Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.25225 del 17/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

I.Y., rappr. e dif. dall’avv. Francesco Perone, perone.francesco.cert.ordineavvocatipotenza.it, come da procura allegata in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– costituito –

per la cassazione della sentenza App. Potenza 22.1.2020, n. 31, in R.G. 513/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 15.9.2021.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. I.Y. impugna la sentenza App. Potenza 22.1.2020, n. 31, in R.G. 513/2018 di rigetto dell’appello avverso l’ordinanza Trib. Potenza 21.6.2018 a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. la corte, per quanto qui di interesse, ha dato atto che l’appello era circoscritto al lamentato diniego di protezione sussidiaria e umanitaria, così ritenendone la infondatezza nel merito poiché: a) quanto alla prima tutela, secondo le fonti riportate, non sussisteva conflitto armato in Ghana, né la situazione del Paese di provenienza era stata adeguatamente illustrata dal richiedente a motivo della rilevanza del proprio allontanamento giustificato; b) i fatti rappresentati – la fuga per il timore di ritorsioni della famiglia di una ragazza, con cui era stata intrattenuta una relazione, ostacolata per la differenza di pratica religiosa e con decesso della medesima durante l’espatrio – non erano rilevanti, perché di per sé, credibili o meno, estranei ai requisiti della protezione sussidiaria; c) quanto alla protezione umanitaria, era insussistente ogni forma di vulnerabilità già in astratto, avendo il richiedente riferito la fuga alla volontà di sottrarsi ad un generico timore di “arresto” per l’ipotesi di subire l’accusa di aver provocato la morte della ex fidanzata e di vendetta parentale mortale; d) a loro volta, difettavano l’allegazione e la prova di un significativo percorso d’integrazione sociale in Italia, per come comparabile con il godimento di diritti fondamentali al rimpatrio coattivo;

3. il ricorrente propone tre motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. si deducono: a) la nullità della sentenza, perché con apparenza della sua motivazione, comunque perplessa ovvero incomprensibile, avendo poi omesso la corte di verificare se le minacce e percosse subite ad opera dei genitori della ragazza costituivano motivi di persecuzione religiosa; b) identiche censure quanto al diniego della protezione sussidiaria, per la quale non è stato esaminato il rischio di trattenimento in carcere o l’arresto; c) l’erroneità del diniego della protezione umanitaria, anche per difetto di motivazione sulla vulnerabilità;

2. il primo motivo è inammissibile, per genericità dell’enunciato argomentativo e difetto assoluto di coerenza rispetto alla motivazione della sentenza impugnata che non ha affatto negato la credibilità del narrato, piuttosto precisando che i fatti riferiti già in astratto erano inconferenti per concedere la protezione; per altro verso, non viene censurata la parte della pronuncia la quale (alle pagg. 2 e 13) dà atto che l’appello aveva circoscritto l’impugnazione al diniego della protezione sussidiaria (oltre a quella umanitaria), più non dovendo trattare il giudice del gravame il profilo persecutorio, cui pure indulge il motivo, sul punto eccentrico; appare inoltre affetta da inammissibilità la questione del divieto istituzionale dei matrimoni misti (fra persone di fede diversa), sia per la novità con cui essa appare introdotta (senza richiami specifici alla deduzione avanti al giudice di merito, Cass. 6089/2018), sia per aver omesso il ricorrente di riferire con precisione tale differenza altresì alla propria (mancata) partner;

3. il secondo motivo è inammissibile, apparendo generica la dedotta violazione dell’omesso esame delle dichiarazioni del richiedente, avendo invece la corte escluso il danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), per difetto di elementi corroboranti una qualche forma di trattamento giudiziario prospettato per fatti così poco dettagliatamente enunciati e di responsabilità solo temuta;

4. la terza censura è inammissibile, poiché non si dirige in modo specifico sulla argomentata insufficienza, al fine del conseguimento della protezione umanitaria, delle condizioni di esposizione a rischio del richiedente, escluse in sentenza per la mancata intrapresa di un percorso di integrazione in Italia, aspetto parimenti non affrontato dal ricorrente (Cass. 10815/2019);

5. osserva infine il Collegio che anche il collegamento tra la situazione generale in Ghana e la ipotetica compromissione dei diritti fondamentali, per un verso ha trovato adeguata illustrazione in sentenza, con la motivata esclusione del conflitto armato localizzato e, per altro, risulta solo genericamente invocato nel motivo e per di più quale mero contesto di riferimento, mancando altra individuazione di dettaglio sulle cause specificamente proprie della vulnerabilità, senza che poi le citate conclusioni della corte vengano poste in discussione con fonti alternative (Cass. 28433/2018) o diversa accentuazione del pericolo (Cass. 5675/2021);

6. il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per la condanna al cd. doppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472