LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
O.S. ( O.), rappr. e dif. dall’avv. Francesco Perone, perone.francesco.cert.ordineavvocatipotenza.it, come da procura allegata in calce all’atto;
– ricorrente –
Contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– costituito –
per la cassazione della sentenza App. Potenza 21.2.2020, n. 105, in R.G. 197/2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 15.9.2021.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. O.S. ( O.) impugna la sentenza App. Potenza 21.2.2020, n. 105, in R.G. 197/2019 di rigetto dell’appello avverso l’ordinanza Trib. Potenza 22.3.2019 a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;
2. la corte, per quanto qui di interesse, ha dato atto che l’appello era circoscritto al lamentato diniego di protezione sussidiaria e umanitaria, così ritenendone la infondatezza nel merito poiché: a) quanto alla prima tutela, non sussisteva alcuna rappresentazione, da parte del richiedente, di un conflitto armato per la parte Sud della Nigeria, provenendo egli dal Delta State, area già secondo le COI estranea a violenza indiscriminata e con riferimenti di pericolo ad una setta (gli *****) diversa da quella enunciata quale fonte del timore per l’eventuale ritorno coattivo in patria o comunque relativa al personale coinvolto (com’era non era per il ricorrente) nelle attività estrattive del petrolio; b) era infondata la supposta persecuzione in quanto cristiano, non accennata in prima battuta avanti alla Commissione territoriale e tenuto conto che i primi decisori avevano ritenuto contraddittorio il narrato ed altresì non prospettato il danno grave di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; c) quanto alla protezione umanitaria, era insussistente ogni forma di vulnerabilità già in astratto, avendo il richiedente riferito la fuga alla volontà di sottrarsi ad un generico timore di aggressione da parte dei componenti la setta che gli avrebbero ucciso il padre e senza provare un significativo percorso di stabile integrazione sociale in Italia, per come comparabile con il godimento di diritti fondamentali al rimpatrio coattivo;
3. il ricorrente propone due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. si deducono: a) la nullità della sentenza, perché con apparenza della sua motivazione, comunque perplessa ovvero incomprensibile, ha omesso di verificare il rischio di uccisione o trattamenti inumani o degradanti da parte degli assassini del padre, senza protezione dell’autorità, in violazione altresì del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b); b) identiche censure quanto al diniego della protezione umanitaria, anche per difetto di motivazione sulla vulnerabilità;
2. il primo motivo è inammissibile, per genericità dell’enunciato argomentativo e difetto assoluto di coerenza rispetto alla motivazione della sentenza impugnata che ha, decisivamente, non solo riportato il giudizio di non credibilità del narrato di Commissione e Tribunale, ma ha negato che l’appello fosse indirizzato altresì al diniego della protezione maggiore, soffermandosi piuttosto sul difetto di conflitto armato nell’area di provenienza del ricorrente, ultimo apprezzamento non colpito da alcuna censura in questa sede; il motivo manca poi di autosufficienza ove non riporta i motivi d’appello che avrebbero investito appieno il diniego della protezione sussidiaria al livello dei requisiti di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b);
3. appare altresì eccentrico e comunque generico ogni riferimento alla situazione nel Delta del Niger, in difetto di una specificazione puntuale delle difese realmente sostenute avanti ai giudici di merito;
4. il secondo motivo è inammissibile, poiché per un verso il diniego di vulnerabilità costituisce apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, avendo superato il cd. minimo costituzionale (Cass. s.u. 8053/2014); per altro verso, la critica non si dirige in modo specifico sulla argomentata insufficienza, al fine del conseguimento della protezione umanitaria, delle condizioni di esposizione a rischio del richiedente, escluse in sentenza per la mancata intrapresa di un percorso di stabile integrazione in Italia, aspetto parimenti non affrontato dal ricorrente (Cass. 10815/2019), il quale invoca l’astratta esigenza di indagine su detta integrazione ovvero sulla comparazione, senza però indicare quali circostanze siano state omesse o trascurate dalla corte ed in quali sedi di merito siano state ritualmente rappresentate;
5. osserva infine il Collegio che anche il collegamento tra la situazione generale in Nigeria e la ipotetica compromissione dei diritti fondamentali ha trovato adeguata illustrazione in sentenza, con la citata motivata esclusione del conflitto armato localizzato e risulta poi solo genericamente invocato nel motivo, per di più quale mero contesto di riferimento, mancando altra individuazione di dettaglio sulle cause specificamente proprie della vulnerabilità, senza che poi le citate conclusioni della corte vengano poste in discussione con fonti alternative (Cass. 28433/2018) o diversa accentuazione del pericolo (Cass. 5675/2021);
6. il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per la condanna al cd. doppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2021