Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.25164 del 17/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Primo Presidente f.f. –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7952/2020 proposto da:

U.C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI 4, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA SCAFARELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato IVO TSCHURTSCHENTHALER;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio dell’avvocato MICHELE COSTA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati RENATE VON GUGGENBERG, LUKAS PLANCKER, JUTTA SEGNA, MICHELE PURRELLO e LAURA FADANELLI;

– controricorrente –

e contro

ENERGY OPPORTUNITY S.R.L., T.A., E.M.E.G. DI P.A.

& CO. S.A.S., PE.EL., U.H., V.J., V.V.D.Y.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 220/2019 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 27/11/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/06/2021 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.

FATTI DI CAUSA

1. La s.r.l. Energy Opportunity, T.A., la E.M.E.G. s.a.s. di P.U. & C., U.C.M., Pe.El., U.H., V.J. e V.V.D.y.D., con distinti ed autonomi ricorsi, impugnavano, dinanzi al TSAP, il diniego loro opposto dalla Provincia autonoma di Bolzano sulle singole rispettive domande di concessione di derivazione d’acqua a scopo idroelettrico da rii o torrenti provinciali. In via cumulativa, oltre a proporre domanda di risarcimento del danno, chiedevano che venisse dichiarata la nullità della deliberazione della Giunta provinciale n. 834 del 14 luglio 2015, avente ad oggetto “Tratti di corsi d’acqua particolarmente sensibili ai sensi della L.P. n. 2 del 2015, art. 34”, con relativo allegato, nonché l’inapplicabilità della disciplina transitoria dettata dalla citata legge (sulla cui base erano state valutate le istanze formulate dagli stessi ricorrenti).

Con i comuni motivi di impugnazione avanzati i medesimi ricorrenti deducevano la violazione dei principio generale del “tempus regit actum”, del legittimo affidamento e di certezza del diritto, prospettando, altresì, profili di incostituzionalità della suddetta normativa provinciale avente efficacia retroattiva in asserita violazione degli artt. 3,25,117 Cost. e art. 11 preleggi.

Si costituiva in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, la quale eccepiva – in primo luogo – l’inammissibilità dei ricorsi per omessa tempestiva impugnazione della menzionata Delib. Giunta n. 834 del 2015, instando, in subordine, per il rigetto degli stessi nel merito.

Nel corso del giudizio, sul rilievo che con il D.P.R. 22 giugno 2017, era stato approvato il Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche della citata Provincia autonoma, la stessa eccepiva anche l’improcedibilità dei ricorsi avendo detta Provincia definitivamente confermato l’esclusione dei corsi d’acqua, cui erano riferite le domande dei ricorrenti, dall’uso idroelettrico.

2. L’adito TSAP, con sentenza n. 220/2019 (pubblicata il 27 novembre 2019), previa riunione di tutti i ricorsi, li ha integralmente respinti.

Disattese le pregiudiziali eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità dedotte dalla Provincia autonoma di Bolzano, il TSAP ha ritenuto che la cornice normativa di riferimento, rilevante in causa, individuava una disciplina attuativa degli indirizzi dettati a livello unionale per lo sfruttamento idroelettrico dei corsi d’acqua volta a contemperarne l’uso con la tutela dell’ambiente di cui l’acqua fluviale costituisce componente essenziale.

Ciò premesso, lo stesso TSAP ha osservato che il decreto n. 834/2015 doveva considerarsi preordinato al raggiungimento dell’indicato scopo, ragion per cui, fino alla definitiva approvazione del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche, i corsi d’acqua considerati sensibili erano da ritenersi sottratti al regime concessorio.

Pertanto, lungi dall’aver efficacia retroattiva nella prospettata violazione dell’art. 25 Cost. o dell’art. 11 preleggi, la citata Delib. n. 834 del 2015, aveva legittimamente applicato il disposto della L.P. n. 2 del 2015, art. 34, ai procedimenti che, ancorché iniziati in data anteriore all’emanazione di tale Delibera, in quel momento non risultavano ancora essere stati conclusi.

