LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15404/2020 proposto da:
B.C., N.M., C.E., M.M., BE.MA., R.L., A.G., D.R.R., F.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso lo studio dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati MATTEO ZAMBELLI, FRANCO ZAMBELLI e LUISA PARISI;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI VENEZIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO IANNOTTA e NICOLETTA ONGARO;
MO.LU., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati VLADIMIRO PEGORARO e MICHELE GREGGIO;
– controricorrenti –
e contro
G.M., RU.GI., Z.F.I., CITTA’
METROPOLITANA DI VENEZIA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3051/2020 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 14/05/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/06/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore Generale Aggiunto Dott. SALVATO Luigi, il quale chiede che la Corte rigetti il ricorso.
RILEVATO
che:
A.G. e gli altri soggetti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione contro la sentenza del Consiglio di Stato n. 3051 del 2020 con la quale, in sede di ottemperanza alla sentenza n. 6397 del 2009 confermativa di quella del Tar del Veneto n. 1748 del 2007, è stata dichiarata la nullità della Delib. Consiglio comunale di Venezia 14 dicembre 2009, n. 162 e di dodici licenze di taxi rilasciate, in data 27 gennaio 2010, in favore di taluni controinteressati, ed è stato ordinato al comune di Venezia di provvedere all’esecuzione delle sentenze oggetto di giudizio nei modi e nei termini indicati nella motivazione;
i ricorrenti deducono il difetto di giurisdizione per sconfinamento o eccesso di potere giurisdizionale, in violazione dell’art. 111 Cost., comma 8, artt. 112 e 34 cod. proc. amm.;
resistono con separati controricorsi il comune di Venezia e il controinteressato Mo.Lu.;
il procuratore generale ha depositato conclusioni scritte; sia i ricorrenti che il comune hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
I. – i fatti di causa sono così ricostruibili in base alla sentenza impugnata;
II. – Mo.Lu. partecipò a una procedura di evidenza pubblica indetta dal Comune di Venezia nel 2003 per l’assegnazione di dodici licenze di taxi da piazza, limitate all’area urbana di Mestre;
all’esito delle operazioni di gara la sua domanda si collocò in posizione non utile per l’assegnazione di una delle licenze;
il bando di concorso e la graduatoria finale vennero tuttavia impugnati con ricorso al Tar e tale ricorso venne accolto con la sentenza n. 1748 del 2007, la quale annullò i provvedimenti impugnati rilevando l’illegittimità del bando di concorso per non aver previsto i criteri di valutazione dei titoli, e l’illegittimità dell’operato della commissione di concorso la quale aveva autonomamente stabilito i predetti criteri in contrasto col regolamento locale e valutato i titoli in base a criteri fissati dopo l’apertura delle buste contenenti le domande di partecipazione;
il Consiglio di Stato confermò, come detto, la menzionata decisione del Tar, con la sentenza n. 6397 del 2009;
III. – ritirate le licenze rilasciate ai dodici assegnatari, il Eomune di Venezia, con la Delib. n. 162 del 2009, adottò peraltro un atto di interpretazione autentica della afferente norma del regolamento locale, in sostanza consentendo la regolarizzazione e sanatoria delle licenze di taxi già oggetto di annullamento giurisdizionale, sul presupposto che per esse, alla data di entrata in vigore delle ultime modifiche regolamentari, era in atto il contenzioso; sicché nel gennaio 2010 vennero rilasciate dodici nuove licenze di taxi;
Mo. impugnò la Delib. e le licenze costì rilasciate, ma il Tar del Veneto, con sentenza n. 308 del 23 febbraio 2011, dichiarò il ricorso inammissibile per tardività, in quanto alla procedura di assegnazione del servizio pubblico in questione dovevano applicarsi le disposizioni di cui della L. n. 1034 del 1971, art. 23-bis, comma 1, lett. c), relativo alla dimidiazione dei termini processuali, salvo quelli per la proposizione del ricorso;
anche tale decisione venne confermata in appello dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 1547 del 2018; cosicché nell’agosto del 2018 il Mo. provvide a notificare il ricorso per l’ottemperanza al giudicato derivante dalla prima sentenza n. 6397 del 2009, relativa all’annullamento della procedura di gara per l’assegnazione delle dodici licenze di taxi; egli chiese altresì la nullità degli atti sopra richiamati con i quali il comune di Venezia aveva proceduto alla riassegnazione delle licenze inizialmente ritirate;
IV. – il ricorso in ottemperanza, dichiarato inammissibile dall’adito Tar con la sentenza n. 1176 del 2018, è stato accolto dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3051 del 2020; la quale, dopo una ricognizione dei principi applicabili nel giudizio di ottemperanza quanto ai provvedimenti sopravvenuti alla formazione del giudicato, ha osservato essenzialmente che la prima sentenza del Tar (la n. 1748-07) aveva annullato gli atti della procedura di gara e le licenze assegnate per illegittimità del bando di concorso, per non aver previsto i criteri di valutazione dei titoli; ne erano derivati vincoli di natura puntuale sulla successiva attività amministrativa, e segnatamente: (i) un effetto di annullamento, direttamente disposto dalle sentenze e riguardante il bando e le licenze rilasciate; (ii) un effetto conformativo, di cui occorreva precisare la portata, con riferimento all’obbligo di rinnovare la procedura di gara a partire dalla pubblicazione di un nuovo bando di concorso privo dei vizi accertati;
