Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza Interlocutoria n.25139 del 16/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 22167/2020 proposto da:

S.K., elettivamente domiciliato in Petilia Policastro (KR), alla via Arringa n. 60, presso lo studio dell’avv. Giovanbattista Scordamaglia, che lo rappresenta e difende in virtù di nomina e procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2303/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 03/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/05/2021 da Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.

FATTI DI CAUSA

S.K., cittadino del Pakistan, ricorre con tre motivi avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 3 dicembre 2019 che rigettava la sua impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che confermava il diniego da parte della Commissione territoriale del riconoscimento del suo status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il richiedente fondava la richiesta sulle seguenti circostanze:

un giorno lo S. ricevette una busta da consegnare al suo datore di lavoro; la polizia, che lo fermò per un controllo, trovò nella busta un passaporto falso e una “grossa cifra di danaro”; quindi, con l’aiuto dello S., la polizia arrestò il datore di lavoro; il fratello dello S. venne ucciso in quei giorni con un colpo d’arma da fuoco.

La Corte riteneva tale vicenda poco plausibile, essendovi peraltro lacune, approssimazione e incongruenze su elementi rilevanti; perciò escludeva lo status di rifugiato. Escludeva, inoltre, la protezione sussidiaria in quanto il Pakistan, nel territorio di residenza del ricorrente, presenta condizioni stabili come da fonti internazionali. Quanto alla protezione umanitaria, la Corte dava atto che vi era prova dell’inserimento lavorativo e sociale del richiedente, ma che ciò non bastava a fondare la protezione umanitaria in quanto il richiedente non ha fatto riferimento a situazioni di indigenza o compromissione della dignità personale nel paese di origine.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

con l’ordinanza interlocutoria n. 28316 del 2020 dell’11.12.2020 è stata rimessa alle S.U. la questione di massima di particolare importanza avente ad oggetto la configurabilità del diritto alla protezione umanitaria, nella vigenza del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, quando sia stato accertato il radicamento del cittadino straniero, fondato su indici di stabilità lavorativa e relazionale, la cui modificazione mediante il rimpatrio possa ritenersi idonea a determinare una situazione di vulnerabilità dovuta alla compromissione del diritto alla vita privata o familiare;

la questione appare rilevante nel presente giudizio, in cui risulta accertato che il ricorrente lavora stabilmente in Italia.

P.Q.M.

rinvia a nuovo ruolo, in attesa della decisione delle S.U..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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