sempre con riferimento al predetto scaglione di valore della causa), riconoscendo, altresì, per effetto dello svolgimento di una duplice fase decisionale, un corrispondente compenso raddoppiato.

In conseguenza di tutti tali presupposti e computati i compensi per ciascuna delle fasi secondo i descritti criteri, il Tribunale barese quantificava le competenze professionali spettanti all’avv. B. nella misura di Euro 26.220,00, da cui avrebbe dovuto detrarsi il precedente acconto pacificamente dallo stesso ricevuto, con la determinazione finale del compenso residuo ancora dovutogli nell’ammontare di Euro 9,755,00 (con gli interessi legali).

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (in considerazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, u.c.), affidato a cinque motivi, l’avv. B.G., resistito con controricorso dall’Automobil Club di *****.

Il P.G. ha depositato, in data 4 febbraio 2021, conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento, per quanto di ragione, del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

La difesa del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 5, commi 1 e 2, rappresentando che, con l’impugnata sentenza, era stata esercitata dal Tribunale di Bari la generale facoltà discrezionale di adeguare la misura dell’onorario all’effettiva importanza della prestazione in relazione al concreto valore economico della lite sulla scorta, però, di un presupposto – riconducibile alla riduzione del “petitum” formale per sopravvenienza di fatti estintivi sopravvenuti in corso di causa – non previsto dell’art. 5, citato comma 2, che, invece, avrebbe dovuto legittimare una quantificazione dei compensi sulla base del valore effettivo solo in presenza di un’accertata manifesta eccessività del valore presunto, sulla quale l’ordinanza oggetto di ricorso non si era affatto pronunciata.

Pertanto, nel caso di specie, in difetto di tale accertamento, secondo l’avviso del ricorrente, avrebbe dovuto essere applicato lo scaglione per gli affari di valore superiore ad Euro 520.000,00, previsto dello stesso D.M. n. 55 del 2014, art. 22, tenuto, infatti, conto che il risarcimento del danno richiesto con la domanda del giudizio presupposto era corrispondente all’importo di Euro 5.000.000,00 e non potendosi, invece, conferire rilevanza, a tal fine, al fatto sopravvenuto nel corso di quel giudizio, ed a distanza di otto anni dalla sua introduzione, della revoca della confisca con la conseguente restituzione dei suoli (già interessati dalla realizzazione edilizia denominata “*****”) al legittimo proprietario Automobil Club di *****.

2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ovvero della circostanza, come evidenziata con il precedente motivo, che la modifica del valore della causa si era venuta a verificare solo nella fase decisionale per effetto della indicata sopravvenuta evenienza fattuale relativa alla intervenuta confisca del suolo di proprietà dell’assistita e della restituzione in suo favore.

3. Con la terza doglianza il ricorrente ha prospettato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame di un ulteriore fatto ritenuto decisivo oggetto di discussione tra le parti, riguardante l’esistenza di un interesse della sua assistita ad ottenere una pronuncia giudiziale anche in merito alle domande rigettate e a quelle per le quali era cessata la materia del contendere, ragion per cui, ai fini della determinazione del valore della causa, andava considerato, in aggiunta all’ammontare della condanna risarcitoria, anche il valore economico del suolo, del quale, solo in corso di causa, era cessata l’apprensione da parte del Comune di Bari.

4. Con il quarto motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame di altro fatto decisivo attinente all’esistenza di un reale contrasto fra l’ACI e i terzi chiamati in causa ai fini dell’applicazione della maggiorazione di cui al D.M. Giustizia n. 55 del 2014, art. 4, comma 2, u.p..

5. Con il quinto ed ultimo motivo, collegato al precedente, il ricorrente ha dedotto – avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 106 c.p.c. e del citato D.M. Giustizia n. 55 del 2014, art. 4, comma 2, u.p., poiché, ai fini della liquidazione dei complessivi compensi, il Tribunale avrebbe dovuto considerare che, nel caso di specie, si verteva in una ipotesi di rapporto processuale di contrapposizione plurisoggettiva, ovvero oltre che tra l’ACI e il Comune di Bari, anche tra la sua assistita e i terzi chiamati in causa.

