LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25375/2020 proposto da:
D.B., rappresentato e difeso dall’avvocato Nanula Valentina, giusta procura speciale allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 742/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 24/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/05/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 742/2020 depositata il 24-7-2020, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da D.B., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese per timore di essere ucciso dagli zii per questioni attinenti ad un terreno che il richiedente aveva ereditato dal padre. La Corte territoriale ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione del Mali, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente denuncia: (i) con il primo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, lamentando la violazione del dovere istruttorio ufficioso, per non avere la Corte d’appello assolto all’onere di cooperazione istruttoria al fine di verificare la verosimiglianza della vicenda personale narrata e la situazione generale del Mali, come da fonti internazionali più aggiornate citate nelle pronunce di merito che richiama; (ii) con il secondo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, per avere la Corte territoriale negato la protezione umanitaria, senza considerare la sua situazione di vulnerabilità, da valutarsi, in base ai principi affermati da questa Corte con la pronuncia n. 4455/2018, e senza tenere conto del fatto che il richiedente si era adoperato attivamente al fine di apprendere la lingua italiana e di inserirsi positivamente nel tessuto socioeconomico italiano, come comprovato dalle attività lavorative svolte, del lungo tempo trascorso dalla partenza dal suo Paese e del suo vissuto in Libia, dove veniva ingiustamente sfruttato.
2. I motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili perché difettano di specificità e sollecitano un riesame di merito.
2.1. La vicenda personale narrata dal ricorrente è stata ritenuta, con motivazione adeguata e in applicazione dei parametri legali, non credibile dalla Corte d’appello, che ha in dettaglio indicato profili di incoerenza e contraddittorietà del racconto (pag. 5 e 6 sentenza impugnata). Il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità, difforme da quella accertata nel giudizio di merito. Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018; Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).
2.2.Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018).
Nel caso di specie, la Corte d’appello, in base alle fonti di conoscenza Amnesty International 2017-2018 e Human Rights Watch 2017, ha affermato che la zona di provenienza del ricorrente (Kayes) non è attualmente interessata dalla guerra civile del Nord del Mali. A fronte di tale accertamento fattuale, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è stato ritualmente denunciato dal ricorrente, il quale richiama non fonti di conoscenza da egli indicate in appello (Cass. n. 899/2021), ma una serie di pronunce di merito, ed in particolare un decreto del Tribunale di Milano, pubblicato, per quanto è dato comprendere, successivamente alla sentenza impugnata, senza che sia dato evincere se e quando dette pronunce siano state prodotte in appello e quale ne sia il preciso contenuto, con riferimento alla zona di provenienza del richiedente, stante la genericità delle stesse informazioni riportate al riguardo in ricorso.
2.3. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).
Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, afferma genericamente di essere soggetto vulnerabile e di essere integrato in Italia, senza dedurre di aver allegato nei giudizi di merito elementi concreti ed individualizzanti di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019). La Corte di merito, con motivazione idonea, ha escluso la sussistenza di profili di vulnerabilità soggettiva del ricorrente, nonché la ricorrenza di una situazione di emergenza generalizzata in Mali. Nella sentenza impugnata non è menzionata l’integrazione lavorativa e sociale del ricorrente, che un ricorso la richiama, indicando un documento (doc. 2) senza esporne il contenuto, né precisare quando, come e dove nel giudizio di merito abbia allegato la relativa circostanza (Cass. n. 16347/2018), difettando, così, la censura anche di autosufficienza.
3. Nulla deve disporsi circa le spese di lite del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021