Ne’ – ha osservato il TSAP – la medesima Delibera poteva ritenersi irragionevole o emessa in violazione del principio del legittimo affidamento, dal momento che la presentazione della domanda di concessione, prima dello svolgimento e della conclusione della procedura di comparazione di cui al R.D. n. 1775 del 1933, artt. 9 e segg., non radica alcuna posizione giuridica sostanziale legittimante la configurazione del diritto all’ottenimento della concessione stessa. E ciò tanto più laddove il Piano di tutela delle acque previsto dalla L.P. n. 8 del 2002, art. 27, subordina “ab imis”, con prescrizione normativa, il rilascio della concessione all’accertamento della compatibilità ambientale.

Infine, quanto al lamentato ritardo nell’istruzione dei procedimenti al quale erano state ricollegate le proposte domande risarcitorie, il TSAP ha osservato che le domande di concessione erano state presentate in prossimità dell’approvazione della indicata L.P. n. 2 del 2015, che aveva previsto il regime di tutela oggetto di censura ed ostativo al rilascio delle concessioni in questione.

3. Avverso l’indicata sentenza del TSAP ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, il solo U.C.M.. Ha resistito con controricorso la Provincia autonoma di Bolzano. Nessuno degli altri intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.

La difesa del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e all’art. 111 Cost. – la violazione e falsa applicazione del principio generale “tempus regit actum”, nonché la violazione e/o errata applicazione dei principi del legittimo affidamento e di certezza del diritto, oltre alla violazione e/o errata applicazione della L.P. n. 7 del 2005, art. 3 e della L.P. n. 17 del 1993, art. 4, congiuntamente alla violazione e/o errata applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 1, citata L.P. n. 17 del 1993, art. 1 e degli artt. 10 e 11 preleggi.

In particolare, il ricorrente ha inteso sostenere che la sua domanda di derivazione avrebbe dovuto essere valutata e trattata in base alla normativa in vigore al momento del deposito dell’istanza di concessione della derivazione idrica in applicazione del citato principio “tempus regit actum”.

2. Con il secondo mezzo il ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e art. 111 Cost. – la violazione e falsa applicazione della L.P. n. 2 del 2015, art. 1, la violazione e/o errata applicazione del principio di “par condicio”, la violazione e/o errata applicazione dell’art. 6 CEDU, eccependo, altresì, l’incostituzionalità della L.P. n. 2 del 2015, “in parte qua” per asserito contrasto con gli artt. 3,25,41 e 117 Cost..

Nello specifico, il ricorrente ha inteso dedurre che della L.P. n. 2 del 2015, art. 34, si porrebbe in contrasto con le indicate norme costituzionali, poiché troverebbe applicazione in modo retroattivo sui procedimenti pendenti, discriminando perciò determinati operatori economici, limitando la libertà di iniziativa economica ed ostando ad una libera concorrenza, oltre a porsi in contrasto con l’interesse all’approvvigionamento energetico e con l’art. 6 della CEDU.

3. Con la terza censura il ricorrente ha prospettato – sempre con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e art. 111 Cost. – la violazione e falsa applicazione della L.P. n. 17 del 1993, art. 7, sull’asserito presupposto che il TSAP non aveva preso in considerazione, nell’impugnata sentenza, l’errata classificazione del rio “*****” come “particolarmente sensibile (criterio K)”.

4. Con la quarta doglianza il ricorrente ha denunciato – ancora con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e art. 111 Cost. – la violazione e falsa applicazione della L.P. n. 2 del 2015, art. 34, lamentando il fatto che il TSAP, pur ritenendo sussistente la violazione di detta norma, aveva poi rigettato un’eccezione preliminare formulata dalla Provincia autonoma di Bolzano, senza accogliere il motivo n. 4 ed annullare i provvedimenti impugnati.

5. Con il quinto ed ultimo motivo il ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e art. 111 Cost. – la nullità della Delib. Giunta Provinciale n. 834 del 2015 (con allegato) per mancanza di elementi essenziali dell’atto, specificamente della causa per difetto della volontà, limitatamente alla classificazione del rio “*****”, nonché per violazione e/o errata applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21-septies, oltre che per incompetenza assoluta, eccesso di potere, difetto di istruttoria e contraddittorietà della stessa.

