LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12105/2016 proposto da:
C.M., F.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CLAUDIO MENDICINO, GAETANO ROSARIO BASILE;
– ricorrenti –
contro
C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO, 18, presso lo studio dell’avvocato ROSSELLA RAGO, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE MARIA SASSANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 387/2015 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 30/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. C.M. e F.V. hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 387/2015 della Corte d’appello di Potenza, depositata il 30 novembre 2015.
C.D. resiste con controricorso.
2.La Corte d’appello di Potenza ha respinto il gravame proposto da C.M. e F.V. contro la sentenza resa dal Tribunale di Lagonegro il 24 febbraio 2004. Il Tribunale aveva regolato il confine fra i fondi delle parti in via Petrocelli di Sarconi, in catasto al fol. 10, sulla base delle mappe catastali, ordinando ai convenuti C.M. e F.V. di rimuovere il muro di recinzione realizzato e di restituire la striscia di terreno usurpata.
La Corte d’appello, per quanto rilevi alla luce dei motivi di ricorso formulati, ha dichiarato inammissibile l’eccezione di usucapione della striscia di terreno usurpata, giacché sollevata soltanto con l’atto di appello e da qualificare come eccezione in senso stretto. I giudici di secondo grado hanno poi affermato che, stante altresì la mancanza del fascicolo di parte degli appellanti C.M. e F.V. (giacché ritirato in data 12 giugno 2015 e non ridepositato), non risultavano atti di acquisto idonei a dirimere l’incertezza dei confini tra la stradina privata, che conduce ai fondi di C.D., e il fondo di proprietà C. – F., vista, peraltro, la allegazione dei medesimi convenuti, secondo i quali il confine avrebbe coinciso con il muretto di recinzione. Pertanto, la sentenza impugnata ha così motivato l’utilizzo delle mappe catastali ed ha accertato lo sconfinamento evidenziato nella planimetria redata dal CTU, nelle proporzioni stimate (68 cm) al netto della correzione del presumibile margine di errore dei fogli di mappa. 3.La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e art. 380 bis.1 c.p.c.. I ricorrenti hanno depositato memoria.
4. Il primo motivo del ricorso di C.M. e F.V. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1. I ricorrenti lamentano che la Corte di Potenza abbia erroneamente ravvisato la preclusione nel giudizio di secondo grado della “mera eccezione” di usucapione, essendo essa volta unicamente al rigetto della domanda avversaria e dunque mera difesa consentita anche in appello.
4.1. Questo primo motivo di ricorso è fondato.
Invero, nei precedenti di questa Corte, con riguardo alla formulazione dell’art. 345 c.p.c., antecedente alla riforma di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, era stata affermata la proponibilità per la prima volta in appello della eccezione riconvenzionale di usucapione, giacché non volta ad introdurre una nuova pretesa, ma soltanto al rigetto di quella della controparte (cfr. Cass., Sez. 2, 30/08/2011, n. 17808; Cass. Sez. 2, 18/07/2002, n. 10441; Cass. Sez. 2, 29/05/1999, n. 5232). In altre pronunce, la proposizione per la prima volta in appello dell’eccezione riconvenzionale di usucapione, proprio da parte del convenuto per regolamento di confini, è stata ritenuta ammissibile in caso di incertezza soggettiva del confine, riscontrabile laddove, come nel caso in esame, l’attore sostenga che il confine apparente non è quello esatto, per avere il vicino usurpato ai suoi danni la zona confinaria adiacente, di tal che il convenuto, deducendo l’usucapione, si limita ad opporre una situazione sopravvenuta, idonea, se riconosciuta fondata, ad eliminare la dedotta incertezza del confine (Cass. Sez. 2, 28/05/2007, n. 12481).
E’ stato però anche affermato da questa Corte che sia preclusa dall’art. 345 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 353 del 1990, l’eccezione di usucapione prospettata per la prima volta in appello, e che essa neppure sia rilevabile d’ufficio, operando l’art. 2938 c.c., in forza del rinvio dell’art. 1165 c.c., alle norme sulla prescrizione in generale (Cass. Sez. 2, 22/07/2002, n. 10685). Analogamente, si è ritenuto che l’eccezione di usucapione resti soggetta al termine fissato per la proposizione delle eccezioni in senso stretto (Cass. Sez. 2, 27/08/2019, n. 21716; Cass. Sez. 2, 19/05/2015, n. 10206; Cass. Sez. 6-2, 4 marzo 2020, n. 6009).
