Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25021 del 16/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14528/2015 proposto da VIM s.r.l., Vendita Ingrosso Medicinali s.r.l., (CF *****), in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura in calce al ricorso, dall’avv. Augusto Fantozzi e dall’avv. Roberto Esposito, presso i quali è elettivamente domiciliato in Roma alla via Sicilia n. 66;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF *****), in persona del Direttore p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 638/1/14, depositata in data 2 dicembre 2014, della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2021 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.

RILEVATO

che:

Con sentenza 638/1/14, depositata il 2 dicembre 2014, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Potenza che aveva accolto i ricorsi riuniti proposti dalla Vim s.r.l. avverso atti di recupero di crediti di imposta indebitamente utilizzati negli anni 2007-2010.

Osservava la CTR, per quanto ancora rileva, che erano fondate le doglianze dell’Ufficio avverso la sentenza di prime cure, atteso che dalla motivazione dell’avviso di accertamento, nonché dalla lettura del mod. F24 della società, nonché dal dettaglio delle compensazioni operate da quest’ultima, emergeva che l’Ufficio aveva determinato l’importo del limite compensabile sulla base delle sole compensazioni c.d. orizzontali, senza invece tener conto di quelle verticali. Inoltre la sanzione irrogata, che conseguiva ai recuperi effettuati per singolo anno, era quella prevista per l’omesso versamento di imposte, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, per la quale non era possibile alcuna disapplicazione, non ricorrendo condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della disposizione, nemmeno potendosi applicare l’istituto della continuazione, atteso il carattere formale delle violazioni.

Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi. Resiste l’Ufficio mediante controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in quanto la CTR avrebbe omesso di considerare che le sole compensazioni realmente superiori al limite normativo di Euro 516.456,90 erano di natura verticale, ossia relative alla stessa imposta, mentre quelle orizzontali non superavano il prescritto limite annuale, allora vigente, di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 34. In base alle spiegazioni fornite dal ricorrente, dunque, la CTR avrebbe dovuto avvedersi che le compensazioni operate oltre il limite annuale erano solo quelle verticali, il cui ammontare però non è stato oggetto di esame.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Va premesso al riguardo che la L. n. 388 del 2000, art. 34, nella formulazione applicabile ratione temporis, prevede un limite annuale, cui sono cumulativamente soggette le compensazioni nel modello F24, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17 ed i rimborsi; i limiti delle compensazioni, fissati in Euro 516.456,90, non riguardano però le compensazioni verticali, cioè quelle intercorrenti tra un debito di imposta ed il credito relativo ad un’imposta appartenente alla stessa tipologia della prima.

1.3. Ciò premesso, il ricorrente si duole del fatto che la CTR avrebbe omesso l’esame di un fatto a suo dire decisivo, cioè la considerazione del preciso ammontare delle compensazioni verticali, non sottoposte ad alcun limite normativo.

1.4. La questione però, per come formulata, non assume alcuna concreta rilevanza, in quanto mentre il reale tema oggetto della controversia riguarda le sole compensazioni orizzontali, le uniche sottoposte al predetto limite normativo, la doglianza riguarda un aspetto del tutto differente (ossia l’ammontare delle compensazioni verticali che sarebbe stato trascurato dal giudice di merito).

1.5. Poiché dunque l’ammontare delle compensazioni verticali è del tutto irrilevante, non soggiacendo alla previsione di alcun limite normativo, correttamente la CTR, condividendo l’operato dell’Ufficio, non ne ha accertato l’ammontare.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 48 e del D.M. 3 marzo 2008, art. 3, comma 2, (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la CTR condiviso l’operato dell’Ufficio che ha incluso tre le compensazioni orizzontali quella tra il credito Ires, relativo al 2007, e l’imposta sostitutiva di cui alla L. n. 244 del 2007, relativa al recupero opzionale delle deduzioni extracontabili Ires, ammesse dal previgente art. 109 Tuir, comma 4, lett. b): secondo il contribuente, trattandosi della medesima imposta, la compensazione avrebbe dovuto essere qualificata come verticale.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. L’Ires e l’imposta sostitutiva rispondono infatti a ragioni differenti e danno luogo a distinti regimi fiscali, in quanto la prima attinge il reddito complessivo della società, mentre gli scopi e l’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva sono delineati dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 48, secondo cui “L’eccedenza dedotta ai sensi del cit. testo unico di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, comma 4, lett. b), nel testo previgente alle modifiche recate dalla presente legge, può essere recuperata a tassazione mediante opzione per l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive”. La norma vai poi coordinata con il D.M. 30 marzo 2008 secondo cui “Le differenze tra il valore civile e il valore fiscale dei beni e degli altri elementi indicati nel quadro EC della dichiarazione dei redditi, originate dalle deduzioni extracontabili effettuate fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, possono essere recuperate a tassazione, con conseguente riallineamento dei valori fiscali ai maggiori valori civili, mediante assoggettamento all’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, prevista dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 48, (Legge Finanziaria 2008).”

