Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.25082 del 16/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3633/2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Cavour n. 139, presso lo studio dell’avv. L. Migliaccio, che lo rappresenta e difende come da procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 499/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/11/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Perugia ha respinto il gravame proposto da M.A., cittadino pakistano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Perugia che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente, ha riferito di aver subito un tentativo di estorsione da parte dei membri del ***** per la sua attività commerciale, ma che non aveva pagato e che aveva denunciato i fatti alla polizia, riuscendo a far arrestare il responsabile che però veniva rilasciato dopo pochi giorni. Siccome il suo socio era stato ucciso dai medesimi membri del *****, decideva di lasciare il Pakistan, giungendo in Italia. A sostegno della propria decisione di rigetto, la Corte distrettuale ha ritenuto che, trattandosi di episodi di delinquenza comune alle quali le forze dell’ordine avevano reagito offrendo protezione e non avendo il ricorrente fatto riferimento alla paura di persecuzione nei suoi riguardi né ad alcun collegamento alla situazione socio politica del Pakistan, non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e nemmeno della protezione sussidiaria, neppure declinata secondo l’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. c), per l’assenza di una situazione di violenza indiscriminata determinata dall’esistenza di un conflitto armato, interno o internazionale. Neppure era stata allegata e dimostrata secondo la Corte d’appello, la ricorrenza di specifiche situazioni di vulnerabilità.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la Corte d’appello omesso di pronunciarsi sul profilo di rischio dedotto, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria; (ii) sotto un secondo profilo, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e relativo al rischio di danno grave, rilevante ai fini del riconoscimento di protezione sussidiaria, nell’ipotesi indicata del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), senza citare a conforto della decisione, alcuna fonte d’informazione; (iii) sotto un terzo profilo, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, relativo ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il primo motivo è fondato per l’effettiva assenza di pronuncia sull’ipotesi richiesta di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), avendo il ricorrente riportato, ai fini dell’autosufficienza, la medesima censura, che era stata proposta davanti alla Corte d’appello, tenendo conto che la credibilità del ricorrente non era mai stata posta in discussione dall’organo giudicante.

Il secondo motivo è fondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte”(Cass. n. 11101/19).

Nel caso di specie, la Corte d’appello non cita alcuna fonte informativa a supporto della sua descrizione della situazione generale del Pakistan, mentre, il ricorrente, in sede di ricorso, fonda le sue censure alla sentenza impugnata su precise fonti informative (v. pp. 9, 10 e 11).

Il terzo motivo riferito al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, resta assorbito dall’accoglimento dei primi due.

In accoglimento dei primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Perugia, affinché, alla luce di quanto sopra esposto, riesamini il merito della controversia.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso assorbito il terzo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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