6. Ritengono queste Sezioni unite che i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, siccome connessi ed involgendo analoghe questioni giuridiche.

Essi sono infondati e vanno respinti per le ragioni che seguono.

Diversamente da quanto prospettato dal ricorrente non si è venuta a configurare, nella vicenda in esame, la violazione dei richiamati principi del “tempus regit actum”, del legittimo affidamento e della certezza del diritto, così come risulta manifestamente infondata l’eccepita questione di legittimità costituzionale riferita alla L.P. n. 2 del 2015, art. 34.

E’ preliminarmente opportuno ricostruire nella sua essenzialità il quadro normativo speciale di riferimento – così come peraltro fatto anche dal TSAP nell’impugnata sentenza – riferibile alla vicenda dedotta in controversia, al fine di pervenire alla condivisione della conclusione raggiunta in detta sentenza.

La legge della Provincia autonoma di Bolzano 26 gennaio 2015, n. 2 (contenente la “disciplina delle piccole e medie derivazioni d’acqua per la produzione di energia elettrica”, pubblicata nel B.U. del Trentino-Alto Adige del 3 febbraio 2015, n. 5 – supplemento n. 1, ed entrata in vigore il 18 febbraio 2015) ha inteso disciplinare – per come desumibile dal contenuto del suo art. 1, comma 1 – le derivazioni di acque pubbliche per la produzione di energia elettrica mediante impianti con una potenza nominale media annua inferiore a 3.000 kW, ma a condizione della loro conformità al Piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche di cui al D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, art. 14, del Piano di tutela delle acque di cui alla L.P. 18 giugno 2002, n. 8, art. 27, oltre che nel rispetto dei principi della libera concorrenza, della libertà di stabilimento, della trasparenza, della non discriminazione, dell’assenza di qualsiasi conflitto di interessi, nonché per un uso più efficiente delle risorse.

Poiché il citato Piano (PGUAP) avrebbe dovuto ai sensi della stessa L.P. n. 2 del 2015, art. 34, comma 1 – essere approvato entro il 30 giugno 2015, la Provincia autonoma di Bolzano, al fine di salvaguardare gli effetti del suddetto Piano ancora non definito entro la indicata data, provvide ad adottare un’apposita Delibera (la n. 834 del 2015), con la quale era stato previsto un regime transitorio idoneo a non pregiudicare, nel periodo ulteriormente necessario per giungere alla conclusiva approvazione del Piano, gli interessi da ritenersi tutelati dalla medesima L.P. n. 2 del 2015. E tale misura di salvaguardia era da intendersi riferita, evidentemente, ai procedimenti instaurati sulle domande di concessione di derivazione idrica ancora in corso, ovvero non definitivamente approvate e pubblicate.

In tal senso ha disposto della stessa L.P. n. 2 del 2015, art. 34, comma 2, sancendo, per l’appunto, che solo alle domande di concessione già pubblicate (e non, quindi, ancora in fase istruttoria) alla data di entrata in vigore della medesima legge si sarebbero dovute applicare le disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore della menzionata legge provinciale.

Questa complessiva normativa (a cui è stato strumentalmente collegata la menzionata Delib. n. 834 del 2015, quale apposita misura di salvaguardia) era stata adottata al fine di imporre che ogni utilizzazione dei corsi d’acqua risultasse conforme ai principi da definirsi con il PGUAP siccome preordinati a garantire l’uso sostenibile delle risorse idriche provinciali. Pertanto, fino alla definitiva approvazione di tale Piano i corsi d’acqua ritenuti sensibili erano stati sottratti al regime concessorio. Di conseguenza l’obiettivo finale scaturente dal suddetto quadro delle disposizioni applicabili in materia era quello di evitare che i procedimenti concessori in atto potessero essere conclusi sulla scorta di una disciplina pianificatoria che si sarebbe dovuta ormai considerare superata, senza che si sia venuta a configurare – con riferimento alla vicenda in questione – la denunciata violazione dell’art. 25 Cost. o dell’art. 11 preleggi, avuto riguardo all’adombrata illegittimità dell’efficacia retroattiva della disciplina regolatrice delle domande di concessione ancora “in itinere”.

