LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5025/2017 proposto da:
Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.V., Equitalia Servizi di Riscossione Spa;
– intimati –
avverso la sentenza n. 84/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di LECCE, depositata il 15/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/09/2021 dal consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.
PREMESSO che:
1. l’Agenzia delle Entrate, risultata soccombente davanti alla CTP di Lecce in causa su atto di liquidazione di imposta di registro emesso nei confronti di C.V., proponeva appello alla CTR della Puglia. Quest’ultima, con sentenza 1398 del 2014, dichiarava l’appello inammissibile affermando: “risulta che l’appello dell’Ufficio non è stato ricevuto dal contribuente. Per cui, non essendoci stata la regolare istituzione del contraddittorio, all’appellato non è stato consentito di difendersi e controdedurre”. Avverso tale dichiarazione di inammissibilità, l’Agenzia ricorreva ex art. 395 c.p.c., n. 4, sostenendo che i documenti prodotti attestavano l’avvenuta, rituale notifica dell’appello presso il difensore del contribuente. Con la decisione in epigrafe, la CTR della Puglia ha rigettato il ricorso per revocazione sul motivo che “il fatto denunciato come errore revocatorio, in realtà, involge l’attività di valutazione del giudice su un punto decisivo della controversia sul quale la impugnata decisione ha espressamente motivato”. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della suddetta decisione lamentandone la contrarietà all’art. 395 c.p.c., n. 4;
2. il contribuente non si è costituito.
CONSIDERATO
che:
1. ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, una sentenza di appello è impugnabile per revocazione se “e’ l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, il “fatto” a cui la disposizione ha riferimento può essere, oltre che un accadimento della realtà materiale, anche un fatto della realtà del giudizio, quale un documento che concretizzi l’esercizio di un potere processuale. In questo senso, tra molte, si richiama, per la vicinanza della fattispecie trattata a quella che occupa, l’ordinanza n. 23173 del 2016, con cui, in aderenza alla sentenza delle Sezioni Unite n. 15227 del 2009, è stato affermato: “In tema d’impugnazioni, la parte, la quale lamenti che il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile il gravame sull’erroneo presupposto della non corretta notifica del suo atto introduttivo, ha l’onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria, e non col ricorso per cassazione, ove l’errore dipenda da una falsa percezione della realtà ovvero da una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile (nella specie, l’omesso esame dell’avviso di ricevimento), la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività”; analogamente, più di recente, Cass. ord. n. 20113 del 2020.
Quanto sopra premesso, il ricorso è fondato: il giudice di appello ha affermato che dagli atti di causa non risultava che l’atto introduttivo del giudizio fosse stato notificato; l’affermazione non esprime giudizi o valutazioni di sorta; al contrario, esterna la percezione di una realtà; ne consegue che la CTR della Puglia avrebbe dovuto ritenere ammissibile il rimedio della revocazione e valutarne la fondatezza per poi, riscontrata quest’ultima, decidere dell’appello dell’Agenzia;
2. riguardo a detta valutazione, posto che nel ricorso per cassazione vengono riprodotti in fotocopia i documenti attestanti l’avvenuta notifica dell’appello e che, quindi, non vi sono accertamenti in fatto da svolgere, la stessa può essere compiuta da questa Corte ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c.. La valutazione con esito positivo comporta la revoca della sentenza n. 1398/24/14;
3. conclusivamente: il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la sentenza n. 1398/24/14 va revocata. La causa va rinviata alla CTR della Puglia, in altra composizione, per la disamina appello dell’Agenzia delle Entrate;
4. il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese dell’intero processo.
PQM
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata n. 84/2016 e, decidendo nel merito, revoca la sentenza n. 1398/24/2014; rinvia la causa, anche per le spese, alla CTR della Puglia, in diversa composizione, per esame dell’appello dell’Agenzia delle Entrate. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenutasi con modalità da remoto, il 8 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021