LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22658/2016 proposto da:
Deutsche Bank S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 284, presso lo studio dell’avvocato Greco Massimo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Danusso Giuseppe Massimiliano, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
e contro
Tau Metalli S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via A. Bertoloni n. 44/46, presso lo studio dell’avvocato Beretta Giovanni, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Maffeis Daniele, De Domenico Ambra, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato e alla comparsa di costituzione di nuovo difensore;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1139/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/05/2021 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.
FATTO E DIRITTO
RILEVATO CHE:
1. – Deutsche Bank S.p.A. ricorre per due mezzi, nei confronti di Tau Metalli S.p.A., contro la sentenza del 21 marzo 2016, con cui la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’impugnazione da essa proposta avverso un lodo arbitrale rituale reso tra le parti il 4 luglio 2013, regolando di conseguenza le spese di lite.
2. – Tau Metalli S.p.A. resiste con controricorso contenente ricorso qualificato come incidentale condizionato.
CONSIDERATO CHE:
3. – Il ricorso principale contiene due mezzi.
Il primo mezzo denuncia ai sensi del numero 3 dell’art. 360 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 3, in relazione al D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 4, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’inammissibilità dell’impugnazione per violazione delle regole relative al merito della controversia dovesse applicarsi alle domande di arbitrato proposta successivamente al 2 marzo 2006, nonostante l’anteriorità della convenzione di arbitrato.
Il secondo mezzo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare due motivi di nullità del lodo che avevano ad oggetto vizi procedimentali, come tali comunque estranei all’ambito di applicabilità del citato comma 3.
Dopo di che la ricorrente, pur dichiarando di ritenere insussistenti i presupposti per la cassazione sostitutiva, ha riproposto i cinque motivi di nullità del lodo già introdotti dinanzi alla Corte d’appello, per il caso che questa Corte ritengano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
4. – Il ricorso incidentale condizionato è spiegato ai fini della riproposizione, appunto a titolo di ricorso incidentale condizionato, “solo per scrupolo”, degli argomenti già spiegati in funzione della conferma del lodo, per l’ipotesi della decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p..
RITENUTO CHE:
5. – Il ricorso principale va accolto.
5.1. – E’ fondato il primo mezzo, nulla rilevando, contrariamente a quanto sostenuto nel controricorso, che esso sia stato erroneamente spiegato ai sensi del n. 3 anziché n. 4 dell’art. 360 c.p.c., dal momento che esso prospetta inequivocamente un error in procedendo.
Trova applicazione il principio secondo cui: “In tema di arbitrato, l’art. 829 c.p.c., comma 3, come riformulato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 24, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui al cit. D.Lgs. n. 40, art. 27, a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore della novella, ma, per stabilire se sia ammissibile l’impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge – cui l’art. 829 c.p.c., comma 3, rinvia – va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato, sicché, in caso di convenzione cd. di diritto comune stipulata anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina, nel silenzio delle parti deve intendersi ammissibile l’impugnazione del lodo, così disponendo l’art. 829 c.p.c., comma 2, nel testo previgente, salvo che le parti stesse avessero autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile” (Cass., Sez. Un., 9 maggio 2016, n. 9284; nello stesso senso si segnalano Cass. 17339/2017 e Cass. 14352/2018).
Ciò con la precisazione che il silenzio cui la decisione si riferisce è quello serbato al momento della stipulazione della convenzione arbitrale, sicché non può essere condiviso l’assunto della controricorrente secondo cui “dopo il 2 marzo 2006 non c’e’ stato silenzio” (pagina 23 del controricorso), con quanto secondo la medesima ne conseguirebbe.
5.2. – E’ fondato il secondo mezzo.
L’impugnazione per nullità del lodo arbitrale era stata basata su distinti motivi tra cui:
-) il terzo motivo, denunciava nullità del lodo ai sensi del numero 5 dell’art. 829 c.p.c., in ragione di evidenti contraddizioni nell’argomentazione, tali da non consentire di comprendere la ratio decidendi sottesa alla pronuncia arbitrale adottata;
-) il quarto motivo, denunciava (tra l’altro) nullità del lodo ai sensi della medesima disposizione a causa della mera apparenza della motivazione del lodo.
A detti motivi – in cui si riassume, nel profilo rescindente, la domanda rivolta alla Corte d’appello in sede di impugnazione per nullità – la sentenza impugnata non fa alcun riferimento, salvo a non credere che essa abbia inteso decidere sul punto con la frase, contenuta in apertura dell’ultima pagina della sentenza, “Ritenuta assorbita ogni altra questione dedotta e tratta”, tanto più che non è dato comprendere in qual modo la ritenuta inammissibilità delle denunce di errores in iudicando potesse assorbire, rendendo cioè ininfluenti, vizi di attività quali quelli denunciati, risolventisi, in tesi, in radicale carenza di motivazione.
Va dunque fatta applicazione del principio secondo cui l’assorbimento di una domanda in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte che, con la pronuncia sulla domanda assorbente, ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre quello in senso improprio è ravvisabile quando la decisione assorbente – ad avviso del giudice di merito – esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento erroneamente dichiarato si traduce in una omessa pronunzia (Cass. 12193/2020). La ritenuta esclusione dell’errore in iudicando – come osservato – non comporta alcuna perdita in interesse della parte alla pronuncia sugli errores in procedendo.
6. – La sentenza impugnata è cassata e rinviata alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che si atterra quanto dianzi dichiarato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
7. – Il ricorso incidentale condizionato è inammissibile.
Si tratta di un motivo spiegato per ragioni come si suol dire tuzioristiche, ma nella consapevolezza della inammissibilità, avendo la stessa controricorrente richiamato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso incidentale, sia pure condizionato, con il quale la parte vittoriosa in sede di merito riproponga questioni su cui i giudici di appello non si sono pronunciati, avendole ritenute assorbite dalla statuizione adottata, in quanto tali questioni, nel caso di cassazione della sentenza, rimangono impregiudicate e possono essere dedotte davanti al giudice di rinvio (Cass. 15 gennaio 2016, n. 574).
PQM
accoglie il ricorso principale, inammissibile l’incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021