A tal proposito si osserva che la giurisprudenza di queste Sezioni unite ha già chiarito che, proprio con riferimento ad una domanda di concessione di derivazione d’acqua per scopi idroelettrici nella Provincia autonoma di Bolzano ancora non rilasciata, deve trovare applicazione la nuova disciplina provinciale di cui alla L.P. n. 2 del 2015, sul presupposto che la legittimità di un provvedimento amministrativo (come per l’appunto quello concessorio in questione) deve essere valutata in relazione alle norme vigenti al momento della sua emanazione e, quindi, anche in applicazione dell’eventuale “ius superveniens” entrato in vigore nella more del procedimento amministrativo. Anzi si è perfino specificato che la norma transitoria di cui alla citata L.P. n. 2 del 2015, art. 34, alla luce degli artt. 3 e 24 Cost., deve essere interpretata nel senso dell’applicazione della nuova disciplina non solo alle procedure amministrative ancora pendenti, ma anche al contenzioso che ne sia derivato (cfr. SU n. 7112/2016, n. 18174/2017 e n. 29172/2020; già in questo senso v. anche la precedente SU n. 9830/2014). Del resto questo orientamento si pone in sintonia anche con la univoca giurisprudenza amministrativa, alla stregua della quale la sopravvenienza normativa può legittimamente incidere su rapporti ancora non esauriti, ovvero su quelli che, sorti anteriormente all’entrata in vigore della legge modificatrice od innovativa, non abbiano determinato l’insorgenza di situazioni giuridiche da considerarsi ormai consolidate ed intangibili in virtù della definitività dei correlati provvedimenti amministrativi. Da qui la conseguenza che la disciplina normativa sopravvenuta trova applicazione se il procedimento alla stessa riferibile non si sia perfezionato con l’adozione del provvedimento amministrativo conclusivo.

E stato, perciò, affermato in via generale che il principio secondo cui la corretta applicazione del principio “tempus regit actum” comporta che la Pubblica Amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento preso al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo “jus superveniens” reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici (cfr., tra le tante, C.d.S., sez. V, n. 2356/2015; sez. IV, n. 83/2016 e sez. V, n. 2171/2018).

E nel caso di specie risulta pacificamente accertato in fatto che la domanda di concessione della derivazione del ricorrente trovavasi ancora in fase di istruttoria al momento dell’approvazione e dell’entrata in vigore della L.P. n. 2 del 2015, senza che sia riconducibile alcun effetto all’eccepita inosservanza del termine per la conclusione del procedimento, non essendo intervenuta l’adozione del provvedimento previsto, dal momento che lo stesso ricorrente, in presenza della ravvisata inerzia della Provincia autonoma di Bolzano, avrebbe dovuto (e non emerge che lo abbia fatto) avvalersi del rimedio giurisdizionale (come previsto dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 31) preposto al fine dell’ottenimento dell’accertamento dell’obbligo di provvedere da parte della stessa Provincia, fatta salva l’esercitabilità dell’azione risarcitoria per l’eventualità di acclarata illegittimità di tale inerzia.

Per tali ragioni, dunque, non si è venuta a configurare la denunciata violazione del principio del legittimo affidamento (cfr., ad es., Corte Cost. n. 15/2012 e n. 156/2014) in virtù dell’evidenziato fatto che la presentazione della domanda di concessione, prima dello svolgimento e della conclusione della procedura di comparazione di cui del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 9 e segg., non è idonea a radicare alcuna posizione giuridica sostanziale all’ottenimento della concessione, tanto più che la sua valutazione imponeva il preventivo e sicuro accertamento della compatibilità ambientale.

