Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.25214 del 17/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22030/2019 proposto da:

A.W.A.T.L., ammesso al patrocinio a spese dello Stato e rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Migliaccio, con studio in Napoli p.zza Cavour 139;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, ope legis domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 3820/2019 del Tribunale ordinario di Torino Sezione Nona Civile;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/12/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto da A.W., cittadino del Togo, avverso il provvedimento di diniego reso dalla Commissione territoriale competente per il riconoscimento della protezione internazionale;

– il ricorrente ha impugnato il predetto rigetto chiedendo al Tribunale di Potenza il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione internazionale sussidiaria e di quella umanitaria;

– a sostegno delle domande di protezione il ricorrente ha dichiarato di aver lasciato il ***** per avere fatto parte del gruppo di giovani del partito dell’opposizione (*****) e che dopo che il nuovo governo aveva deciso di aprire una riserva di caccia nei terreni sequestrati agli anziani del gruppo, il movimento di cui faceva parte aveva deciso di fare una campagna di sensibilizzazione tra la popolazione; a tal fine aveva partecipato ad una manifestazione contro la decisione dello Stato, manifestazione tenutasi il *****, nel corso della quale vi erano state stati scontri con la polizia, alcune persone erano state ferite, mentre ventuno persone erano state arrestate; egli ha inoltre riferito di essere stato colpito in testa e di aver avuto qualche problema fisico; dopo aver saputo che il capo del villaggio con il prefetto stava stilando una lista dei partecipanti alla manifestazione per il timore di essere arrestato decideva di lasciare il suo paese;

– il tribunale, premessa la scarsa credibilità del racconto reso avanti alla commissione e non integrato a causa della mancata comparizione del richiedente asilo in sede di audizione giudiziale, ha escluso la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, così come di quelli per la protezione sussidiaria e, in ragione della non ravvisabilità di una personale vulnerabilità, di quelli per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

– la cassazione del decreto del Tribunale di Potenza è chiesta con ricorso tempestivamente notificato il 26/07/2019 ed affidato a due motivi di ricorso, illustrati da memoria ex art. 380-bis.1, c.p.c., cui resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’error in iudicando per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e relativi ai presupposti legittimanti il riconoscimento di protezione nella forma dello status di rifugiato ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, o di avente diritto a protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b);

– ad avviso del ricorrente, il giudizio di non credibilità sarebbe stato formulato dal Tribunale senza esaminare e prendere in considerazione il materiale probatorio allegato e comunque non sarebbe sufficientemente motivato poiché privo di riscontri sugli elementi ritenuti contraddittori o lacunosi;

– il motivo è inammissibile;

– la censura formulata dal ricorrente con tale motivo di ricorso attiene al mancato riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) ed f) e quello della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b);

– la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure richieste deve essere verificata dal giudice attraverso un esame individuale della situazione del ricorrente assumendo rilievo la situazione personale di persecuzione, tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante allegate dal richiedente nel suo paese di origine e, pertanto, è rilevante la valutazione della credibilità del ricorrente;

– nel caso di specie il tribunale ha giustificato il diniego motivando con la poco credibilità del racconto in relazione alla dinamicità dei fatti esposti e con la mancata conferma degli stessi in sede di audizione giudiziale;

– ebbene, a fronte di tale statuizione il richiedente nulla precisa in ordine alla circostanza della ingiustificata comparizione all’udienza, nel corso della quale avrebbe potuto chiarire ed integrare le dichiarazioni, attestando lo sforzo di circostanziare i fatti allegati (ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a);

– non essendo comparso senza addurre alcuna giustificazione, non risulta ammissibile la critica proposta dal ricorrente circa la asserità lacunosità dell’esame da parte del giudice;

– con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’uomo è error in iudicando per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e relativi ai presupposti per riconoscere la protezione umanitaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe travisato le motivazioni della fuga dell’ A.W. omettendo l’esame della sua situazione personale e della sua vulnerabilità, limitandosi ad affermare che il ricorrente ha abbandonato il paese d’origine solo per soddisfare il desiderio di trovare migliori condizioni di vita e opportunità lavorative;

– il motivo è inammissibile;

– è orientamento di questa corte (Cfr. Cass. n. 5358/2019) che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari presuppone l’esistenza di situazioni non tipizzate di vulnerabilità dello straniero, risultanti da obblighi internazionali o costituzionali conseguenti al rischio del richiedente di essere immesso, in esito al rimpatrio, in un contesto sociale, politico ed ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali;

– nel caso di specie, il giudice di prime cure ha applicato le regole di diritto enunciate nel citato orientamento giurisprudenziale motivando la decisione di rigetto con la insussistenza, alla stregua del materiale probatorio in atti, di una vulnerabilità soggettiva od oggettiva;

– a fronte di ciò la censura del ricorrente nel ribadire la contraria tesi circa la sussistenza di plurimi elementi di vulnerabilità, non indica le circostanze di fatto allegate o documentate nell’ambito del ricorso avanti al tribunale – ed inammissibili in questa sede ai sensi dell’art. 372 c.p.c. – a sostegno di una diversa conclusione;

– l’inammissibilità di entrambi i motivi comporta l’inammissibilità del ricorso;

– nulla va disposto sulle spese di lite perché il controricorso non ha i requisiti minimi di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, richiamati nell’art. 370 c.p.c., ed è quindi inammissibile (cfr. Cass. 5400/2006; 12171/2009; 9983/2019);

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezione Seconda Civile, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2021

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