LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14679/2020 proposto da:
K.I., elettivamente domiciliato in Fermignano, via R. Ruggeri 2/A, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Briganti, che lo rappresenta e difende in virtù di nomina e procura speciale allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, *****;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 19/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/05/2021 da Dott. MACRI’ BALDA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di K.I., originario di Abidjan, Costa d’Avorio, di riconoscimento della protezione internazionale, così confermando il provvedimento della Commissione territoriale di Ancona notificato in data 26 febbraio 2019. In particolare, ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente la protezione, il quale aveva riferito di essere fuggito perché temeva di essere ucciso dalla zia che lo riteneva responsabile della morte della nonna. Anche a voler credere al racconto, era inspiegabile che il ricorrente non si fosse spostato in un’altra città. Comunque si trattava di una vicenda privata e di giustizia comune. Dopo aver esaminato la situazione della Costa d’Avorio, il Tribunale ha concluso che non si registrava una situazione di conflitto armato o instabilità tale da comportare il rischio della persecuzione o del danno grave. Ha escluso poi la sussistenza dei requisiti della protezione, anche sotto la forma della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in quest’ultimo caso non essendo possibile formulare un giudizio prognostico di elevata vulnerabilità in caso di rimpatrio.
Il ricorrente presenta quattro motivi di censura.
Con il primo e con il secondo motivo lamenta l’omessa o apparente motivazione perché il Tribunale non aveva esaminato la situazione generale del Paese d’origine e le condizioni di salute documentate dal ricovero ospedaliero per psicosi acuta per cui la Commissione aveva chiesto al Questore un permesso per cure mediche.
Con il terzo eccepisce l’omessa attivazione dei poteri officiosi di cooperazione istruttoria, l’audizione dinanzi al GOT e l’omessa valutazione del processo migratorio. Con il quarto deduce la violazione degli art. 6 e 13 della Convenzione EDU, dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 46 della Direttiva Europea n. 2013/32.
Non si è costituito il Ministero dell’Interno.
Va innanzi tutto respinta l’eccezione in merito all’audizione espletata dal GOT. Le Sezioni Unite con sentenza n. 5425 del 26/02/2021, Rv. 660688-01 hanno affermato che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta. Inoltre, quanto all’obbligo di audizione in assenza di videoregistrazione, premesso che l’udienza si è tenuta per l’appunto innanzi al Giudice onorario di Tribunale, va ribadito che, in generale il giudice non ha l’obbligo di procedere all’audizione, a meno che il richiedente non ne faccia esplicita richiesta deducendo la necessità di rendere chiarimenti, correzioni e delucidazioni (Cass., Sez. 1, ord. n. 35439 del 2020, Rv. 659659 – 01).
Nel merito, ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato limitatamente al diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Ed invero, la vicenda narrata è certamente di tipo privato e quindi irrilevante del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria. Tutte le considerazioni svolte sono generiche e non si confrontano con la motivazione del decreto impugnato. Per la vulnerabilità, invece, va rilevato che il Tribunale ha omesso di valutare la permanenza in Libia dove era stato arrestato e torturato come riscontrato nel certificato medico prodotto e la condizione psichiatrica di fragilità, avendo sofferto di un episodio psicotico acuto per il quale assumeva la terapia. Si tratta di fatti decisivi non esaminati nel decreto impugnato. Ed invero la Commissione aveva richiesto al Questore solo il permesso per cure mediche, ma il ricorrente ha invocato la protezione umanitaria per i gravi problemi di saluti, tema sul quale il Tribunale ha in sostanza omesso di motivare.
S’impone pertanto la cassazione con rinvio per consentire ai Giudici di merito di accertare la natura e l’entità delle patologie e la possibilità concreta di cura nel Paese di provenienza, ai fini del riconoscimento del permesso umanitario.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato perché consiste in una clausola di mero stile.
P.Q.M.
La Corte cassa il decreto impugnato limitatamente alla riconoscibilità del permesso di soggiorno per gravi motivi umanitari e rinvia al Tribunale di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021