La complessiva disciplina regolatrice della situazione riferibile alla posizione del ricorrente, giustificatrice dell’applicabilità della normativa sopravvenuta ai procedimenti amministrativi ancora in corso, non appare quindi irragionevole in considerazione della prevalenza degli interessi generali dalla stessa tutelati nella particolare materia che rileva in questa sede (con notevoli ripercussioni soprattutto sull’impatto ambientale), in conformità alla natura e alla funzione del PGUAP di cui al D.P.R. 31 marzo 1972, n. 670, art. 14, interessi come tali compatibili con il rispetto dei principi di libera concorrenza e di non discriminazione, nonché con la libertà di stabilimento, oltre a non comportare situazioni di conflitto di interesse ma risultando orientati a favorire un uso più efficiente delle risorse idriche locali e a garantire l’osservanza di una procedura di aggiudicazione ispirata ad un criterio di trasparenza ai fini dell’assegnazione delle concessioni anche delle medie derivazioni a scopi idroelettrici preordinata ad una migliore tutela delle suddette risorse da un possibile sfruttamento incontrollato.

E tutto ciò senza obliterare il dato di fondo che il ricorrente, al momento dell’entrata in vigore della L.P. n. 2 del 1015, non aveva acquisito una posizione giuridica riconducibile a quella di un diritto soggettivo già esistente ma solo quella di un’aspettativa al rilascio della concessione, che non essendo stata, perciò, ancora adottata e pubblicata a quelia data, aveva creato una situazione tale da consentire legittimamente l’applicabilità della normativa sopravvenuta, per quanto in precedenza posto in risalto.

Ne’ si prospetta la possibile violazione della potestà esclusiva dello Stato in materia di concorrenza (in relazione alla previsione di cui all’art. 117 Cost., comma 2, lett. e)), poiché, ai sensi e per gli effetti della prevalente disciplina dello Statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige, la regolamentazione delle medie e piccole derivazioni a scopo idroelettrico appartiene alla competenza legislativa provinciale (cfr. del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, art. 9, n. 9, a proposito del quale v., ad es., Corte Cost. n. 169/2014). Ne’ si ritiene configuratasi una lesione all’interesse all’approvvigionamento energetico, non costituendo un valore costituzionalmente primario e prevalente sulle altre esigenze di rilevanza più generale, anche oggetto di normazione Eurounitaria, idonee a soddisfare l’effettività e la pienezza della tutela in materia ambientale e climatica e, quindi, anche la necessità di un’adeguata ponderazione di tutti gli interessi e dell’osservanza di compiute e trasparenti procedure strumentali al rilascio delle concessioni relative alle derivazioni in discorso.

Per tutte le spiegate ragioni i primi due motivi devono essere rigettati, ravvisandosi, altresì, la manifesta infondatezza delle eccepite censure di illegittimità costituzionale (rilevandosi, al riguardo, anche l’inconferenza del riferimento all’art. 6 della CEDU).

7. Anche il terzo motivo è privo di fondamento.

Con esso si contesta che l’impugnata sentenza non avrebbe coisderato in alcun modo la dedotta erroneità della classificazione del rio “*****” come “particolarmente sensibile (criterio K)”, avuto riguardo al tratto interessato dalla domanda di concessione di derivazione idroelettrica.

Deve, invece, rilevarsi che il TSAP, ancorché concisamente, ha attestato come, con riferimento alla vicenda in questione, la salvaguardia del procedimento di pianificazione fosse stata modulata sulla base di specifici criteri e che, in particolare, in relazione al caso di specie, era stato applicato legittimamente il criterio K riguardante i tratti di corsi d’acqua classificati come particolarmente sensibili, in ordine ai quali il libero deflusso in seguito a derivazione idroelettriche era già inferiore al 50% (come poi confermato nel PGUAP approvato).

Quindi la motivazione a tal proposito è stata sufficientemente esposta dal TSAP e denota chiaramente il recepimento implicito (e la sua condivisione) del contenuto della presupposta Delib. Giunta Provinciale n. 834 del 2015.

8. Pure la quarta censura non coglie nel segno e va disattesa.

Ed invero il TSAP ha adeguatamente valutato la circostanza che la suddetta Delibera di Giunta – con la quale erano stati individuati i tratti di corsi d’acqua particolarmente sensibili, ivi includendovi quello oggetto della domanda di derivazione presentata dal ricorrente – non fosse stata a quest’ultimo comunicata al solo fine di pervenire al rigetto della relativa eccezione di inammissibilità, sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano, sul presupposto che la stessa non era stata impugnata tempestivamente.