A ciò si contrappone il principio generale enucleato da Cass. Sez. U, 03/06/2015, n. 11377, secondo cui “tutti i fatti estintivi, modificativi od impeditivi, siano essi fatti semplici oppure fatti-diritti che potrebbero essere oggetto di accertamento in un autonomo giudizio, sono rilevabili d’ufficio, e dunque rappresentano eccezioni in senso lato; l’ambito della rilevabilità a istanza di parte (eccezioni in senso stretto) è confinato ai casi specificamente previsti dalla legge o a quelli in cui l’effetto estintivo, impeditivo o modificativo si ricollega all’esercizio di un diritto potestativo oppure si coordina con una fattispecie che potrebbe dar luogo all’esercizio di un’autonoma azione costitutiva”.
Limitandosi alla fattispecie in esame, va allora evidenziato come C.M. e F.V., sin dalla costituzione in primo grado, al fine di pervenire al rigetto della domanda di C.D., avevano chiesto di accertare che il muro di recinzione era stato costruito nella loro proprietà, senza alcuno sconfinamento. Solo nell’atto di appello, i convenuti avevano poi formulato, in subordine, l’eccezione di usucapione con riferimento alla striscia di terreno contesa.
Deve allora affermarsi – uniformandosi a specifico precedente (Cass. Sez. 2, 08/01/2015, n. 40) e simmetricamente a quanto si sostiene con riguardo alle azioni relative alla proprietà ed agli altri diritti reali di godimento – che, in tema di limiti alla proposizione di domande ed eccezioni nuove in appello, non viola il divieto di “ius novorum”, fermo il rispetto delle preclusioni istruttorie maturate, la deduzione in sede di gravame, da parte del convenuto in azione di regolamento di confini, dell’acquisto per usucapione della proprietà dell’area rivendicata da controparte perché rientrante nel proprio confine, qualora già in primo grado, come avvenuto nella specie, egli abbia eccepito ad altro titolo la proprietà dell’area medesima, contestando l’estensione dei rispettivi fondi confinanti prospettata dall’attore. Tale conclusione deriva dalla considerazione che la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti diritti autodeterminati, i quali si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma è necessaria ai soli fini della prova.
Al riscontrato error in procedendo per falsa applicazione dall’art. 345 c.p.c., comma 2, non può questa Corte qui sopperire in base ad una prognosi di accoglibilità della eccezione di usucapione, correggendo la motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, in quanto si rendono necessarie al riguardo ulteriori indagini e valutazioni di fatto.
5. Il secondo motivo del ricorso di C.M. e F.V. deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 950 c.c., e l’omesso esame degli accertamenti del CTU, sottolineando il rilievo solo sussidiario dei dati catastali e richiamando il contenuto dei titoli di acquisto delle proprietà.
Il terzo motivo di ricorso denuncia deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 950 c.c., stante l’insussistenza dell’incertezza soggettiva del confine fra i fondi e l’omesso esame degli accertamenti del CTU, il quale aveva verificato che il cordolo in calcestruzzo era già esistente dal 1977.
5.1. Secondo e terzo motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, perché connessi, e sono infondati.
5.2. Va premesso che la Corte d’appello di Potenza ha affermato di non poter verificare la fondatezza del gravame avanzato da C.M. e F.V. sulla base dei documenti contenuti nel fascicolo di parte appellante, perché ritirato dall’avvocato Basile in data 12 giugno 2015 e non più depositato dopo la precisazione delle conclusioni.
5.3. Peraltro, secondo consolidato orientamento di questa Corte, va qualificata come “actio finium regundorum”, e non rivendica, l’azione proposta dal proprietario che, pur in presenza di un confine apparente, ne deduca l’incertezza per intervenuta usurpazione di una porzione del proprio terreno da parte del vicino, e chieda, per l’effetto, un accertamento giudiziale della superficie dei fondi confinanti senza porre in discussione i titoli di proprietà, dovendosi ritenere del tutto irrilevante, al riguardo, che l’accertamento della proprietà di una delle parti sulla porzione di fondo controversa comporti anche un (inevitabile) effetto recuperatorio della proprietà stessa quale mera conseguenza dell’esperimento della detta azione, la cui finalità è soltanto quella di eliminare l’incertezza e le contestazioni relativa alla linea divisoria, prescindendo da ogni controversia sui titoli (cfr. Cass. Sez. 2, 27/05/1997, n. 4703; Cass. Sez. 2, 10/06/2010, n. 13986; Cass. Sez. 2, 20/04/2001, n. 5899).
