LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25973/2015 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;
– ricorrente –
contro
V.P.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 248/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/05/2015 R.G.N. 846/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2021 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Arezzo di accertamento della legittima percezione da parte di V.P. dell’anticipazione dell’indennità di mobilità.
Ha esposto che l’Inps ne aveva chiesto la restituzione sul presupposto che il ricorrente, nei 24 mesi successivi,si era rioccupato svolgendo lavoro in favore della Logistica ITC con rapporto a tempo determinato ed intermittente.
2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo. Il V. è rimasto intimato. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. L’Inps denuncia violazione della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5 e D.M. n. 142 del 1993, art. 3, comma 2, con riferimento al D.Lgs. n. 276, art. 33, vigenti ratione temporis e art. 12 preleggi.
Lamenta che la Corte d’appello di Firenze aveva ritenuto che la rioccupazione dell’assicurato con contratto di lavoro subordinato cd intermittente nei 24 mesi successivi all’avvenuta corresponsione dell’indennità di mobilità anticipata non fosse di ostacolo al mantenimento dell’indennità di mobilità anticipata percepita.
4. Il ricorso va accolto.
5. La L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5, attribuisce ai lavoratori in mobilità, che ne facciano richiesta, il diritto di ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità. La norma risponde al fine di consentire, al lavoratore che ha cessato il proprio rapporto di lavoro, di intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa in conformità alle norme vigenti. La disposizione, tuttavia, prevede la restituzione dell’anticipazione qualora nei 24 mesi successivi al pagamento di parte dell’Istituto lo stesso lavoratore assuma una occupazione alle altrui dipendenze nel settore privato o in quello pubblico.
Come questa Corte ha sottolineato (cfr Cass. n. 12746/2010) l’anticipazione dell’indennità di mobilità, prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5, risponde alla “ratio” di indirizzare il più possibile il disoccupato in mobilità verso attività autonome, al fine precipuo di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato, così perdendo la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale, e configurandosi non già come funzionale a sopperire ad uno stato di bisogno, ma come un contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolge in proprio, e che il lavoratore, in caso di rioccupazione alle altrui dipendenze entro 24 mesi dalla corresponsione delle somme, deve restituire.
6. Ciò premesso il tenore della norma è chiaro nell’escludere il diritto all’anticipazione in caso di esplicazione di un’attività di lavoro subordinato. In ipotesi di temporanea intervenuta rioccupazione quale lavoratore subordinato durante i ventiquattro mesi successivi all’erogazione dell’anticipazione, le somme percepite dal lavoratore devono, pertanto, essere restituite.
Nella fattispecie la conclusione di un rapporto di lavoro intermittente è di ostacolo al diritto del V. a mantenere l’anticipazione.
7. Da un lato, va rilevato che è infondata la pretesa della Corte territoriale di dare rilievo all’accertamento della sussistenza di una chiara volontà di abbandonare l’iniziativa economica finanziata o della sua incompatibilità, per impegno, con la conduzione dell’impresa o della professione e, dunque, a dare spazio ad un’indagine su ragioni personali o familiari, e cioè a comportamenti soggettivi del creditore non ammessa nel nostro ordinamento e con inevitabili incertezze interpretative,a fronte di una norma ben chiara nell’escludere il diritto a mantenere l’anticipazione.
8. Dall’altro lato il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore per lo svolgimento di una prestazione di lavoro “su chiamata”. Esso rientra pur sempre nell’ambito del lavoro subordinato e, dunque, la sua instaurazione nel periodo di 24 mesi impedisce al V. di trattenere l’anticipazione ottenuta.
9. Per le considerazioni che precedono, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione anche presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021