Quindi, il mancato assolvimento di tale obbligo da parte della Provincia non aveva propriamente costituito oggetto di una delle ragioni di doglianza per l’ottenimento dell’accoglimento del ricorso e, comunque, va rilevato il difetto dell’attualità dell’interesse in capo al ricorrente a dedurre la questione poiché il provvedimento di rigetto della domanda di concessione era diretta conseguenza della classificazione come sensibile del tratto d’acqua a cui la stessa era riferita, ragion per cui la comunicazione dell’entrata in vigore della nuova normativa riconducibile alla L.P. n. 2 del 2015, ai fini previsti del suo art. 34, comma 3, non avrebbe comportato un diverso esito del procedimento amministrativo (v., a tal proposito, della L. n. 241 del 1990, art. 21-octies, comma 2), né, peraltro, la disposizione appena richiamata contempla un’espressa sanzione comportante una possibile dichiarazione di illegittimità del procedimento stesso.

9. Il quinto ed ultimo motivo è anch’esso infondato poiché dall’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza emerge come il TSAP, avuto riguardo alla complessiva cornice normativa dii riferimento (appositamente ricostruita in modo dettagliato), abbia ritenuto come legittima la Delib. n. 834 del 2015, riconoscendo la sua idoneità a dettare un regime transitorio inteso a non pregiudicare – nel periodo intertemporale di approvazione del PGUAP – gli interessi tutelati dalla L.P. n. 2 del 2015, risultando, perciò, strumentalmente preordinata al raggiungimento di tale fine, sottraendo temporaneamente – anche in funzione della salvaguardia della disciplina attuativa degli indirizzi previsti a livello unionale per lo sfruttamento idroelettrico dei corsi d’acqua diretta a contemperarne l’utilizzazione con la tutela dell’ambiente – detti corsi, ove ritenuti sensibili, al regime concessorio (come avvenuto per il rio “*****”, previo compimento degli accertamenti necessari relativi ai singoli tratti dello stesso).

Ne’ appare discutibile l’attribuzione del potere ad emettere la suddetta Delibera in capo alla Giunta provinciale, sia perché della L.P. n. 8 del 2002, art. 3 (recante “Disposizioni sulle acque”) assegna alla Provincia la competenza con riferimento alla redazione del piano provinciale delle acque (evidentemente al fine di perseguire la tutela dei corsi idrici nei loro aspetti qualitativi e quantitativi), sia perché l’art. 27 della stessa Legge Provinciale ha specificamente previsto che sulla base delle previsioni del piano di tutela delle acque le autorità competenti effettuano la revisione delle grandi e piccole concessioni di derivazione d’acqua al fine del mantenimento o del perseguimento degli obiettivi di qualità, stabilendo – si noti – che, ove necessario, possono disporre prescrizioni, limitazioni temporali e quantitative, nonché la revoca delle concessioni nel caso in cui vengano accertate condizioni di grave degrado ambientale, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzo da parte della Pubblica Amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

Pertanto, combinando le due disposizioni e tenuti presenti l’impianto generale della successiva normativa (con particolare riferimento della L.P. n. 2 del 2015, citato art. 34) e le sue ragioni giustificatrici, non può mettersi in dubbio che il legislatore provinciale aveva previsto la possibilità dell’adozione di misure di salvaguardia – per l’appunto attuata, nella vicenda che viene qui in rilievo, (anche) mediante la Delibera di Giunta in questione, idonea a regolamentare la fase transitoria in vista della conseguente approvazione del PGUAP – per tutelare le finalità della complessa attività pianificatoria del regime delle acque sul territorio della Provincia.

10. In definitiva, alla stregua di tutte le argomentazioni illustrate, il ricors deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Provincia autonoma di Bolzano (unica parte intimata costituita in questa sede), delle spese del presente giudizio, liquidate nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Provincia autonoma di Bolzano, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2021

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