quanto agli obblighi conformativi discendenti dal giudicato, l’impugnata sentenza ne ha stabilito la portata premettendo che dal suddetto giudicato non era disceso un obbligo indefettibile di rinnovo del procedimento di assegnazione delle licenze, ma un effetto conformativo vincolante nel senso di non potersi comunque procedere all’assegnazione delle licenze di taxi senza il previo svolgimento di una procedura di evidenza pubblica; donde l’assegnazione delle licenze travolte dall’annullamento giurisdizionale avrebbe imposto la indizione di una nuova procedura concorsuale quale unico strumento idoneo a preservare le condizioni giuridiche indispensabili per il soddisfacimento dell’interesse strumentale sotteso alla decisione di annullare il bando;
da qui la conseguenza che il comune di Venezia era, secondo il Consiglio di Stato, privo dei potere di provvedere all’assegnazione delle licenze con modalità difformi dalla statuizione del giudicato, ossia attraverso la concessione diretta senza gara in favore dei medesimi soggetti che erano risultati assegnatari in base alla procedura concorsuale annullata;
V. – i ricorrenti si dolgono di tale decisione sostenendo che in essa vi sia stato uno sconfinamento o un eccesso di giurisdizione, per avere il Consiglio di Stato affermato la propria giurisdizione, quale giudice dell’ottemperanza, in un ambito riservato, invece, alla sola pubblica amministrazione;
a loro dire Mo., una volta che l’amministrazione aveva provveduto a ritirare le licenze e a disporre la riedizione del concorso per l’assegnazione, aveva esaurito ogni possibilità di tutela, stante la natura autoesecutiva della sentenza di accoglimento del suo originario ricorso; per cui le successive scelte dell’amministrazione, e specificamente quella di riassegnare le licenze in forza del citato regolamento comunale, rientravano nell’ordinario potere discrezionale facente capo al comune, censurabile, certo, ma solo nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione, diverso da quello di ottemperanza;
VI. – il ricorso per cassazione è inammissibile;
quando l’ottemperanza sia stata esperita a fronte di comportamenti che si assumano elusivi del giudicato o manifestamente in contrasto con esso, gli eventuali errori imputati al giudice amministrativo nell’individuazione degli effetti conformativi del giudicato, nella ricostruzione della successiva attività della pubblica amministrazione e nella valutazione di non conformità di questa agli obblighi derivanti dal giudicato medesimo afferiscono – tutti – ai limiti interni della giurisdizione – la cui violazione è sottratta al sindacato della Corte di Cassazione -; mentre afferiscono ai limiti esterni – il cui superamento è soggetto al controllo da parte di questa Corte – le doglianze che pongano in discussione il fatto in sé che nel caso concreto un tal potere, con la peculiare estensione che lo caratterizza, spetti o meno (cfr. di recente, in motivazione, Cass. Sez. U. n. 10335-21);
in altre parole, le decisioni del Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza sono soggette al sindacato delle Sezioni unite sul rispetto dei limiti esterni della giurisdizione ove non venga in questione il modo in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal giudice amministrativo, poiché essendo quella di ottemperanza una giurisdizione di merito questo atterrebbe ai limiti interni di quella giurisdizione; lo sono invece ove venga in questione il fatto stesso della spettanza di un tale potere, per la particolare estensione che lo caratterizza (tra le molte, Cass. Sez. U. n. 10060-13; Cass. Sez. U. n. 228914, Cass. Sez. U. n. 5058-17, Cass. Sez. U. n. 16016-18);
la conseguenza è che l’ottemperanza invocata denunciando comportamenti elusivi del giudicato o manifestamente in contrasto con esso implica che afferiscano poi ai limiti interni della giurisdizione gli eventuali errori imputati al giudice amministrativo nell’individuazione degli effetti conformativi del giudicato medesimo, nella ricostruzione della successiva attività dell’amministrazione e nella stessa valutazione di non conformità;
VII. – nel caso concreto i ricorrenti ascrivono all’impugnata sentenza di aver ritenuto ammissibile il ricorso in ottemperanza errando nell’affermare esistenti i vincoli conformativi discendenti dal giudicato, perché invece, a loro dire, tali vincoli non esistevano affatto per la conseguente riespansione – dopo la prima sentenza – della piena potestà decisionale dell’amministrazione;
ciò dirige il sindacato verso (giustappunto) uno dei tre momenti in cui si articola la valutazione giurisdizionale in concreto (cfr. Cass. Sez. U. n. 736-12, Cass. Sez. U. n. 1823-15, Cass. Sez. U. n. 6494-15 e molte altre), e in particolare verso il profilo interpretativo del giudicato, al fine di individuare il comportamento che si assuma doveroso per la pubblica amministrazione in sede di ottemperanza;
un errore di tal genere, ove anche esistente, inerisce “al” giudizio di ottemperanza e resta confinato all’interno della giurisdizione medesima, senza poter integrare l’eccesso di potere giurisdizionale che è sindacabile in questa sede;
VIII. – le spese processuali possono essere compensate nel rapporto tra i ricorrenti e il comune di Venezia; seguono invece la soccombenza dei ricorrenti quelle relative al rapporto col Mo., effettivo controinteressato anche in questa sede.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, alle spese processuali sostenute dal controricorrente Mo., liquidando dette spese in 7.200,00 Euro oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima misura di legge; compensa le spese nel rapporto tra i ricorrenti e il comune di Venezia.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 22 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2021