In relazione alla finalità dell’azione di regolamento di confini, che è quella di imprimere certezza ad un confine tra due fondi obiettivamente o subbiettivamente incerto, l’art. 950 c.c., riconosce al giudice del merito ampia facoltà di scegliere gli elementi decisivi o di avvalersi di più elementi concordanti, senza fissare alcuna graduatoria d’importanza tra gli stessi, salvo, tuttavia, il carattere di sussidiarietà esplicitamente attribuito alle indicazioni delle mappe catastali. Allo scopo di detta determinazione, non si può, quindi, prescindere dall’esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, né dalle misure risultanti dalle planimetrie allegate agli atti di vendita e dai tipi di frazionamento, restando comunque il risultato della relativa indagine suscettibile del controllo di legittimità unicamente sotto i profili della violazione dei canoni ermeneutici legali e/o del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. Sez. 2, 30/12/2009, n. 28103, Cass. Sez. 2, 11/07/2002, n. 10121; Cass. Sez. 2, 18/06/2002, n. 8823; Cass. Sez. 2, 20/04/2001, n. 5899; Cass. Sez. 2, 06/11/1993, n. 10997).
Invero, nell’azione di regolamento di confini, la prova dell’appartenenza della striscia di terreno contestata all’uno o all’altro proprietario confinante può essere fornita, a norma dell’art. 950 c.c., comma 2, “con ogni mezzo”. Il comma 3 di tale articolo stabilisce poi che “in mancanza di altri elementi, il giudice si attiene alle mappe catastali”. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’azione di regolamento di confini si configura come una “vindicatio duplex incertae partis”, nel senso che, ai fini dell’onere probatorio, la posizione dell’attore e quella del convenuto sono sostanzialmente eguali, incombendo a ciascuno di essi di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, mentre il giudice svincolato dal principio “actore non probante reus absolvitur” ha un amplissimo potere di scelta e valutazione dei mezzi probatori acquisiti al processo, salvo, nell’ipotesi di mancanza di prove o di inidoneità delle prove disponibili, il ricorso alle indicazioni delle mappe catastali. In ogni caso la prima indagine che il giudice è tenuto a compiere è quella volta ad accertare se sussista nei titoli l’univocità relativa al confine e se essi forniscano elementi, anche indiretti, atti a consentire l’eliminazione della denunciata situazione di incertezza. In sostanza, in tema di regolamento di confini, il ricorso al sistema di accertamento sussidiario configurato dalle mappe catastali è consentito non solo nel caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nel caso che questi, per la loro consistenza o per ragioni relative alla loro attendibilità, risultino, secondo l’accertamento incensurabile del giudice del merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine.
5.4. Nella specie, la Corte di Potenza ha congruamente motivato la propria scelta residuale di accertare il confine tra i rispettivi fondi utilizzando le risultanze catastali, avendo preliminarmente disatteso gli specifici elementi probatori indicati dalle parti per diversamente definire la linea di confine controversa. I giudici di appello hanno proceduto alla disamina di tutti i dati acquisiti al processo (sempre tenuto conto della indisponibilità del fascicolo di parte degli appellanti), argomentando circa l’inattendibilità del posizionamento del muro di recinzione. La sentenza impugnata ha perciò ineccepibilmente ritenuto, sulla base di fatti qualificanti e con corretto apprezzamento di merito in relazione alle prove acquisite e ad elementi logici, che solo l’utilizzo delle mappe catastali poteva consentire di determinare il confine.
5.5. I ricorrenti, a fronte di un perdurante contenzioso fra le parti che risale, per quanto evincibile dagli atti, agli anni 19931994 (in cui, come visto, il C. sostiene che il confine apparente non è quello esatto, avendo i vicini usurpato ai suoi danni la zona confinaria adiacente), incomprensibilmente contestano che vi fosse una effettiva “incertezza soggettiva” del confine.
5.6. I “fatti” ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistenti negli “accertamenti del CTU” invocati nel secondo e nel terzo motivo di ricorso, sono stati, poi, esaminati dalla Corte d’appello e comunque non rivelano alcuna decisività agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ne’ l’omesso esame di elementi istruttori integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Nella sentenza impugnata sono spiegate le ragioni del convincimento raggiunto dai giudici e dell’adesione alle conclusioni prospettate dall’ausiliare. Spetta, del resto, al giudice di merito esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo mediante la CTU, e dare conto dei motivi di consenso, come di quelli di eventuale dissenso, in ordine alla congruità dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono. Tale valutazione è compiutamente esplicitata nella sentenza della Corte d’appello e non può essere sindacata in sede di legittimità invocando dalla Corte di cassazione, come auspicano i ricorrenti, un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in maniera da pervenire ad una nuova validazione e legittimazione inferenziale dell’adesione prestata dal giudice di merito ai risultati dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio.
6. Va perciò accolto il primo motivo di ricorso e vanno respinti il secondo ed il terzo motivo. La sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente alla indicata censura, perché si proceda a nuovo esame in sede di rinvio sul motivo di appello relativo alla eccezione di usucapione della striscia di terreno, tenendo conto dell’enunciato principio e dei rilievi svolti.
Il giudice di rinvio provvederà anche a regolare tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti della censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2021
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