Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.25337 del 20/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23538/2016 R.G. proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del Direttore Sostituto dell’Area Territoriale ***** sig. A.G., elettivamente domiciliata in Roma, Largo Toniolo n. 6, presso lo studio dell’avv. prof. Umberto Morera, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.M., R.C., elettivamente domiciliati in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 32, presso lo studio dell’avv. Michele Lioi, che li rappresenta e difende unitamente all’avv. Michele Mirenghi, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., come sopra rappresentata difesa e domiciliata;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 687/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2021 dal Pres. Dott. CARLO DE CHIARA.

FATTI DI CAUSA

1. – La Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibili gli appelli principale e incidentale proposti, rispettivamente, dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e dai sig.ri G.M. e R.C. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, con cui era stata parzialmente accolta la domanda dei secondi nei confronti della prima, in una controversia relativa all’acquisto di titoli di stato ***** con l’intermediazione della convenuta.

1.1. – Quanto all’appello principale, la Corte ha infatti accolto l’eccezione di inammissibilità sollevata dagli appellati per difetto di poteri rappresentativi in capo al soggetto – Dott. S.P. che aveva conferito la procura ad litem nella dichiarata qualità di “Direttore Qualità Credito e Supporto al Mercato con compiti di sostituto del Responsabile Area Territoriale *****, legale rappresentante della banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ai sensi della Delib. Consiglio di Amministrazione 2 ottobre 2008, art. 4 per la gestione degli affari della citata Area territoriale e delle Agenzie da essa dipendenti ubicate nelle regioni *****”, e dunque non in *****, regione nella quale invece si era svolto il rapporto di intermediazione finanziaria dedotto in giudizio. La successiva produzione, a seguito dell’eccezione di controparte, di un nuovo “atto di costituzione” della banca con un nuovo mandato ad litem sottoscritto, questa volta, dal rag. C.G. nella qualità di “Direttore titolare dell’Area territoriale ***** della Banca…” è stata dalla Corte ritenuta inidonea a sanare l’originario, pacifico difetto di legittimazione processuale, per due ragioni: a) l’impedimento alla sanatoria costituito dalla intervenuta decadenza dal diritto di proporre appello alla data del nuovo atto di costituzione in giudizio; b) l’insufficienza, in ogni caso, dei poteri rappresentativi del rag. C., considerato che i poteri concessi al Direttore di Area in base alla richiamata Delib. Consiglio di amministrazione erano soggetti a “un limite di valore inferiore a quello della presente controversia, nella quale la pretesa del G. e della R. supera l’importo di Euro 500.000”.

1.2. – Dalla inammissibilità dell’appello principale derivava inoltre, secondo la Corte, l’inammissibilità anche del gravame incidentale, proposto oltre il termine “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., decorrente dalla data della notifica della sentenza di primo grado a cura degli stessi appellati e appellanti incidentali.

2. – La Banca Monte dei Paschi di Siena ha impugnato la sentenza di appello con ricorso per cassazione articolato in due motivi. Gli intimati si sono difesi con controricorso contenente anche ricorso incidentale per due motivi, cui la ricorrente principale ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno anche presentato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c., si censura la prima delle due autonome rationes decidendi in base alle quali la Corte d’appello ha affermato l’inidoneità della nuova costituzione in giudizio della banca appellante, nella persona del rag. C., a sanare l’originario difetto di legittimazione processuale, ossia la ratio basata sull’impedimento costituito dalla intervenuta decadenza dall’impugnazione. Sostiene, invece, la ricorrente che la nuova, rituale costituzione avesse efficacia retroattiva.

2. – Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 omesso esame del fatto decisivo costituito dal contenuto della Delib. Consiglio di amministrazione banca 2 ottobre 2008 attributiva dei poteri di rappresentanza in favore dei dirigenti della banca stessa, sul quale era stata espressamente richiamata l’attenzione della Corte d’appello con le memorie del 29 marzo e del 29 aprile 2010. La ricorrente osserva, in particolare, che l’art. 4 Delib. attribuisce ai titolari di Area territoriale – quale appunto era il rag. C. per la ***** meridionale, essendo stato il rapporto costituito in ***** – il potere di “assumere la rappresentanza in giudizio di fronte a qualsiasi magistratura, con facoltà di nomina di avvocati e procuratori con mandato speciale, proporre ogni azione, domanda e gravame, compiere ogni atto processuale a tutela dei diritti della Banca”. A suo avviso, i limiti al potere di rappresentanza stabiliti sempre dall’art. 4, cit., non riguardano in particolare, appunto, il potere di “proporre ogni gravame”, mentre ai sensi del medesimo art. 4, punto i), la soglia di valore di cui trattasi – si legge nel ricorso – “era esclusivamente riferita ad “ipotesi di liti attive o domande riconvenzionali””. In tal modo – conclude la ricorrente – la Corte d’appello ha omesso di esaminare il contenuto completo della richiamata delibera, “così non valutando un fatto decisivo (i.e. il potere in capo al Rag. C. di proporre gravame”.

