LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FALLIMENTO della ***** s.r.l., in persona del curatore fallimentare pro tempore, elettivamente domiciliato in *****
presso lo studio dell’Avv. Sebastiano Ribaudo e rappresentato e difeso, per procura a margine del ricorso, dall’Avv. Aldo Algani.
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici dell’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è
rappresentata e difesa.
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 4709/66/14 della Commissione tributaria regionale della Lombardia-sezione staccata di Brescia, depositata il 18 settembre 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 luglio 2021 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.
RILEVATO
che:
il Curatore del fallimento della ***** s.r.l. propose ricorso avverso gli avvisi di rettifica, relativi a IVA e sanzioni degli anni di imposta 1993 e 1994, con cui, sulla base delle relazioni ex art. 33 L. Fall. presentate dallo stesso curatore al Giudice delegato, erano state contestate omessa fatturazione di operazioni imponibili e fatturazione di operazioni inesistenti.
I ricorsi, previa riunione, vennero parzialmente accolti dall’adita C.T.P. che ritenne insussistente la contestata omessa fatturazione di operazioni imponibili per gli anni 1993 e 1994, non essendo stata data la prova del pagamento di un prezzo maggiore del fatturato o che quanto fatturato fosse inferiore all’effettivi, mentre rigettò le doglianze del fallimento in ordine alle indebite detrazioni relative all’anno 1993, emergendo la fittizietà delle fatture perché duplicazione di altre relative a operazioni già fatturate nel 1992.
La decisione, appellata, sui capi rispettivamente sfavorevoli da entrambe le parti, venne confermata dalla C.T.R. della Lombardia con sentenza che venne gravata di ricorso per cassazione.
Questa Corte, con sentenza n. 3524/2012, in accoglimento del quarto motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate cassò la sentenza impugnata disponendo rinvio innanzi al giudice di merito.
Riassunto il giudizio da parte della curatela, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe, in dispositivo, respingeva l’appello della società. In motivazione la C.T.R. riteneva che sussistessero i presupposti legittimanti, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, la rettifica della dichiarazione IVA presentata dalla contribuente e che l’operato della Guardia di Finanza fosse esaustivo in quanto basato su ampia disamina della documentazione, peraltro, supportata sia dalla relazione del Curatore che dai risultati della comparazione effettuata dallo stesso Curatore con l’ausilio di alcuni giornalisti.
Avverso la sentenza la Curatela ha proposto, affidandolo a tre motivi, ricorso cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo – rubricato: error in iudicando, riguardo alla violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente, premesso che, nel ricorso in riassunzione innanzi al Giudice del rinvio, aveva ribadito la violazione della norma indicata in rubrica giacché dalla mera relazione del curatore posta a fondamento degli avvisi di accertamento non poteva evincersi la sussistenza degli elementi per procedere alla rettifica della dichiarazione IVA, denuncia come anche il Giudice del rinvio sia incorso, nel legittimare gli avvisi impugnati, nel medesimo errore di interpretazione della norma.
2. Con il secondo motivo, articolato in subordine, si deduce l’omesso esame da parte della C.T.R. del fatto decisivo costituito dalla circostanza che nessun corrispettivo risultava mai essere stato corrisposto per gli importi rilevati né era mai stata emessa alcuna fattura per importi inferiori a quelli pattuiti, in quanto gli importi, riportati nella sentenza, corrispondevano a una mera supposta (da parte del Curatore) differenza tra i costi delle prestazioni svolte nei due anni oggetto di accertamento e quelli delle prestazioni degli anni 1991 e 1992.
3. Entrambe le censure non possono trovare accoglimento. Svolgendo l’accertamento demandandole da questa Corte, la C.T.R. ha accertato che sussistevano i presupposti per procedere alla rettifica della dichiarazione della contribuente ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in quanto lo stesso era fondato su una base di molteplici elementi, solo in parte riguardanti mere supposizioni del curatore ma fondati altresì su documentazione esaminata dalla Guardia di finanza e della oggettiva comparazione effettuata con l’ausilio dei giornalisti. A fronte di tale tipo di accertamento fattuale, che resiste al secondo motivo di ricorso, apparendo dalla motivazione che la C.T.R. abbia tenuto conto delle circostanze in fatto ivi indicate, la prima censura è inammissibile, risolvendosi nel tentativo di una inammissibile, in questa sede, rivisitazione delle valutazioni effettuate dal Giudice di merito.
4. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia in ordine alle dettagliate contestazioni compiute dal fallimento ***** sulle fatture portatrici di operazioni asseritamente inesistenti.
4.1 La censura è fondata. La sentenza impugnata risulta incentrata esclusivamente sulle questioni attinenti all’omessa fatturazione omettendo di pronunciare sulla diversa questione, anch’essa facente parte del devolutum, relativa all’indebita detrazione per operazioni inesistenti.
5. In conclusione, in accoglimento del solo terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo.
Cassa la sentenza impugnata, nei limiti dei motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia-Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021