LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 34870/2018 proposto da:
E.C., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico, 38, presso lo studio dell’avvocato Lanzilao Marco, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, *****;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 23/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/06/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da E.C., cittadino nigeriano (Delta State), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il richiedente asilo ha riferito di avere lasciato il proprio paese sia per il clima di guerriglia che si era creato quando i militanti del Delta avevano distrutto le tubature delle compagnie petrolifere sia perché minacciato di morte dagli abitanti del suo villaggio in quanto essendo cristiano si era rifiutato di adorare l’idolo, il coccodrillo. Davanti al giudice il ricorrente ha riferito anche dei maltrattamenti ricevuti nel periodo trascorso in Libia.
A sostegno delle ragioni di rigetto, il tribunale ha ritenuto le circostanze evidenziate dal ricorrente non riconducibili alle previsioni di cui all’art. 1 della Convenzione di Ginevra, escludendo, altresì, la configurabilità del rischio di danno grave nel senso indicato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ovvero una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato nonché la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 8 e segg. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), norma che rende obbligatoria l’audizione del ricorrente in assenza della disponibilità della videoregistrazione, come nella specie; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e della dir. 2004/83/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per violazione del potere-dovere officioso del giudice di acquisire informazioni e documenti rilevanti, nonché per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente il Tribunale non aveva riconosciuto i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, cui il ricorrente aveva diritto, in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese d’origine; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, anche in riferimento al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1, nonché della L. n. 110 del 2017, dell’art. 10 Cost. e dell’art. 3CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo vietata l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi per le sue condizioni oggettive di vulnerabilità.
Il primo motivo è infondato, in quanto per stessa ammissione del ricorrente, l’udienza per l’audizione è stata fissata dal tribunale e il richiedente è stato sentito ed ha confermato le dichiarazioni già rese davanti alla Commissione territoriale (come risulta anche dalla seconda pagina del decreto impugnato), laddove dell’art. 35 bis, comma 11, lett. a), si limita a prevedere che, in assenza di videoregistrazione, “l’udienza e’, altresì, disposta..”, formulazione da cui sembra evincersi che il tribunale poteva anche solo fissare udienza per la comparizione delle parti. Una volta che sia stato accertato che il tribunale abbia adempiuto all’obbligo procedurale, la censura su come abbia condotto l’audizione dell’interessato è inammissibile perché attiene al merito, mentre non viene dedotta alcuna specifica violazione procedurale.
Il terzo motivo è fondato con assorbimento dei restanti.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte” (Cass. n. 11101/19).
Nel caso di specie, il tribunale non cita alcuna fonte informativa a supporto della sua descrizione della situazione generale in Nigeria, mentre, il ricorrente, in sede di ricorso, fonda le sue censure al decreto impugnato su precise fonti informative (v. pp. 6 e 19 e ss. sulle violenze nei paesi di transito).
In accoglimento del terzo motivo, rigettato il primo e assorbiti i restanti, la sentenza va cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Roma, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia, in riferimento al motivo accolto.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e assorbe i restanti.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al tribunale di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021