Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.25063 del 16/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12387/2016 proposto da:

***** S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via F. de Sanctis n. 15, presso lo studio dell’avvocato Pierpaolo Polese, rappresentata e difesa dall’avvocato Carlo Zauli, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** S.r.l., FALLIMENTO ***** S.r.l.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 454/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, del 16/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/04/2021 dal Cons. Dott. LUCA SOLAINI.

RILEVATO

che:

Con sentenza del 16.3.2016, la Corte di Appello di Bologna ha rigettato il reclamo L. Fall., ex art. 18, proposto da ***** srl avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, pronunciata dal Tribunale di Forlì su domanda del Fallimento ***** srl.

La corte territoriale, per ciò che in questa sede ancora interessa: a) ha ritenuto il Fallimento ***** pienamente legittimato a presentare l’istanza L. Fall., ex art. 6, rilevando che la sussistenza del credito di Euro 780.000, vantato da ***** s.r.l. nei confronti di ***** in corrispettivo della cessione di due contratti preliminari di trasferimento di quote societarie, benché non accertata giudizialmente, era stata riconosciuta dalla reclamante, che aveva contestato solo l’ammontare del debito, registrato nella propria contabilità nel minor importo di Euro 300.000; b) ha escluso che il credito in questione fosse prescritto, rilevando che il decorso del termine di prescrizione era stato interrotto mediante l’invio ad ***** di una lettera raccomandata di messa in mora in data 27.3.2012; c) ha rilevato che la reclamante, il cui ultimo bilancio approvato e depositato risaliva all’esercizio 2009, non aveva provato di non essere assoggettabile a fallimento ai sensi della L. Fall., art. 1, comma 2 e che, comunque, già da detto bilancio, nel quale erano appostati debiti per oltre quattro milioni di Euro, emergeva la fallibilità della società, confermata dagli accertamenti disposti dal tribunale per il tramite della GdF, da cui era risultata l’esistenza di debiti di ammontare di gran lunga superiore alla soglia dei 500.000 Euro, fra i quali debiti per oltre cinque milioni di Euro nei soli confronti dell’erario.

Avverso la sentenza ***** srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, illustrati da memoria; le parti intimate non hanno spiegato difese.

CONSIDERATO

che:

1. La ricorrente denuncia:

1.1. col primo motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la corte d’appello ignorato le sue difese, dalle quali emergeva chiaramente la contestazione del credito del Fallimento ***** non solo nel quantum ma anche nell’an;

1.2. col secondo motivo, la violazione della L. Fall., art. 6, per avere i giudici del merito dichiarato il fallimento su istanza di un soggetto che non era creditore;

1.3. con il terzo motivo, la violazione dell’art. 24 Cost., art. 345 c.p.c., comma 3 e L. Fall., art. 15, comma 6, per omessa motivazione in ordine all’implicito rigetto dell’istanza istruttoria di ammissione di una CTU, ai fini della verifica della sua non assoggettabilità a fallimento ai sensi della L. Fall., art. 1, comma 2;

1.4 con il quarto motivo, la violazione della L. Fall., art. 6, per avere la corte territoriale ritenuto che il giudice della fase prefallimentare potesse demandare d’ufficio accertamenti alla GdF;

1.5. con il quinto motivo, la violazione del giudicato esterno, avendo la corte d’appello erroneamente affermato che la sentenza n. 328/2010, emessa a definizione di un procedimento inerente la verifica dei rapporti intercorsi fra essa e ***** srl, avesse accertato l’avvenuta cessione di quote sociali sottostante al credito azionato dal Fallimento ***** L. Fall., ex art. 6;

1.6. con il sesto motivo, l’omesso esame del fatto decisivo costituito dalla sopravvenuta risoluzione e/o inefficacia del contratto su cui si fondava il presunto credito di *****;

1.7 con il settimo motivo, la nullità della sentenza per omessa motivazione sull’eccezione di prescrizione di tale credito.

2. Il primo motivo è inammissibile, con conseguente assorbimento del secondo, sia perché il vizio di motivazione, denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non attiene all’omesso esame delle difese delle parti, ma a quello di fatti decisivi, documentati in causa e astrattamente idonei a determinare un diverso esito della controversia, sia perché non investe l’autonomo accertamento della corte del merito secondo il quale l’esistenza del credito di ***** risultava provata anche dalla sua avvenuta registrazione nella contabilità di *****, sebbene in un importo minore di quello indicato dal Fallimento istante.

3. Anche il terzo motivo è inammissibile, in quanto – al di là del rilievo che la ctu non può essere disposta per sopperire alle carenze probatorie delle parti – in realtà la corte d’appello ha dato conto delle ragioni per le quali era superfluo ammettere tale mezzo istruttorio, laddove ha rilevato che sia dall’ultimo bilancio depositato da *****, sia dagli accertamenti eseguiti dalla GdF emergeva che i debiti della società ammontavano ad una somma ben maggiore di 500.000 Euro, fatto di per sé sufficiente a ritenerla assoggettabile a fallimento.

4. Il quarto motivo è infondato, alla luce del chiaro dettato normativo di cui della L. Fall., art. 15, commi 4 e 6, che abilitano il tribunale a richiedere informazioni urgenti e ad ammettere ed espletare i mezzi istruttori disposti d’ufficio, al fine di supplire alle carenze probatorie delle parti. Ne consegue che, a fronte del mancato deposito da parte di ***** dei bilanci degli ultimi tre anni, il tribunale (o il giudice delegato all’audizione) ben poteva avvalersi della GdF per verificare la situazione economica e patrimoniale della società.

5. Il quinto motivo è inammissibile, prima ancora che per mancata allegazione al ricorso della sentenza n. 328/2010 e per mancata indicazione dell’esatta sede processuale in cui essa potrebbe essere rintracciata all’interno del fascicolo d’ufficio o delle produzioni di parte, per difetto di interesse di ***** a veder verificata l’esatta portata del giudicato, posto che la corte d’appello ha affermato solo ad abundantiam che detta sentenza aveva accertato l’intervenuta cessione delle quote sociali riferibile al credito in contestazione.

6. Il sesto motivo è inammissibile, perché attiene a una questione che non è stata esaminata dal giudice del reclamo, rispetto alla quale avrebbe dunque dovuto essere denunciato il vizio processuale di omessa pronuncia; può aggiungersi che il motivo difetta anche dei requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in quanto non chiarisce in quali esatti termini la questione sia stata dedotta in sede d’appello (risulta incomprensibile, in difetto della precisa esposizione delle vicende che hanno dato luogo al sorgere del credito del Fallimento *****, il richiamo ad un successivo atto notarile di vendita che avrebbe sostituito il contratto di cessione del preliminare) e in quale esatta sede processuale risultino prodotti i documenti (contratto originario; atto notarile) sui quali si fonda.

7. Il settimo motivo è manifestamente infondato, avendo la corte d’appello espressamente accertato l’intervenuta interruzione del termine di prescrizione del credito (per effetto dell’invio ad *****, in data 27.3.2012, di una raccomandata di messa in mora).

Il ricorso va conclusivamente rigettato.

La mancata predisposizione di difese da parte degli intimati esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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