6. Rileva il collegio che il primo motivo è fondato per le ragioni che seguono.

Come già posto in risalto, i compensi liquidati dal Tribunale di Bari nell’impugnata ordinanza sono stati riconosciuti nella sola misura di Euro 26.220,00, da cui avrebbe dovuto essere detratto l’importo di Euro 16.445,00, già ricevuto dal professionista a titolo di acconto, così residuando in suo favore la somma di Euro 9,755,00 (oltre agli interessi legali), pur a fronte di una domanda originaria, nel giudizio presupposto, di condanna, nei confronti del Comune di Bari, al pagamento della somma di Euro 5.000,000, per la perdita subita (e allora ritenuta definitiva) dall’ACI (con il conseguente arricchimento del predetto Comune), da considerarsi corrispondente al valore di mercato all’epoca considerato congruo (ovvero a quello attualizzato al momento dell’introduzione del giudizio nel 2005) del bene sottoposto a confisca per la realizzazione della lottizzazione di cui si è fatta menzione in precedenza, restituito all’attrice ACI solo nel 2013 con provvedimento del GIP del Tribunale di Bari nell’ambito di un procedimento penale (e, quindi, di un diverso giudizio), ancorché l’illegittimità del provvedimento di confisca fosse già stata riconosciuta nel 2009.

Senonché, come già sottolineato nello svolgimento del fatto, con l’ordinanza qui impugnata il Tribunale di Bari, nell’applicare il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 2 (“ratione temporis” vigente), ha rilevato che, avuto riguardo agli interessi perseguiti dalle parti (tenendo conto della riferita circostanza che nel corso del giudizio civile il suolo sottoposto a confisca era stato restituito alla sua cliente nel 2013 in dipendenza di una decisione adottata, però, in un procedimento penale), il valore della controversia non si sarebbe potuto commisurare all’importo inizialmente indicato nella citazione introduttiva (sul presupposto che il valore effettivo della causa si sarebbe dovuto ritenere manifestamente diverso dal “petitum” formale), ma avrebbe dovuto essere rapportato all’importo della somma riconosciuta a titolo di risarcimento del danno liquidato nella sentenza civile del 2015 in Euro 212.500,00, equivalente al ristoro riconducibile alla mancata disponibilità del suolo dal 2009 (data di accertamento dell’illegittimità del provvedimento di confisca) al 2013, allorquando poi il suolo fu effettivamente restituito in favore dell’avente diritto ACI di *****.

L’interpretazione operata dal Tribunale di Bari non si profila corretta in punto di diritto, essendo incorsa nella violazione del D.M. n. 55 del 2014, citato art. 5, comma 2 (precisandosi che il comma 1 attiene ai criteri di liquidazione degli onorari nei confronti del soccombente e che, quindi, non viene in rilievo in questa sede), il quale prevede che ai fini della liquidazione dei compensi a carico del cliente si ha riguardo al valore corrispondente all’entità della domanda, aggiungendosi che occorre porre riferimento al valore effettivo della controversia quando risulta manifestamente diverso da quello presunto anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti.

Da ciò deriva che il criterio principale e generale da applicare ai fini della liquidazione dei compensi nel rapporto tra l’avvocato ed il cliente deve essere riferito al valore corrispondente all’entità della domanda e solo, in subordine, al valore effettivo della controversia, ma, in questa ultima ipotesi, soltanto quando sussista, in concreto, una manifesta diversità (che, evidentemente, dovrà essere oggetto di una specifica valutazione da parte del giudice) tra il valore effettivo ed il valore presunto anche in ordine all’assetto degli interessi che le parti intendevano raggiungere.

