LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15637/2020 proposto da:
M.A.K., elettivamente domiciliato in Roma Via Muzio Clemente n. 51, presso lo studio dell’avvocato Santagata Valerio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Miraglia Raffaele;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (*****) in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2739/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/05/2021 dal Consigliere relatore Dott. Rita RUSSO.
RILEVATO
Che:
Il ricorrente, cittadino della Costa d’Avorio, ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Bologna pubblicata il 3 ottobre 2019, con la quale, in accoglimento dell’appello proposto dal Ministero dell’Interno, è stato revocato il permesso di soggiorno per motivi umanitari, già riconosciuto dal Tribunale.
La Corte d’appello ha ritenuto che non emergono, nella fattispecie, ragioni di tutela temporanea e che la concessione della protezione umanitaria realizzerebbe un effetto equivalente alla protezione sussidiaria, per la quale tuttavia non sussistono i requisiti.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente, affidandosi a due motivi.
Il Ministero, non costituito tempestivamente, ha depositato istanza con richiesta di partecipare alla eventuale discussione orale.
La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 18 maggio 2021.
RITENUTO
Che:
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in riferimento agli artt. 2,3,30 Cost. e art. 8 CEDU.
Il ricorrente deduce che la Corte non ha illustrato i motivi per i quali le ragioni di protezione umanitaria già riconosciuta dal Tribunale non sarebbero validi, limitandosi a rilevare l’insufficienza del percorso di integrazione. Rileva di avere prospettato che egli lavora stabilmente per il centro di accoglienza che lo aveva già accolto, che ha relazioni sociali, gioca a calcio, è integrato nel tessuto sociale italiano ed ha avuto un figlio da una cittadina italiana. A fronte di ciò la Corte d’appello di Bologna ha applicato in maniera seriale la giurisprudenza della Cassazione, senza svolgere alcuna valutazione comparativa.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e in particolare la paternità di un figlio la cui madre è cittadina italiana. Espone che il bambino è nato il ***** e che i genitori della ragazza l’hanno allontanata da lui e pertanto egli ha chiesto assistenza legale per il riconoscimento; espone altresì che nelle more dell’appello ha avuto un altro figlio da una donna con la quale ha una relazione stabile.
2.1.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati.
La Corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado sulla base di alcune stereotipate considerazioni sull’insufficienza dell’integrazione sociale, affermando che non emergono ragioni di tutela temporanea e pertanto la “concessione” della protezione umanitaria realizzerebbe un effetto equivalente alla protezione sussidiaria.
Così facendo il giudice d’appello ha erroneamente applicato il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non considerando che il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere il frutto di autonoma valutazione rispetto alle due forme di protezioni maggiori, avente ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. 8819/2020; Cass. 11935/2020).
Non si tratta peraltro di una “concessione” da parte del giudice o della autorità amministrativa, ma del riconoscimento di un diritto preesistente, posto che anche la protezione umanitaria e’, come le protezioni maggiori, ascrivibile all’area dei diritti fondamentali, ed è espressione del diritto di asilo costituzionale (Cass. sez. un. 29459/2019).
Ha inoltre errato la Corte d’appello a non valutare le dedotte relazioni familiari del richiedente.
Il diritto alla relazione familiare con la prole è diritto fondamentale della persona e va considerato sia con riferimento alla posizione del minore che con riferimento alla posizione dell’adulto, trattandosi del diritto di vivere insieme o comunque di godere della reciproca compagnia affinché i rapporti familiari possano svilupparsi normalmente (Corte Edu Marckx c. Belgio, 13.6.1979, p. 31; Corte Edu, Olsson c. Svezia 24/3/1988, p. 59). Rilevano a tal fine anche i legami biologici non ancora giuridicamente riconosciuti e i legami di fatto che abbiano una solida e genuina base, in particolare valutandosi l’interesse dimostrato dal padre nei confronti del figlio biologico prima e dopo la nascita (Corte Edu, L. c. Paesi Bassi, 1/9/2004, p. 36; Paradiso e Campanelli Grande Camera, 24/1/2017).
Si tratta pertanto di uno di quei fattori che concorrono, insieme ad altri, a definire una condizione di particolare vulnerabilità cui accordare tutela, in adempimento degli obblighi costituzionali e internazionali – rilevante anche qualora non si configuri il presupposto della convivenza con cittadino italiano ai fini del divieto di espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 – e del quale il giudice di merito deve tenere conto, valutando su base individuale se il rimpatrio comporterebbe in questi casi una ingiustificata compressione del diritto (Cass. n. 1347/2021; Cass. 5506/2021; Cass. 23720/2020).
Ne consegue, in accoglimento di entrambi i motivi del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello Bologna in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in una diversa composizione per un nuovo esame, per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio da remoto, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021