2.3. Questa Corte, del resto, ha già avuto modo di rimarcare la netta differenza intercorrente tra i due tipi di imposta, con conseguente inammissibilità della compensazione verticale, affermando, in relazione all’Irpeg, che “Il D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 2, comma 1, non prevede la possibilità di una compensazione verticale di un credito Irpeg con un debito di imposta sostitutiva di quest’ultima, ma solo quella di compensare tale imposta sostitutiva con i crediti di imposta ovvero con le eccedenze di imposta risultanti dalle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta precedenti. Irpeg ed imposta sostitutiva sono, infatti, retti da “ratio” diverse e danno luogo a due distinti regimi fiscali, in quanto la prima colpisce il reddito complessivo delle società di capitali, mentre la seconda si applica sulle plusvalenze derivanti da operazioni di riorganizzazione aziendale; inoltre, all’imposta sostitutiva si applica l’aliquota agevolata del 19%, rispetto a quella ordinaria del 34% prevista per l’Irpeg, subordinata ad espressa opzione da parte del contribuente” (Cass. 28/02/2017, n. 5131).

3. Il terzo motivo lamenta l’omessa motivazione e la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, e dell’art. 111 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), avendo la CTR limitato la propria motivazione ad un generico rinvio sia alla motivazione dell’atto impositivo, sia ai documenti depositati in giudizio, senza però specificare le ragioni per le quali da tali documenti era possibile desumere il fatto la società avesse operato compensazioni orizzontali.

4. Il quinto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, artt. 17 e 34 (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto la CTR, avallando il contenuto dell’avviso di accertamento, avrebbe finito con l’includere alcune compensazioni verticali nell’ambito di quelle orizzontali, e dunque avrebbe applicato illegittimamente il limite normativo, concernente le compensazioni orizzontali, anche a compensazioni verticali.

4.1. I motivi, che in quanto logicamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.

4.2. Il contribuente si duole principalmente del fatto che la CTR avrebbe illegittimamente avallato il contenuto dell’avviso di accertamento, che avrebbe a sua volta erroneamente incluso tra le compensazioni orizzontali (e quindi conteggiato, al fine di verificare il superamento dei limiti di compensabilità) anche compensazioni intercorrenti tra imposte della stessa tipologia.

4.3. Nel tentativo di corroborare il proprio assunto, tuttavia, il contribuente si è limitato a classificare in una tabella tutte le compensazioni da lui operate (qualificandole, rispettivamente e secondo i casi, orizzontali e verticali), senza che sia dato conoscere, però, in mancanza dell’allegazione dell’avviso di accertamento, se vi sia stato (e quale sia concretamente stato) l’errore ascritto all’Ufficio e conseguentemente alla CTR.

4.4. Una volta dedotta, infatti, la sussistenza dell’errore di sussunzione commesso dall’Ufficio, era onere del ricorrente individuare specificamente e con precisione quale sia stata la compensazione verticale erroneamente inclusa tra quelle orizzontali ed in quale misura tale inclusione abbia concretamente inciso sul superamento del limite normativo.

In assenza di tale necessaria indicazione, perde senso e rilevanza anche l’ulteriore censura, riguardante la genericità del rinvio per relationem operato dalla sentenza impugnata all’avviso di accertamento ed ai documenti depositati in giudizio.