3. – Quest’ultimo motivo, dal quale conviene prendere le mosse, è inammissibile.

Esso difetta, invero, di autosufficienza perché non riporta il testo della clausola della richiamata delibera del consiglio di amministrazione che definisce i limiti di valore dei poteri rappresentativi dei dirigenti della banca, neppure nella parte da cui risulterebbe che tale clausola è esclusivamente riferita ad “ipotesi di liti attive o domande riconvenzionali”: solo queste ultime parole, infatti, sono riportate dal ricorso, ma non quelle che disporrebbero, appunto, l’esclusione di cui trattasi ed i suoi esatti contorni. Questa Corte sarebbe dunque inammissibilmente costretta ad integrare il ricorso con l’esame degli atti al fine di stabilire se effettivamente sussistesse “il potere in capo al Rag. C. di proporre gravame”; tanto più che la ricorrente si limita a richiamare, testualmente, poteri di rappresentanza meramente processuale dei dirigenti, avulsi da corrispondenti poteri di rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto controverso, mentre è noto che la rappresentanza processuale deve necessariamente associarsi a quella sostanziale, ai fini della legittimazione ad processum (cfr., da ult., Cass. 16274/2015, 4248/2013, 24179/2009, quest’ultima resa a sezioni unite).

4. – Alla inammissibilità del motivo appena esaminato, che comporta la conferma della ratio decidendi sopra individuata sub b) al p. 1.1 della narrativa in fatto, consegue l’assorbimento del primo motivo del ricorso principale, riguardante l’alternativa, autonoma ratio decidendi sopra indicata sub a).

5. – Con il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione degli artt. 75,82,83 e 182 c.p.c., si lamenta che la Corte d’appello abbia implicitamente disatteso le ulteriori eccezioni svolte dagli appellati a sostegno della inammissibilità dell’appello principale. I ricorrenti evidenziano in proposito la inconciliabilità della originaria costituzione in giudizio della banca in persona del Dott. S., ribadita anche con il secondo atto di costituzione, con la nuova costituzione in persona appunto del rag. C., e che la procura rilasciata da quest’ultimo non indica la fonte del suo potere di rappresentanza, dato che la già richiamata delibera del Consiglio di amministrazione non individua affatto il rag. C. quale Direttore titolare di Area o legale rappresentante.

5.1. – Il motivo è assorbito dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale.

6. – Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 334 c.p.c., comma 2, si censura la statuizione di tardività dell’appello incidentale, sostenendo l’ammissibilità dello stesso quale impugnazione incidentale tardiva, la quale è preclusa dalla sola declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione principale per inosservanza del termine ovvero degli adempimenti richiesti dalla legge processuale a pena di inammissibilità, e non anche allorché alla declaratoria di inammissibilità della stessa si pervenga attraverso l’esame di una condizione dell’azione, quale la legittimazione ad causam o l’interesse ad impugnare.

6.1. – Il motivo è infondato. Nella specie, infatti, l’appello principale era stato dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione processuale, dunque appunto per difetto di un requisito imposto dalla legge processuale; inoltre le Sezioni Unite di questa Corte hanno dato, con la sentenza n. 7155 del 2017, un’interpretazione ampia della nozione di inammissibilità rilevante agli effetti dell’art. 334 c.p.c., comma 2, comprensiva delle stesse inammissibilità previste dall’art. 360-bis, n. 1, e dall’art. 348-bis, basate su ragioni di merito.

7. – In conclusione, il ricorso principale va dichiarato inammissibile e il ricorso incidentale va rigettato.

Le spese processuali vanno compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale e dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente principale e della parte ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021

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