Orbene, nel caso qui in esame, il Tribunale di Bari ha ritenuto di poter procedere alla liquidazione secondo il valore effettivo, in tal modo derogando alla regola prioritaria della liquidazione sulla base del valore della domanda, ma non già ritenendo che il valore dell’interesse perseguito dall’ACI fosse originariamente sproporzionato (o che fosse “ab initio” diverso da quello effettivo, mancando una valutazione specifica in proposito in virtù di un accertamento peraltro agevolmente eseguibile in funzione dell’individuazione dei limiti di fondatezza della domanda iniziale), ma in virtù dell’assorbente ragione che il risarcimento del danno per la privazione del suolo era stato ottenuto dall’attrice in forma specifica, nell’ambito di un giudizio diverso, di natura penale, da quello nel quale la domanda risarcitoria era stata proposta, così erroneamente rapportando il valore della causa a quello riconducibile alla privazione della disponibilità del suolo dal momento (nel 2009) dell’accertamento dell’illegittimità della disposta confisca fino a quello in cui (nel 2013) il suolo era stato effettivamente restituito all’ACI.

In tal senso, con l’impugnata ordinanza, è stata conferita una valenza prioritaria ad una circostanza sopravvenuta (quella della intervenuta riacquisizione dei suoli) ai fini della liquidazione dei compensi, in contrasto con il del D.M. n. 55 del 2014, citato art. 5, comma 2, dal momento che devono considerarsi, ai fini della stima del valore della controversia, irrilevanti – per derogare al criterio principale stabilito in detta norma – le vicende estintive verificatesi in corso di causa.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che il valore della causa, ai fini della liquidazione degli onorari spettanti all’avvocato nei confronti del cliente, si determina, in base alle norme del codice di procedura civile, avendo riguardo all’oggetto della domanda considerato nel momento iniziale della lite (cfr., ad es., Cass. n. 7691/2001 e Cass. n. 9082/2006), restando prive di rilievo le vicende sopravvenute che possano incidere sul “quantum” della pretesa fatta valere in giudizio, salvo che non emerga una manifesta eccessività del valore presunto, nel qual caso giudice, tenuto ad applicare il suddetto criterio principale, può valutare, giustificandone però le motivazioni, la complessiva attività professionale svolta in base alla proporzionalità e all’adeguatezza delle prestazioni complessivamente svolte in relazione ai parametri tabellari in concreto applicabili (cfr. Cass. n. 18507/2018).

In definitiva, la violazione del D.M. n. 55 del 2014, citato art. 5, comma 2, è consistita nell’aver il Tribunale di Bari, con l’ordinanza impugnata, esercitato la generale facoltà discrezionale di adeguare la misura dell’onorario all’effettiva importanza della prestazione, in relazione al concreto valore economico della causa ma sulla scorta di un presupposto erroneo – ovvero quello della riduzione del “petitum” formale per la sopravvenienza di fatti estintivi in corso di causa non previsto dalla stessa disposizione normativa che, invece, consente la quantificazione dei compensi secondo il valore effettivo solo ricorrendo la manifesta eccessività del valore presunto, la quale, però, deve costituire oggetto di uno specifico e motivato accertamento giudiziale, non potendo certamente ritenersi adeguato allo scopo il mero riferimento generico – come operato dal Tribunale di Bari – alla circostanza che il valore effettivo della controversia risultava manifestamente diverso dal “petitum” formale, provvedendo alla liquidazione del compenso a carico dell’ACI avendo presente la sola misura dell’importo risarcitorio liquidato con la sentenza al termine del giudizio civile.

7 In conclusione, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, va accolto il primo motivo, con conseguente assorbimento degli altri. L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio al Tribunale di Bari, in diversa composizione collegiale, che procederà alla corretta interpretazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 2, alla luce del principio giuridico prima evidenziato – anche eseguendo i necessari accertamenti correlati – e che provvederà, altresì, a regolare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Bari, in diversa composizione collegiale.

Cosi Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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