Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.25107 del 16/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22853/2020 proposto da:

I.B.O., rappresentato e difeso dall’avvocato Rosaria Tassinari, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1739/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 22/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/05/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1739/2020 depositata il 22-6-2020, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da I.B.O., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese perché la situazione non era tranquilla e non aveva più nessuno della sua famiglia, narrando di essersi salvato dall’attentato terroristico avvenuto a *****, di essersi perciò recato prima in Niger, da cui pure era dovuto fuggire perché la moglie dell’uomo che lo ospitava voleva costringerlo ad avere una relazione sessuale, minacciando, ove si fosse rifiutato, di denunciarlo per violenza sessuale, e di seguito di essersi recato in Libia. La Corte territoriale, condividendo il giudizio espresso dal Tribunale, ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente (pag. 5 sentenza), essendo non provata né l’identità, né la provenienza del richiedente, e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare, quanto al diniego della protezione sussidiaria e umanitaria, la Corte di merito ha affermato che “l’inattendibilità delle dichiarazioni dell’appellante travolge ogni allegazione in fatto riguardante la vita del medesimo nel paese di origine”, da ciò conseguendo, ai fini della protezione sussidiaria e umanitaria, l’impossibilità di effettuare il giudizio comparativo come da sentenza n. 29460/2019 delle Sezioni Unite di questa Corte, non essendo inoltre dimostrata l’integrazione sociale in Italia, non desumibile da alcuni lavori saltuari svolti dal richiedente.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia: (i) con il primo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, lamentando la violazione del dovere istruttorio ufficioso, per non avere la Corte d’appello assolto all’onere di cooperazione istruttoria al fine di verificare la verosimiglianza della vicenda personale narrata, nonché lamentando la violazione del principio dell’onere probatorio attenuato e l’errata valutazione dei parametri di credibilità, essendo comprensibili, anche in relazione al basso livello di scolarità del richiedente, le lacune del suo racconto, per essere egli arrivato in Italia dopo un lungo viaggio in luoghi pericolosi e “in mano a trafficanti”; (ii) con il secondo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere verificato la Corte d’appello la sussistenza nel suo Paese di una situazione di violenza indiscriminata mediante concreta ed attuale indagine, nonché difetto di motivazione, per non avere la Corte di merito minimamente analizzato la situazione socio politica della Nigeria, né analizzato quanto risulta dal sito ***** della Farnesina che richiama, unitamente a pronunce di questa Corte e di merito e al rapporto di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani; (iii) con il terzo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere la Corte territoriale negato la protezione umanitaria, senza considerare la sua situazione di vulnerabilità, da valutarsi, in base ai principi affermati da questa Corte con la pronuncia n. 4455/2018, tenendo conto del suo comportamento irreprensibile, dello svolgimento di attività a tempo indeterminato, come da contratto, buste paga e cud allegati al ricorso, nonché del fatto che in caso di rimpatrio il ricorrente sarebbe destinato ad una vita di privazione e di stenti.

2. Il primo motivo è inammissibile.

2.1. Il giudizio di non credibilità è stato espresso, con motivazione adeguata, dalla Corte d’appello, che, in applicazione dei parametri di legge, ha evidenziato in dettaglio le plurime discrepanze e contraddittorietà del racconto del richiedente (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), effettuando un accertamento di fatto non efficacemente sindacato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il ricorrente deduce, infatti, genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità, difforme da quella accertata nel giudizio di merito. Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018; Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

3. Il secondo motivo è fondato.

3.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, nei procedimenti in materia di protezione internazionale, la valutazione di inattendibilità del racconto del richiedente, per la parte relativa alle vicende personali di quest’ultimo, non incide sulla verifica dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in quanto la valutazione da svolgere per questa forma di protezione internazionale è incentrata sull’accertamento officioso della situazione generale esistente nell’area di provenienza del cittadino straniero (Cass. 16122/2020). Inoltre, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate; al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti aggiornate in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante per la decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di detta informazione con riguardo alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (tra le tante, da ultimo Cass. 9230/2020; Cass. 262/2021); si è aggiunto che il giudice di merito è tenuto ad indicare l’autorità o l’ente da cui la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. citato (Cass. 1777/2021).

3.2. Nel caso di specie, la Corte di merito non ha specificamente esaminato la domanda diretta ad ottenere la protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c) citato, pur dando atto della devoluzione in appello anche di detta domanda (cfr. pag. n. 3 e 4 della sentenza impugnata) e dunque non ha effettuato alcun accertamento ufficioso sulla corrispondente situazione di rilevanza. La Corte d’appello ha affermato che, in considerazione della non credibilità dell’appellante, non fosse provata l’identità dell’appellante e la sua provenienza, senza altro specificare, anche a confutazione di quanto accertato dal Tribunale sulla provenienza del richiedente dalla Nigeria e in particolare dall’Edo State (pag. 3 della sentenza impugnata).

E’ pertanto fondata la doglianza espressa con il secondo motivo, nella parte in cui si denuncia il difetto di motivazione sulla domanda di cui trattasi e la violazione del dovere di cooperazione istruttoria nell’accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, in modo che la domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate.

4. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, dichiarati inammissibile il primo ed assorbito il terzo, avente ad oggetto la protezione “minore”, con la cassazione della sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvio della causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo di ricorso, dichiarati inammissibile il primo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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