4.5. Avendo la CTR esplicitamente escluso, sia pure rinviando alla “congrua motivazione dell’avviso di accertamento”, che l’importo del limite compensabile fosse stato determinato includendo le compensazioni verticali, ciò che assume rilievo preminente è proprio il momento di censura formulato rispetto a tale assunto, censura che però, come osservato, non precisa né quale sia stata la compensazione verticale impropriamente sottoposta al limite di compensabilità, né se tale asserita inclusione abbia avuto l’effetto decisivo di determinare il superamento di quel limite.

5. Il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della Dir. 2006/112/CE, artt. 168 e 183, del principio di neutralità dell’Iva e della L. n. 388 del 2000, art. 34 (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), lamentando che il superamento del limite delle compensazioni orizzontali è stato constatato dall’Ufficio specie in base ad ingenti compensazioni di crediti Iva, circostanza che contrasterebbe con i principi regolatori del sistema comune, ed in particolare con principio di neutralità secondo il quale l’operatore economico non può essere inciso dell’Iva nemmeno provvisoriamente, una volta assolta sugli acquisti effettuati nello svolgimento dell’attività economica.

5.1. Il motivo è inammissibile, in quanto introduce una questione giuridica del tutto nuova, in quanto non trattata nelle precedenti fasi del giudizio, implicante, altresì, un accertamento di fatto, imponendo la necessità di verificare se la violazione dei limiti di compensabilità sia stata realmente determinata da compensazioni principalmente riguardanti l’Iva.

5.2. In ogni caso va ricordato che la stessa Corte di Giustizia, con sentenza del 16 marzo 2017, Causa C-211/16 (Bimotor Spa), ha statuito che la Dir. 2006/112/CE, art. 183, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita la compensazione di taluni debiti tributari con crediti d’imposta sul valore aggiunto a un importo massimo determinato, per ogni periodo d’imposta, a condizione che l’ordinamento giuridico nazionale preveda comunque la possibilità per il soggetto passivo di recuperare tutto il credito d’imposta sul valore aggiunto entro un termine ragionevole (cfr. in tal senso anche Cass. 29/03/2017, n. 8101).

6. Il sesto motivo lamenta la violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, artt. 3 e 13, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, e dell’art. 117 Cost., in relazione all’art. 7 Cedu (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la CTR, in tema di sanzioni, applicato in via analogica il disposto del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, dettato in terna di omesso versamento di imposte, e dunque violato il divieto di analogia previsto in materia penale; ciò sulla base della natura afflittiva e punitiva delle sanzioni in oggetto, desunta dall’applicazione degli Engel’s criteria costantemente utilizzati dalla giurisprudenza della Corte IEDU.

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Non ricorre, infatti, nel caso di specie alcuna applicazione analogica dell’art. 13 cit., il quale, piuttosto, è stato fatto oggetto di un’applicazione diretta.

6.3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, il superamento del limite massimo dei crediti di imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, in quanto il contribuente, utilizzando il credito oltre il limite di legge, non ha versato parte delle somme dovute all’Erario (cfr. in tal senso Cass. 17/04/2019, n. 10708; Cass. 26/10/2012, n. 18359). L’equivalenza tra le due fattispecie (ossia tra la compensazione oltre il limite e l’omesso versamento) non va intesa nel senso che la fattispecie normativa di cui all’art. 13 è stata applicata ad un caso diverso da quello previsto, ma nel senso che l’ipotesi concreta (ossia il superamento del limite massimo) è direttamente riconducibile al disposto normativo.

7. Con il settimo motivo il contribuente si duole della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 8, commi 1 e 8, e degli artt. 3 e 53 Cost. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in quanto la CTR, nel ritenere la compensazione soggetta al limite di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 34, avrebbe violato le norme richiamate.

7.1. Il motivo è infondato.

7.2. Sul punto deve darsi continuità all’orientamento già espresso da questa Corte, secondo cui la L. n. 212 del 2000, art. 8, prevede che l’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione, e l’art. 34 ha posto solo un limite massimo annuale alla compensabilità dei crediti di imposta; inoltre le norme dello Statuto del contribuente, emanate in attuazione della Costituzione, costituiscono criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie, ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria e conseguentemente non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (cfr. in tal senso Cass. 17/04/2019, n.:10708 e Cass. 16/01/2015, n. 696).

8. Le ragioni che precedono impongono, dunque, il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Pone le spese del giudizio di legittimità a carico del ricorrente, liquidandole in Euro 7.000 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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